Francesco Della Penna nacque a Vasto il 26 luglio 1886 da Giulia Cianci, sorella di Giuseppe Cianci .
Era molto legato allo zio Giuseppe e ai suoi nove cugini, nati da Giuseppe e da Cieri Lucia.
Una vera e propria gloria per la città di Vasto (Vasto era, ed è, una bellissima città prospettata verso l’oriente, con una spettacolare vista, su un golfo); Francesco nacque in una palazzina a tre piani bianca, sotto il Superbo Castello Davalos (distrutto dai Longobardi, fu ricostruito nell’attuale aspetto medievale, divenendo una importante roccaforte durante la breve signoria dei Caldora e in età aragonese, fino alla proclamazione della breve Repubblica Vastese nel 1799, dopo il dominio secolare della famiglia D’Avalos) oggi destinato a musei con un abbagliante terrazzo sul mare, centro di manifestazioni teatrali e museali di ogni genere.
La città era molto importante, avendo dato i natali a personaggi come Dante e Gabriele Rossetti (poeti eccezionali della corrente prearaffaelita), al pittore Palizzi, alcune delle cui opere sono esposte a Roma e a Firenze, a Silvio Ciccarone (per tutta la vita in contatto con Silvio e Beltrando Spaventa, zii di Benedetto Croce, di Bomba, che furono protagonisti importanti del Risorgimento italiano).
La casa di Della Penna, si specchiava sul bellissimo golfo di Vasto, come detto, dove oggi appare una sirenetta nel mare, simile a quella di Copenaghen.
Questo era il panorama che si affacciò agli occhi e alla mente straordinari di Francesco Della Penna.
Francesco fu un grande scrittore di testi universitari, anche di matematica, tra i suoi allievi preferiti ci furono: Angiolino Cianci, giornalista direttore di Vasto Domani, fratello di Ernesto Cianci, grandissimo studioso e manager, grande amico di Raffaele Mattioli (fondatore della Banca Commerciale), e fu sicuramente grande amico anche di Enrico Mattei il grande, leggendario manager, fondatore dell’Eni, nato ad Acqualagna, il cui padre, maresciallo dei CC, si trasferì a Casalbordino (una cittadina prossima a Vasto) per comandare la stazione locale, presso il cui istituto a Vasto frequentò la regia scuola tecnica.
Francesco, era padre di quattro figli : Gianfranco, primario chirurgo ad Orte, formatosi alla straordinaria scuola di Valdoni; Brunello, un vero prodigio del diritto, Presidente, alla fine della sua carriera, della Terza sezione penale della Cassazione, ed autore di una storica sentenza, di 600 pagine, su uno dei casi più clamorosi e controversi della Repubblica italiana nei primi anni 60 (l’omicidio del commissario Calabresi (padre di Mario Calabresi, direttore prima de la Stampa e, poi, di Repubblica); Fausto, dottore Commercialista con incarichi speciali fra le più alte società economiche e di Stato, e Luciana, farmacista.
Ricordo, che quando pranzavamo tutti nella bella sala della villa di Viale Libia n.1, il cui giardino degradava verso l’Aniene, amava parlare con grande versatilità di affabulatore.
Quando tornava a Vasto, nella sua casa con intonaco bianco, circondata a corolla da una panoramica strada pedecollinare, fitta di alberi, che costituisce, come detto, una delle vedute più belle di Vasto, amava giocare con gli amici, suoi coetanei e non, tra i quali godeva di una stima rilevantissima
Vestiva in modo severo: scarpe arrotondate, come quelle che sono in uso nella grande tradizione cittadina dell’Abruzzo; indossava sempre un abito scuro, con un fazzolettino al taschino.
Insegnava ragioneria generale ed applicata alla Sapienza a Roma e precisamente nel palazzo di piazza Fontanella Borghese, di fronte alla residenza di Guido Carli, Governatore della Banca d’Italia, raffinatissimo economista, con il quale era in contatto costante.
Spesso, amava portare anche suo nipote, ovvero me, nelle sue affollatissime lezioni nell’aula grande del Palazzo di fontanella Borghese, dove incantava, letteralmente, non è una esagerazione, il folto uditorio di studenti, che usavano rivolgergli, quasi ininterrottamente, domande, alla quali rispondeva a tono, grazie alla sua eccezionale preparazione professionale.
Insegnava, inoltre, presso la Cattolica, Università degli Studi Prodeo, posta lungo la Via Nomentana, quasi di fronte a Villa Torlonia, dove instancabilmente si recava, quasi tutte le mattine, con il tram.
Era Consigliere di Amministrazione della Banca Nazionale del Lavoro di Via Veneto, a confine con l’ambasciata Americana in Italia.
Nell’anno accademico 1918-19 fu assunto quale assistente di ruolo presso la Cattedra di Ragioneria dell’Istituto Superiore di Scienze economiche e commerciali di Roma, dove rimase fino alla morte dei titolare della Cattedra stessa avvenuta nel luglio dell’anno 1930.
Nello stesso anno accademico 1918-19 e presso l’Istituto Superiore di Scienze economiche e commerciali di Roma, fu incaricato dell’insegnamento della Ragioneria generale in uno dei corsi accelerati per studenti militari smobilitati.
Negli anni accademici 1924-1925 e 1925-26 insegnò Ragioneria nella Università libera della cooperazione di Roma. Negli anni accademici 1926-1927 e 1927-28 insegnò “Organizzazione amministrativa e contabilità delle aziende industriali” nella Regia Scuola di Ingegneria di Roma.
Nel 1932 conquistò per pubblico concorso la Cattedra universitaria e fu chiamato a insegnare Ragioneria nella Regia Università degli Studi di Catania dove rimase fino all’anno accademico 1835-36.
Dall’anno accademico 1836-37 è stato chiamato alla Cattedra di Ragioneria dell’Università degli Studi di Roma.
Nell’anno accademico 1948-49 è stato chiamato a insegnare Ragioneria generale e applicata nella Università Internazionale degli Studi Sociali e a coprire la carica di Preside della Facoltà di Scienze Economiche e Commerciali.
Ha fondato e diretto, in collaborazione, la “Rassegna delle Scienze economiche e commerciali” e la rivista “La Ragioneria”.
E’ stato Consigliere della compagnia aerea di Stato Alitalia, su cui aerei, però, non amava viaggiare molto, e quando raramente lo faceva, avveniva sempre in seconda classe ed amava distribuire tra gli amici e tra i parenti, tra i quali, Alfonso Cianci, suo cugino in primo grado, qualche gadget dell’Alitalia.
Non fu toccato dal fascismo, dal quale mantenne sempre una prudente distanza, che, però, non gli procurò alcun intralcio alla sua carriera.
Mentre scrivo questa pagina biografica con una certa emozione, mi pare di rivedere zio Ciccio, con i suoi occhi pungenti e brillanti, come quelli dei suoi cugini Cianci, e rimane per me una immagine seducente e magistrale.
di Franco Cianci