CAMPOBASSO – Più che un’intervista, una piacevole chiacchierata durata circa due ore.
L’ufficio al primo piano di Palazzo D’Aimmo, Andrea Greco, capogruppo del Movimento 5 Stelle, lo divide con uno dei consiglieri grillini eletti nell’Assise regionale.
L’arredamento è spartano: due piccole scrivanie realizzate con i bancali in legno che si utilizzano per la logistica delle merci. Con lo stesso materiale sono state realizzate le mensole per poggiare le cartelle con i documenti. «È un regalo di mio fratello. Qui è tutto a costo zero. I molisani non hanno speso nulla, abbiamo provveduto anche personalmente a ritinteggiare le pareti», spiega il giovane consigliere.
Con lui Daniel Cifelli e Manuela Garofalo, i due addetti alla comunicazione. Lei impeccabile nella mise.
Ci sono nelle stanze accanto Fabio De Chirico e Angelo Primiani, mentre Patrizia Manzo e Vittorio Nola sono al secondo piano dove Micone ha riunito l’Ufficio di presidenza.
Manca Valerio Fontana, ma sta arrivando. Lo aspettano perché deve autorizzare (le altre firme sono state già raccolte) il bonifico a saldo dell’ambulanza che i 5 Stelle hanno comprato con i tagli degli stipendi.
Dietro la scrivania di Greco una grande lavagna. Sulla stessa campeggia una altrettanto grande scritta: «Non riusciranno a liberarsi di noi perché è difficile vincere con chi non si arrende mai! G.C.».
Partiamo da questa frase di Casaleggio, «perché è difficile vincere con chi non si arrende mai».
«In quella frase c’è la nostra storia. Quella frase è la nostra storia, direttore. Inizialmente sembrava uno scherzo, il gioco di un giullare. Abbiamo invece realmente fondato le radici nella cultura politica degli italiani. La post ideologia è diventata essa stessa l’ideologia. Le ideologie politiche stanno vivendo una profonda crisi. Bisogna lasciare spazio alle idee. Le idee non sono né di destra né di sinistra, le idee sono o buone o cattive. Tengo sempre a mente quella frase. Sia chiaro: facciamo anche noi gli errori, ma sbagliare in buona fede è cosa diversa, per intenderci, da scrivere il lodo Alfano. Il Movimento 5 Stelle ha dato prova in questi anni della rettitudine morale. Possiamo anche sbagliare, ma il nostro obiettivo è migliorare la qualità della vita dei cittadini italiani e molisani».
A proposito di vita, com’è organizzata quella del consigliere regionale. Non di un consigliere regionale “qualunque” ma il capogruppo del Movimento 5 Stelle.
«Vero, dice bene: il capogruppo del Movimento 5 Stelle. Provi a fare un esperimento, venga qui per diversi giorni consecutivi: in molti di questi troverà solo noi. Faccia nei fine settimana un giro per il Molise, troverà solo i consiglieri regionali del Movimento 5 Stelle. “Cosa fate qui? – ci chiedono – Noi i consiglieri li vediamo solo in campagna elettorale”. La risposta è sempre la stessa: “Sono un vostro dipendente, siamo vostri dipendenti. Ed è a voi che dobbiamo rendere conto dell’attività che svolgiamo”. Per noi andare tra la gente è un momento per capire la comunità come sta vivendo. Alcune cose le comprendi solo se le vivi. Ho trovato persone, soprattutto nei centri più piccoli, che mi hanno assicurato: “Non ho votato per i 5 Stelle, ma oggi vi voterei”. Tornando alla domanda: la mia vita non è più la stessa. Ricordo spesso con piacere una frase di mia madre, pronunciata all’indomani delle elezioni: “Mio figlio è diventato il figlio di tutti i molisani”. Ho rinunciato a parte delle mie cose, dei miei affetti. Al netto di tutto, però, sono felice. Sarei stato più felice a farlo da governatore, ma non rinnego nulla. Rifarei tutto. Vado avanti fino in fondo, costi quel che costi».
Durante la campagna elettorale sembrava fatta, la vittoria era a un soffio. Cosa è mancato?
«Abbiamo svolto tutti, in concerto, un lavoro incredibile. Valuto le cose a 360 gradi. Ci ha penalizzato la brevità della campagna elettorale. Non siamo riusciti ad incontrare tutti, soprattutto nei comuni più piccoli. Sarei voluto andare in tutti i 136 paesi, ci avrebbe dato qualcosa in più. Sembrava fatta, ma non eravamo soli: l’armata del dissenso che hanno messo su centrodestra e centrosinistra faceva un monte totale dei candidati spaventoso. L’armata del dissenso, mi piace definirla così, perché oggi anche chi ha vinto sta mostrando tutta la sua fragilità. Non stanno governando, stanno cercando di capire come tenere in piedi i cocci della coalizione. Ha senso governare così? Ha senso proporsi mettendo insieme una serie di soggetti politici e parapolitici per vincere a tutti i costi le elezioni? Abbiamo lottato in 20 contro centinaia di candidanti. Negli ultimi giorni, a mio avviso, anche il centrosinistra ha fatto confluire voti nel centrodestra, nel rush finale in particolare. D’altronde, molti che oggi sono al governo, nei cinque anni precedenti hanno governato con Frattura. C’è stata (e c’è ancora) una commistione molto, molto grande tra potere inteso come persone influenti sul territorio dal punto di vista anche imprenditoriale, dal punto di vista della captazione della benevolenza altrui, (per sintetizzare) e il calderone del centrodestra. Ma oggi sono paralizzati. Le faccio un esempio: la legge sulla surroga. Dissi al presidente Toma: “Eliminiamo la surroga. Recuperiamo un milione di euro l’anno, e non è uno scherzo per la Regione Molise”. Lui, inizialmente, mi disse: “Mi piace, la valutiamo”. Dopo una settimana cambiò idea: forse teme per la tenuta della maggioranza. Questo è partitismo inteso come accezione negativa. Diverso è avere una ideologia. Io rispetto tutte le persone che hanno una ideologia e tutti i tipi di ideologie. Posso essere in contrapposizione, ma rispetto chi non la pensa come me. Ma qui parliamo di assoluta ingovernabilità dei processi».
Non crede che il Movimento dovrebbe cambiare la norma che non consente apparentamenti politici?
«È il nostro principio fondante. La regola va tenuta inalterata. Facciamo cose che con altri schieramenti non potremmo mai fare. Esempio: il taglio dei vitalizi? Se avessimo vinto noi avremmo già la legge prendendo ad esempio quanto fatto per Camera e Senato: hai versato “tot”, prendi la pensione parametrata a quanto hai versato. Noi abbiamo le mani libere, non le ha libere chi un giorno sarà beneficiario di quella prebenda».
Va però detto che i vitalizi intesi quale assegno a vita solo per aver seduto per almeno cinque anni tra i banchi del Consiglio sono stati aboliti nel 2012.
«Vero! Ma non gli effetti. Quella norma produrrà effetti nel tempo. Resta in vigore per tutti quei consiglieri che sono stati tali fino al 2012. La spesa aumenterà e non diminuirà. Sforeremo i 5 milioni di euro all’anno. In tal senso credo sia necessario dare un segnale. In Molise si arriva al 41% di disoccupazione giovanile, in particolare in provincia di Isernia. La politica si deve far carico del problema, anche dando il buon esempio».
Eliminando i vitalizi non si risolvono i problemi della disoccupazione.
«Certo, ma si può fare molto. Con i soldi messi da parte in sei mesi abbiamo acquistato un mezzo che l’Asrem non aveva in dotazione. Non mi trova d’accordo: tagliare i costi della politica può fare tanto. Tagliamo gli stipendi di tutti i consiglieri e istituiamo un fondo per i soggetti non bancabili. L’ho proposto a Toma, ma non ho mai avuto risposta. Anzi, si continua a navigare nella direzione opposta. Guardi, questo è l’ordine del giorno dell’ultimo Consiglio regionale. Undici punti tutti promossi dall’opposizione, non si è parlato di nulla. Perché? Forse perché gli argomenti erano scomodi. Come, ad esempio, la revoca dei commissari liquidatori delle Comunità montane. Vogliamo parlarne? Enti morti che da anni e anni servono per conferire incarichi. Ci ignorano, non ci permettono di discutere in Aula. Non vuoi discutere? Vieni in Aula e bocciami gli atti. No, non si discute. Arrivano con proposte assurde: penso ai vaccini. Li avevo messi in guardia ma non è servito a nulla: si sono fatti osservare la legge. Una seduta del Consiglio costa più di 100mila euro. Parlare del nulla, oltre a non produrre niente, vuol dire far volare soldi dalla finestra. Sul punto concludo con una semplice constatazione: contate le proposte di legge che abbiamo depositato noi e quella della maggioranza. E valutatene la qualità».
Sente il peso e la responsabilità del consenso ottenuto?
«Sento il peso di ogni singolo voto: 65mila non sono uno scherzo. Non ci dormo la notte. È una delle mie più grandi ossessioni. Ogni giorno mi chiedo: i molisani sono orgogliosi di quello che stiamo facendo? Condividono quello che stiamo facendo? Stiamo facendo bene? Ecco perché ci resto male anche dal punto di vista umano quando non mi permettono di dare risposte. Circa la metà delle persone che si è recata alle urne ci ha dato fiducia. Se mi negano la discussione, diventa un problema e io ci sto male».
È vero che lei è l’unico consigliere regionale che ha assunto nel suo staff due giornalisti e ha applicato loro il contratto giornalistico?
«La invito a verificare chi ha fatto altrettanto, lo faccia però».
Come giudica, nella sua funzione di consigliere regionale – e, quindi, di persona che ha un punto di vista privilegiato – lo stato di salute del Molise.
«Emorragico, sotto tutti i punti di vista. Perdiamo migliaia di residenti all’anno, abbiamo il Pil in calo rispetto ad altre regioni anche del Sud. Non riesco a vedere un futuro roseo».
Quanto è importante mantenere l’autonomia?
«Se deve essere utilizzata come fatto fino ad oggi non serve, è un danno per il molisani. Se l’autonomia la utilizziamo bene mettendola al servizio dei cittadini, allora può servire. Penso alle opportunità dell’Ue. I soldi dell’Unione sono gli unici che ci consentono di fare programmazione. 153 milioni 2014-2020. A giugno la Regione aveva impegnato poco più del 3%».
Ma non può attribuire colpe al governo in carica.
«Non è colpa di Toma, ma in questi mesi non c’è stata l’inversione di tendenza che mi aspettavo».
Toma nella conferenza di fine anno ha affermato l’esatto contrario: grazie all’azione del suo governo il Molise non perderà un solo centesimo dei fondi europei.
«La spesa è migliorata, per fortuna. Ciò anche grazie al governo. Mi riferisco in particolare al ministro Lezzi. Barbara è venuta in Molise, ma è stata anche in tutte le altre regioni del Mezzogiorno, proprio per sollecitare maggiore impegno in tal senso. Ma serve cambiare marcia. Basta guardare alle Regioni che fanno meglio di noi, come l’Emilia Romagna. Il Molise non lo sta facendo, gli schemi sono quelli del passato. Non vedo alcuna differenza nemmeno negli uomini, quelli nei posti cardine Toma li ha ereditati da Frattura».
Vertenze. Gam, Ittierre, Zuccherificio. Edilizia in ginocchio, Greco governatore come avrebbe agito?
«Mi perdoni. Non possiamo “dire” Gam, Ittierre e Zuccherificio. Non esistono più: la politica è riuscita a distruggere comparti produttivi fondamentali per il tessuto economico della regione. Quando penso ad aziende come l’Ittierre piango lacrime amare. Fornivamo le maison più grandi del mondo e abbiamo distrutto tutto. La Regione ad un certo punto si è messa a fare impresa, ha creato posti di lavoro, ha zavorrato le aziende e le ha fatte affondare. Ha foraggiato in maniera malata gli imprenditori. Gli amministratori del tempo hanno distrutto il futuro di generazioni intere di lavoratori. È evidente che le aziende che ha citato futuro non ne hanno. Lo Zuccherificio, per esempio, non esiste più. Cosa avrei fatto io? Avrei concentrato tutte le forze sulle aziende sane del Molise. E ne sono tante. Avrei abbassato loro il costo del lavoro, creando così migliaia di opportunità. È l’unica maniera per aiutare gli ex Ittierre, Zuccherificio, Gam. La politica non deve gestire, deve creare le condizioni. La politica ha drogato il mercato e poi ha “chiesto” a quel mercato. La politica ha più preso che dato».
Ma anche in questo caso Toma ha trovato lo stato dei fatti già compromesso.
«Il governo Toma non si sta occupando delle vertenze, lo sta facendo Antonio Federico. È grazie a lui se siamo riusciti a mettere in sicurezza i lavoratori Gam. Lo sa che Vitagliano anni fa andò davanti ai cancelli dello Zuccherificio e disse: “Siete tutti dipendenti della Regione?”».
Non conoscevo questa circostanza, ma in ogni caso erano altri tempi.
«Certo, ma ha creato delle aspettative, poi puntualmente disattese. Il tutto si è tradotto in un bando di pubblica utilità, senza requisiti di selezione. Un bando che non ha soddisfatto nessuno, nonostante sia stato venduto come la panacea di tutti i mali. In Molise ci sono tante aziende che hanno bisogno di qualcosa, di personale specializzato. Penso alla meccanica di precisione. Ma non è l’unico settore che necessita di supporto. La politica da decenni parla di situazioni che essa stessa ha compromesso. Ripartiamo dal reddito di cittadinanza e dalla ristrutturazione dei centri per l’impiego».
Ma non è sufficiente, va creato lavoro.
«Certo! E questo è il punto di partenza. Cominciamo ad allontanare la politica dagli imprenditori».
Se avesse vinto le elezioni avrebbe chiesto al governo di nominare un commissario della sanità?
«L’obiettivo è quello di riappropriarci della programmazione in ambito sanitario. Sì, avrei chiesto un commissario esterno, un tecnico. Non per delegare agli altri qualcosa, ma per riappropriarmi di quella funzione nel minor tempo possibile. Lo scopo è uscire dal piano di rientro: solo così il Molise può riprendersi la programmazione sanitaria. Anche se fossi stato io il presidente, avrei dovuto sedere ai tavoli per farmi dire dai ministeri della Salute e dell’Economia cosa dovevo fare. Fin quando siamo in piano di rientro, io, Toma o chiunque altro, non avremmo avuto le mani libere. La sanità è governata da un tavolo ministeriale, l’obiettivo è riappropriarci della funzione di programmazione. Chi più dei tecnici? Sono anni che studio nei particolari i problemi della sanità molisana, ma non ho la presunzione di affermare di avere l’alto livello di competenza che hanno il dottor Giustini e la dottoressa Grossi. Io governatore li avrei affiancati e mi sarei messo a disposizione».
Non teme che prevarranno i numeri rispetto a un commissario molisano che avrebbe probabilmente fatto prevalere i sentimenti, il cuore?
«Appunto. Fino ad oggi prima Iorio, poi Frattura hanno ragionato, come dice lei, con il cuore. Ed ecco dove siamo arrivati. La politica ha fallito. Nella sanità ci sono tantissimi interessi legati ad imprenditori privati. Vanno ristabiliti gli equilibri per restituire ai cittadini ciò che gli è stato sottratto».
Ha fatto cenno ai privati. Mette in discussione il valore di Neuromed e Cattolica?
«Assolutamente no. Ma ognuno, tra pubblico e privato, deve fare il suo. Dagli erogatori privati la Regione deve acquisire solo ed esclusivamente quello di cui gli utenti hanno bisogno. Ovvero, qualcosa che sia ad alta densità di cura. Ma non posso pensare di far eseguire al privato le cataratte. Non temo una sanità fatta di soli numeri perché mi fido di quello che mi ha detto il ministro Grillo. I commissari non saranno ragionieri, hanno referenze notevoli. Noi li testeremo sul territorio. Ma sono convinto che faranno benissimo».
Non crede che il governo dovrebbe prestare più attenzione a piccoli territori come il Molise e, se necessario, modificare anche le norme. Penso, ad esempio, al decreto Balduzzi.
«Il decreto Balduzzi ci penalizza, è evidente. Ma quel decreto non è prescrittivo. Le Regioni possono andare oltre investendo in sanità fondi propri: paghi le prestazioni e le offri agli utenti. Abbiamo tante idee in tal senso. Tantissime idee. Non appena usciremo dal piano di rientro siamo pronti a metterle al servizio del Consiglio».
Come la immagina la sanità in un futuro, speriamo, prossimo?
«Intanto è necessario riportare al centro l’interesse delle persone, dei cittadini. Se solo recuperiamo le somme degli extrabudget che paghiamo ai privati convenzionati, possiamo mettere nelle casse delle strutture pubbliche milioni e milioni di euro».
Ma i privati convenzionati erogano le prestazioni in funzione di un contratto stipulato con la Regione. Non possono erogare prestazioni non previste dallo stesso e oltre il tetto di spesa concordato.
«C’è un impegno che ogni anno viene puntualmente disatteso. Ogni anno, inoltre, il Molise anticipa decine di milioni per i cittadini che arrivano da altri territori. E prima che le Regioni di residenza di quei cittadini ci restituiscano le somme versate ai privati convenzionati per quelle prestazioni passano anni e anni, spesso entriamo in contenzioso perché ci contestano, ad esempio, ricoveri inappropriati».
Burocrazia a parte, attrarre pazienti da fuori regione è un bene per l’economia del Molise. Si genera un indotto poco indifferente. Probabilmente va cambiato il rapporto con le altre Regioni, ma non limitata la capacità di – due erogatori su tutti – Cattolica e Neuromed.
«Sono d’accordo. Ma il sistema messo in piedi così com’è non funziona. Non abbiamo le risorse per sostenerlo. Non parlo solo dei privati. Penso, ad esempio, alla rete sanitaria sul territorio: andava potenziata prima di depotenziare gli ospedali. In Molise abbiamo fatto l’esatto contrario. Le strutture pubbliche, gli ospedali, devono riconquistare attrattività. Per fa sì che ciò avvenga, vanno potenziati i reparti, il personale va messo nelle condizioni di poter operare secondo gli standard previsti. L’Asrem sostiene che manca personale. Ecco, in tal senso abbiamo una soluzione fantastica che ci consentirebbe di superare il problema con esigue risorse. Non mi faccia anticipare nulla perché presenteremo a breve una proposta di legge ad hoc. Abbiamo girato gli ospedali, è stata la prima cosa dopo l’insediamento. Era necessario per capire, ora abbiamo le idee molto più chiare. Colgo l’occasione per esprimere un plauso al personale dipendente delle strutture pubbliche molisane. Ci sono persone che non vanno in vacanza da anni per garantire le prestazioni ai degenti».
Avete quindi una soluzione per far arrivare in Molise medici e personale paramedico? Non credo che all’Azienda sanitaria manchino le idee, forse mancano i fondi.
«Chiederemo alla politica di farsi carico della nostra iniziativa. Possiamo cambiare le cose con poco. Ma va fatto subito. Toma ha perso troppo tempo a fare ostruzione al governo per la nomina del commissario».
Quella di essere nominato commissario della sanità era una legittima aspirazione del governatore.
«Ma si è concentrato esclusivamente su quello».
Toma e Boccardo hanno strappato a Conte una visita in Molise per sottoporgli una serie di problematiche. Si è fatto battere sul tempo?
«Il primo ministro ci verrà a trovare presto. Francamente più che con Conte ho ottimi rapporti con il vicepremier Di Maio, in questi giorni stiamo seguendo insieme la campagna elettorale in Abruzzo. Di Maio ha molta stima del nostro gruppo, non perde occasione per manifestarci la sua vicinanza. Lo ha fatto anche quando abbiamo donato l’ambulanza alla Asrem. Siamo stati a cena insieme qualche giorno fa e abbiamo pianificato una serie di iniziative».
Chi ha pagato la cena?
«Alla romana. Anche Luigi sarà presto in Molise, ma in tal senso non insistiamo più di tanto perché è super impegnato. L’ho invece stressato quando era necessario reperire le risorse per il viadotto Sente. Adesso la Provincia deve metterci di suo per accelerare la procedura. Se non lo farà, chiederemo al governo di nominare il prefetto di Isernia soggetto attuatore degli interventi necessari».
Ha fatto bene, dal suo punto di vista, il governo a cedere alle imposizioni dell’Europa sulla Manovra?
«Dal mio punto di vista è l’Europa che ha ceduto alle pressioni del governo italiano. Il governo è stato bravissimo in fase di contrattazione. Conte, nonostante non sia un politico, ha agito da statista, ha evitato la procedura di infrazione, ha contrattato un rapporto deficit-Pil al 2,04. Per la prima volta dopo tanti anni si fa una politica espansiva. Gli altri governi liberavano in media 800, 900 milioni. Siamo passati da 800 milioni a 31 miliardi. Ereditiamo un Paese con 5 milioni di poveri, un Paese dove c’è chi rinuncia a curarsi per mancanza di risorse, un Paese dove i genitori rinunciano a far studiare i figli. Era necessario guardare oltre a come è stato fatto finora, con politiche evidentemente fallimentari. Guardare a politiche più espansive, immettendo soldi nella tasche degli italiani. Misure che aspettavamo da decenni. Ecco, in tal senso mi sconvolge la sinistra che dice: andiamo in piazza».
Sì, ma non ci sarà una seconda Manovra con le stesse risorse, è insostenibile. Se l’economia non riparte?
«Gli italiani, tanti italiani sono in ginocchio. Da qualche parte bisogna pur cominciare. Un punto di partenza è necessario, serve ad invertire la rotta. Fidiamoci dei cittadini e controlliamo i furbetti. A te cittadino onesto diamo una mano se ti apri una strada per il futuro. Accade in tutti i Paesi. Aumentiamo la domanda se consentiamo ai cittadini di poter spendere».
Parliamo da circa due ore. È stato davvero piacevole. Mi aspettavo un Andrea Greco diverso, noto il suo atteggiamento in Aula: è, me lo consenta, sempre incazzato.
«Sì, sono incazzato. Quando in Aula vedo che si perde tempo, perdo le staffe. Faccio parte di quella generazione a cui è stato rubato il futuro. Stavo andando via dal Molise, poi ho pensato: deve andare via da qui chi questa regione l’ha distrutta. Quando vedo che si continua a tergiversare non riesco a fermare quella sana rabbia che guida i miei sentimenti, i miei atteggiamenti. Quando vedo determinati comportamenti non ce la faccio. È più forte di me. Qui ci pagano profumatamente e qui dentro si viene per lavorare. Quando vedo confronti inutili che vanno avanti per ore perdo la calma. Mi chiedo: se utilizzassimo questo tempo per il bene dei molisani, quante cose potremmo fare?».
Domattina Luigi Di Maio le telefona: «Andrea, cambiamo le regole. Alleati per vincere le elezioni in Molise». Chi sceglierebbe Mazzuto (Lega) o Facciolla (Pd)?
«Una cosa del genere vuol dire che Luigi Di Maio vuole perdere le elezioni (Greco ride di gusto). Oggi rimanere lontani dalle vecchie formazioni partitiche che di partiti hanno ben poco è fondamentale. I partiti sono diventati centri di potere e non di aggregazione delle intelligenze. Con entrambi (Mazzuto e Facciolla) sarebbe come andare incontro alla morte del Movimento».
Cura molto il suo fisico, da quando è consigliere riesce a trovare il tempo?
«Faccio sport da una vita. La mia prima volta in palestra avevo 6 anni. Lo sport è componente essenziale della mia vita. Adesso, è chiaro, non riesco più come vorrei. Ma quando si è sportivi non si smette mai di esserlo. Cerco di trovare quando posso il tempo per evadere. Questa mia passione la sto portando in Consiglio, abbiamo, infatti, elaborato una proposta di legge importante, che stiamo perfezionando, per utilizzare lo sport come mezzo di contrasto alle dipendenze. Vogliamo mettere nelle condizioni le famiglie meno abbienti di poter accedere allo sport – quella per le discipline sportive, purtroppo, è una delle prime spese che le famiglie in difficoltà tagliano. Se possiamo permetterci i vitalizi, potremmo permetterci di assicurare “buoni sport” alle famiglie. Qualcosa in più di quello che si è fatto finora. Ci siamo confrontati molto con esperti del settore. Speriamo solo che il Consiglio recepisca. Noi non abbiamo i voti per far passare la legge, l’auspicio è che la politica si faccia carico di questo che è un problema serio. Il contrasto alle dipendenze non può essere sovvenzionare metadone. Vanno fornite alternative».
Per concludere una domanda che va oltre l’impegno politico. Mi ha confidato un suo caro amico di gioventù che lei è molto quotato nell’universo femminile.
«È un falso mito. Ho un angelo al fianco, una donna con me straordinariamente comprensiva. Mi ha dato tanta forza, mi è stata accanto, mi ha sostenuto quando non era semplice. Mi sto facendo anziano, ho meno appeal di un tempo».
di Luca Colella