Da anni la Regione Abruzzo ha messo in campo una serie di attività, che si espletano con l’ausilio di armi da fuoco gratuitamente messe a disposizione dai cacciatori, finalizzate a ridurre il numero di cinghiali sul territorio. Alla caccia in braccata, in squadra, che è stata prolungata ed estesa, e alla girata, tecnica che nessuno impiega, si affiancano la caccia di selezione e le operazioni di controllo coordinate dalla Polizia provinciale. A tutto ciò va aggiunta la “tecnica” ancora più in voga, il bracconaggio specialmente notturno, che si esplica anche con i continui e impuniti sconfinamenti di extraregionali.

A differenza di quanto vanno propalando sulla stampa “incompetente” alcuni illustri cattedratici, il numero di ungulati, almeno sul territorio dell’Alto Vastese, si è ridotto drasticamente, è letteralmente crollato. Spara oggi e spara domani, i branchi da venti o trenta animali non si vedono più, complice anche la predazione dei lupi la cui popolazione cresce esponenzialmente.

Squadre di caccia ben organizzate, che riuscivano a prelevare, nel corso di una stagione venatoria, anche più di trecento animali, ora hanno difficoltà a scovare i cinghiali e gli abbattimenti si sono ridotti di almeno dieci volte. Questo dicono i numeri reali, che smentiscono dunque la storiella che la caccia e il prelievo venatorio facciano aumentare la popolazione di cinghiali.

Proprio la sensibile riduzione di cinghiali sul territorio ha costretto qualche squadra, coerentemente con la volontà anche etica di effettuare un prelievo conservativo della specie, intaccando solo l’incremento utile annuo, a ritirarsi per la stagione corrente, anche per non incorrere nelle fantasiose sanzioni e sospensioni applicate dalla Regione su esplicita richiesta della fin troppo zelante presidenza dell’Atc Vastese.

Il ritiro di una squadra comporta che il “suo” territorio assegnato venga affidato ad altre squadre, ma soprattutto l’illogico divieto, anche per il singolo cacciatore, di poter sparare ad un cinghiale. Questo almeno stando a quanto asserisce il presidente dell’Atc Vastese, Angelo Pessolano. Lo stesso, infatti, ha inviato una pec alla squadra che si è ritirata sottolineando, appunto, la sopravvenuta impossibilità di cacciare il cinghiale in quella stessa zona per il singolo cacciatore ormai svincolato dalla squadra medesima.

Pessolano scrive testualmente: «In riferimento alla richiesta di annullamento dell’iscrizione della squadra, chiedo se avete provveduto ad avvisare i componenti della squadra della decisione presa, considerato che comporta in zona vocata l’impossibilità di cacciare il cinghiale, se non come ospiti in altre squadre fino ad un massimo di dieci volte per tutta la stagione venatoria».

Secondo l’Atc, dunque, i singoli cacciatori della squadra ritirata, non possono più prelevare cinghiali, neanche in forma singola. In effetti il Regolamento per la Gestione Faunistico-Venatoria degli Ungulati della Regione Abruzzo, ancora in vigore, prevede, all’articolo 16, comma 6, che: «Nelle zone o macro aree assegnate alle squadre, la caccia in forma individuale alla cerca senza l’ausilio del cane può essere svolta esclusivamente da un componente la squadra assegnataria della zona o macro stessa, mai contemporaneamente allo svolgimento di una braccata o girata nella stessa zona o MA, previa comunicazione al caposquadra».

Nel caso di cui trattasi la zona è assegnata alla squadra, ma la stessa è stata ritirata e probabilmente non è stata ancora fatta una nuova assegnazione da parte dell’Atc, almeno non se ne è avuta notizia. Stando così le cose, dunque, i singoli cacciatori, anche chi va a piuma ad esempio, non possono prelevare il cinghiale, nonostante sia una specie cacciabile e addirittura problematica. Probabilmente in Regione qualcuno dovrebbe mettere mano al regolamento per modificare questa illogica “barzelletta”.
Francesco Bottone