AGNONE – “Mancano medici anche ad Isernia. I dializzati di Agnone hanno rischiato di andare a Campobasso”. E’ la giustificazione che Wilma Sferra della direzione sanitaria del “Veneziale” ha fornito all’assessore comunale alla Sanità, Edmondo Amicarelli all’indomani dell’incresciosa assenza di camici bianchi nell’Unità operativa semplice della Dialisi di Agnone. Ieri e fino a domani, i diciotto dializzati saranno sottoposti a cure nell’ospedale del capoluogo.
“Prendo atto delle dichiarazioni della Sferra – il commento di Amicarelli – ma al contempo reputo inaccettabile una situazione che sottopone i dializzati di Agnone, molti ultrasettantenni e provenienti da centri limitrofi, a un viaggio di oltre 90 chilometri, tra andata e ritorno, che incide su uno stato fisico già stressato dal trattamento in dialisi”.
Oltre a sentire la Sferra, Amicarelli è stato in stretto contatto con il direttore sanitario, Antonio Lucchetti e il direttore generale della Asrem, Gennaro Sosto, lamentandosi di una situazione non più sostenibile e che va sanata immediatamente.
“Nel mese di gennaio Sosto ha promesso di venire ad Agnone per incontrare la popolazione e illustrare nel dettaglio cosa prevede l’atto aziendale per il Caracciolo – ha proseguito l’assessore comunale-. La vicenda della dialisi resta di una gravità inaudita. Non siamo più disposti a tollerare simili trattamenti, se dovessero verificarsi ancora, metteremo in campo qualsiasi azione di lotta per tutelare i nostri concittadini che pagano le stesse tasse di quanti abitano a Campobasso o sulla costa”.
Nel frattempo don Francesco Martino, responsabile della Pastorale sanitaria della diocesi di Trivento, di pari intesa con i dializzati in cura al “Caracciolo”, annuncia di interpellare l’Aned (Associazione nazionale dializzati e trapiantati). “La cosa che mi ha fatto più male è vedere dializzati anziani in lacrime – ha scritto il prete su facebook –. Se questa deve essere la sanità del futuro, allora è arrivato il tempo di una rivoluzione. Basta subire o piegare la testa, le popolazioni delle aree interne meritano pari dignità di quanti vivono in posti più fortunati” l’amaro sfogo di don Martino.