PIANE D’ARCHI – Cinghiali, Campitelli: «Noi facciamo censimenti e gestione, nelle aree protette il nulla».
Il presidente dell’Atc Vastese ha puntato l’indice contro le tante zone d’Abruzzo dove la caccia è vietata e che fungono da “riserva” per gli ungulati vanificando gli sforzi dei cacciatori.
«Le operazione di contenimento dei cinghiali messe in campo dalla Regione Abruzzo non potranno mai essere efficaci fino a quando non ci sarà anche la collaborazione di chi gestisce le tante aree protette dove oggi la caccia è vietata». Così Antonio Campitelli, presidente dell’Ambito territoriale di caccia del Vastese, intervenuto nei giorni scorsi a Piane d’Archi ad un convegno sulla valorizzazione delle carni di selvaggina e l’attivazione di una filiera di carni di cinghiale.
«In questi giorni noi cacciatori di tutti gli Atc d’Abruzzo siamo impegnati in una vasta operazione di censimento di cinghiali, cervi e caprioli. – ha continuato il presidente Campitelli – Di contro nelle aree protette queste operazioni non vengono fatte, almeno la Regione non è stata in grado di fornire i dati sui censimenti riferiti alle tante e troppe aree protette d’Abruzzo. Come si può pensare di fare gestione faunistico venatoria dei cinghiali e di ridurne il numero se non sappiamo nemmeno il dato presunto della consistenza della popolazione attuale? Il problema è proprio nelle aree protette, che fungono da riserva per i cinghiali, all’interno delle quali non viene fatta alcuna attività di gestione della fauna selvatica».
Tornando poi alle procedure messe in campo dalla Regione Abruzzo, cioè la caccia di selezione e le attività di controllo coordinate dalla Polizia provinciale, Campitelli ci è andato giù pesante: «E’ singolare notare che a fronte di una “emergenza” cinghiali sbandierata da tutti, poi la Regione Abruzzo partorisca dei regolamenti sempre più cavillosi e vessatori per i cacciatori, che rendono sempre meno agevole il prelievo venatorio degli ungulati. Uno dei problemi è che non c’è più dialogo tra Regione e associazioni venatorie e nemmeno con gli Atc. Si prendono decisioni arbitrarie e vengono calate dall’alto senza un minimo di concertazione e condivisione. Esempio lampante il nuovo piano faunistico venatorio, che ad esempio limita il territorio nel quale è possibile praticare la braccata. Una delle stranezze contenute in quel piano è che la braccata, cioè la tecnica più efficace per ridurre il numero di cinghiali, viene espressamente vietata nelle zone dove è prevista invece l’eradicazione della specie cinghiale. La Regione ci dica come dobbiamo eradicarli se non possiamo fare la braccata».
Francesco Bottone
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