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  • Lavoro, aumento cassa integrazione e ammortizzatori. CGIL Chieti: «E’ finito il tempo dei proclami, adesso occorrono i fatti»

    “Arrivano le ferie ma restano i problemi. Ci attende un autunno più caldo che mai – dichiara Franco Spina Segretario Generale Cgil Chieti – dopo l’ennesimo dato negativo sulla produzione industriale che da 28 mesi ormai arretra salvo qualche piccola eccezione, con una perdita complessiva a livello nazionale di oltre 46 miliardi di euro e con un aumento spaventoso degli ammortizzatori sociali cresciuti di oltre il 30% arrivati a 430 milioni di ore complessive, il nostro Paese è fortemente esposto sul fronte della produzione e del lavoro. Non fa eccezione la nostra Provincia dove si assiste principalmente nel settore dell’automotive ad una preoccupante e costante discussione sul futuro e sulla riconversione possibile.

    Stucchevole è la strategia che pongono in essere importanti aziende del settore che nei propri piani industriali prevedono cospicue somme per incentivare l’uscita dei lavoratori, e risorse insufficienti per la riconversione, ammodernamento e potenziamento delle fabbriche attuali.  E’ incredibile ad esempio che 700 milioni di euro servano ad accompagnare lavoratori e lavoratrici a casa e la stessa azienda preveda solo 2 miliardi per investimenti sugli stabilimenti italiani.

    Tutto questo conferma una nostra grande preoccupazione, ovvero, che un po’ alla volta si riducono gli occupati e si ridimensionano le aziende fino ad arrivare ad una perdita di competitività e rilevanza produttiva. Basti pensare che negli ultimi 10 anni, la Provincia di Chieti ha perso oltre 4 mila occupati nel settore e tendenzialmente si continua a scendere. Più che continuare a lanciare rassicurazioni, servirebbe una strategia più completa a medio e lungo termine.

    Quella che non vediamo.

    Assistiamo invece all’aumento della cassa integrazione e degli ammortizzatori a tutto tondo. Una esplosione nel2024 e inizio 2025 con un aumento complessivo di oltre 1 milione e 200 mila ore di ammortizzatori nella sola provincia di Chieti. Più che lasciar trascorrere il tempo e sperare in una congiuntura internazionale favorevole, serve che i decisori politici abbiano il coraggio di affrontare la situazione, chiedere conto alle aziende dei processi in atto e delle proprie intenzioni reali sugli investimenti in Italia e nella nostra realtà territoriale, e costruire un’alternativa.

    Siamo già fortemente in ritardo, non basta dire che il quadro mondiale è complesso, tale quadro è da anni complesso, non ci si può più rifugiare dietro il preoccupante avvento dei dazi americani annunciati, lo sappiamo già da tempo quale è l’obiettivo degli Stati Uniti, anzi questo ci dovrebbe spronare ancor di più nell’accelerare e proteggere i settori più esposti con processi riorganizzativi veloci, così come non possiamo nemmeno continuare a dire che l’elettrico ha messo in ginocchio la nostra produzione poiché non abbiamo mai puntato e investito seriamente su di esso e siamo oggi fortemente in ritardo competitivo. Per tali ragioni riteniamo che si debba passare dai proclami ai fatti.

    Vorremmo ricordare ai decisori politici che molte aziende hanno o stanno terminando gli ammortizzatori attuali, cosa si fa, mandiamo tutti a casa?

    Ogni posto di lavoro stabile perso in questi anni riusciamo a riconquistarlo a parità  di valenza salariale? Gli oltre 4 mila posti a tempo indeterminato e retributivamente valevoli già persi nel Settore li abbiamo recuperati? Pensiamo che bastino solo le politiche attive del lavoro esistenti o occorrano misure straordinarie per questa fase straordinaria? .

    Per tornare ad essere centrali nella produzione industriale territoriale, riteniamo siano necessarie azioni di programmazione e pianificazione a lungo termine, politiche di riconversione e rilancio,  definizione di un piano di sviluppo che tenga conto di tutte le attività produttive e dei servizi oltre al turismo e all’ambiente, un programma capace di tenere insieme le specificità e le eccellenze di tutto il territorio.

    Ma abbiamo questa consapevolezza?

    Si ha la consapevolezza che servono strumenti straordinari e di lunga gittata per affrontare una trasformazione così profonda senza compromettere l’economia del territorio?

    Risorse vere per le politiche industriali e per la sostenibilità sociale che si deve avere il coraggio di chiedere ai livelli nazionali ed Europei.

    Come è possibile che in poche settimane si elaborato un piano da 800 miliardi di euro per il riarmo e dopo oltre un decennio non riusciamo a trovare pochi miliardi per sostenere la produzione e il lavoro? 

    Oltre alle grandi aziende, il tessuto produttivo ed occupazionale nella provincia è composto da migliaia di aziende del settore artigiano che lavorano anche nei vari indotti produttivi con migliaia di lavoratori potenzialmente a rischio occupazionale di cui spesso non si parla ma sono fondamentali per l’economia del territorio, quali le politiche a tutela dell’alta specializzazione che rappresentano si vogliono avanzare?

    E’ dato sapere a che punto siamo sul PNNR e che ricadute ha ad oggi sulla nostra Provincia? Che fine ha fatto la Zes con i suoi progetti e incentivi? Cosa si intende fare per il riconoscimento dell’area di crisi complessa? Quale è il piano di sviluppo infrastrutturale aggiornato che consente di pianificare investimenti e potenziare le reti gomma-ferro e porti oltre che le reti  tecnologiche? 

    Per rispondere alla richiesta crescente delle aziende nel territorio chietino di abbassare il costo dell’energia, (uno dei veri punti critici per la competitività) quali politiche energetiche la regione pone in campo e come sollecitiamo il Governo e l’Europa in tal senso? 

    Chiediamo scelte chiare ma urgenti poiché questo territorio è in sofferenza come dimostrano anche i dati nazionali sulla povertà assoluta e relativa diffusi di recente, ulteriori impoverimenti sarebbero difficili da far conciliare con le criticità già esistenti anche sugli altri fronti di contesto sociale. Nell’ultimo anno il costo delle bollette è salito di media del 33% con un aumento della pressione fiscale.

    L’autunno caldo che ci attende riguarda il futuro del lavoro ma anche le politiche del territorio. 

    Si vuole affrontare o no in maniera chiara e seria la preoccupante situazione della Sanità? Dopo l’aumento dell’Irpef e dopo le verifiche fatte al tavolo tecnico nazionale e ottenuto  qualche spazio temporale per la riprogrammazione, a cosa devono ancora rinunciare gli abruzzesi più in generale e i chietini in particolare? 

    Quattro piani differenti di riorganizzazione, conti che non tornano, tempi che si allungano, la medicina territoriale che arranca, aree interne sempre più in sofferenza eppure sembra che vada tutto bene nonostante si continui a registrare segno meno nei conti come dichiarato. Potremmo parlare di scuola, reti idriche, trasporti, perdita di potere d’acquisto e di reddito , mancanza di politiche per la casa.  Per questo dopo le ferie (per chi le potrà fare), ci attende un autunno rovente per pretendere che ciascuno faccia la propria parte nella difesa del lavoro e della sanità e per una società più giusta. E’ finito il tempo dei proclami, adesso occorrono i fatti”. 

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