Il record italiano di medici anziani in Europa «è un dato che conosciamo e avevamo elaborato da tempo, conseguenza della politica del blocco assunzionale e formativo durato 10 anni che ha distrutto un’intera generazione di medici». Questo il giudizio di Pierino Di Silverio, segretario nazionale Anaao Assomed, il sindacato dei medici, rispetto all’analisi Eurostat, di qualche giorno fa, che vede l’Italia come il Paese europeo con la quota più alta di medici anziani in servizio: il 26,7 per cento nel 2022, ultimi dati disponibili, aveva età pari o superiore a 65 anni, e insieme alla Bulgaria deteneva il primato per la presenza di over 55.
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Con l’operazione “vecchie glorie”, così è stato ribattezzato il “richiamo alle armi” dei riservisti, i medici dell’ospedale di Agnone già in pensione, la politica regionale, grazie ad un colpo di reni dell’assessore e vicepresidente Andrea Di Lucente, ha tirato fuori dal cilindro «una soluzione tampone per questo momento di emergenza, per rafforzare i servizi ospedalieri in un’area che merita attenzione e investimenti».
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Ad Agnone, in ospedale, i medici in servizio non sono così anziani, ma probabilmente per riallinearsi agli standard nazionali sono stati “richiamati” i pensionati, tanto per innalzare l’età media del personale. Una “toppa” che non convince fino in fondo l’Anaao Assomed, perché di questi espedienti ne sono stati adottati un po’ in tutta Italia dalle diverse aziende sanitarie.
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«Paghiamo da un lato il prezzo di quanto sottratto negli anni dal 2005 al 2015, dall’altro la scarsa appetibilità attuale del mondo del lavoro, che allontana anche i più giovani dalla professione, basti pensare allo scarso appeal di alcune scuole di specializzazione», ha spiegato Di Silverio all’Ansa. E poi articolando meglio il pensiero: «Il rischio serio è non avere a disposizione a breve una classe dirigente pronta a sopperire alla gobba pensionistica che vedrà il suo apice nel 2026. Servono specialisti, servono oggi e serve rendere appetibile e sicura la professione». Nessun ricambio generazionale, dunque, questo uno dei problemi che sottolinea l’associazione di categoria, che in relazione ad altri espedienti simili adottati nel nord Italia aveva commentato: «Se non si interviene seriamente, l’utilizzo di medici in pensione credo rappresenti il preludio del default del nostro Ssn». Una sorta di «non soluzione», per la segreteria nazionale Anaao Assomed, «perché significa posticipare un problema. In ogni caso, prima di assumere i pensionati le Regioni dovrebbero fare i concorsi».
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Concorsi che l’Asrem ha anche fatto e ha dichiarato di voler fare, ma che spesso vanno deserti, nessun medico partecipa o se partecipano poi scelgono altre sedi considerate evidentemente più appetibili. Un’altra obiezione è quella relativa ai carichi di lavoro: «Il fenomeno che osserviamo è una fuga dal lavoro perché le condizioni sono gravose, fare le notti a 65 anni è davvero duro e pesante». L’impressione del sindacato, già espressa relativamente ad altre realtà nel recente passato, è che ci si stia inoltrando in una strada che peggiorerà ulteriormente le possibilità di ripresa della sanità pubblica, mortificando economicamente le giovani leve, prive delle risorse economiche già previste per i medici ormai in pensione.
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Il problema della carenza di medici non riguarda certamente solo l’ospedale di Agnone, ma tutto il Paese, da nord a sud. Una difficoltà che, sempre a detta degli esperti del settore, nasce da una programmazione sbagliata, a partire dal numero chiuso nelle facoltà di medicina, per arrivare alla carenza delle borse di specialità. Al netto di queste obiezioni e relative polemiche, l’operazione “vecchie glorie” viene salutata con entusiasmo dagli agnonesi e anche dai residenti dei centri limitrofi del vicino Vastese, al di là del confine con l’Abruzzo, che considerano l’ospedale di Agnone un presidio sanitario di riferimento, soprattutto perché relativamente vicino.
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Sulle pagine social della stampa locale si leggono decine e decine di messaggi di entusiasmo e di ringraziamento nei confronti dei “vecchi” medici che hanno deciso di riprendere servizio, la quasi totalità dei quali, tra l’altro, ha dei rapporti con i pazienti dell’Alto Molise e del vicino Vastese che esulano dalle mere interazioni professionali, sfociando in stima e amicizia reciproche. Resta da capire, al di là degli annunci e delle foto in favore di telecamere, quando i servizi sanitari del “Caracciolo” riprenderanno a pieno regime grazie all’operazione “vecchie glorie”.
Caterina d’Alba