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  • Autonomia differenziata, Sammartino firmatario del manifesto “Stop AD” rilancia: «Prima le macroregioni»

    Un’associazione nazionale nominata “Stop AD (Autonomia Differenziata)” ha inviato una lettera aperta al presidente della Regione Molise, Francesco Roberti, per invitarlo a riflettere sull’impatto che la riforma potrebbe avere sulla piccola e disagiata realtà molisana. A supporto e condivisione di quella lettera ci sono firme importanti di manager del settore pubblico e privato, giornalisti, ex prefetti, magistrati, ex parlamentari. Tra quelle firme, forse unico molisano, il professor Sergio Sammartino, agnonese, già articolista dei quotidiani “Il Tempo” e “l’Avanti”, docente al liceo classico del capoluogo. L’intellettuale agnonese ha accettato di rispondere alle nostre domande in merito alla tanto temuta autonomia differenziata.

    Professore, come mai si trova in questo gruppo di contrari alla riforma?

    «In verità sono tra quelli che da anni spiccano, in Molise, per una costante predicazione dell’inadeguatezza di questa regione a proseguire il cammino in autonomia, e della necessità di riportare i molisani verso aggregazioni politico-istituzionali più vaste e salutari, fuori dai confini angusti e soffocanti della Regione Molise. Pochi giorni fa ho partecipato ad un dibattito su una TV locale, nel corso del quale sostenevo la necessità delle macroregioni. Dopo quella trasmissione sono venuto in contatto con quest’associazione “Stop AD”  che non vuole avere chiare connotazioni partitiche, anche se è naturale che di ogni forma di dissenso tendano ad appropriarsi le opposizioni…».

    Si trova d’accordo in tutto con “Stop AD”?

    «La perfetta unanimità è pressoché impossibile, come la perfezione, su questa Terra. Devo peraltro notare che soprattutto con quello che potrei definire il coordinatore – Pippo Scrofina – ho una particolare identità di vedute, forse anche perché proviene come me dal vecchio Partito socialista italiano. E comunque il mio apporto è stato diverso e differenziante da quello globale».

    In che cosa?

    «Più che dire semplicemente “No” ad una riforma che rischia comunque di trovare i numeri in parlamento e di passare per forza di matematica, io dico “si facciano prima le macroregioni”, come ha fatto la Francia cinque anni fa: aveva ventidue regioni e le ha ridotte a dodici. Noi italiani, invece facciamo i “grandiosi” e andiamo a battere contro avventure mortali. Come sì può reggere in autonomia una regioncella che ha meno abitanti di un solo quartiere di Milano? L’impossibilità di un Molise davvero autonomo fu già ampiamente profetizzata da eminenti costituzionalisti che si opposero alla scissione dagli Abruzzi. Ne scrive lo storico campobassano Luigi Picardi, uno studioso coi fiocchi».

    E gli altri come hanno accolto questa sua proposta?

    «Direi molto bene. La maggioranza concorda, anche se qualcuno si mostra pessimista proprio su questa variante, che andrebbe a ledere degli interessi ormai codificati».

    Per essere più espliciti?

    «Per essere espliciti, toglierebbe le morbide poltrone sotto a sederi che stanno contenti sul comodo. E’ chiaro che ridurre i consigli regionali farebbe perdere certe speranze prettamente egoistiche a molti sindachetti che, da ogni paesello di regioni come il Molise, sognano di diventare Consiglieri Regionali, pagati quanto quelli della Lombardia che ha dieci milioni di abitanti e produce il trenta per cento del PIL nazionale. Ma lei lo sa che il cittadino molisano paga sette volte quanto quello lombardo per mantenere il Consiglio regionale? Lo paga sia in termini di tasse e accise varie, sia in termini di forzata rinuncia a certi servizi essenziali. Insomma, il molisano medio vede chiudersi gli ospedali, in compenso ha un Consiglio regionale che non si chiude mai, e che a lui non serve davvero a nulla».

    Però fare prima le macroregioni non implicherebbe un rinvio molto lungo dell’autonomia?

    «E si rinvii, allora! La fretta è nemica della verità, diceva Ghandi. A cominciare dal fatto che – proprio nel nome “Stop Ad” – la nostra associazione sottolinea il rifiuto di un “NO” pregiudiziale. “Stop AD” significa: “Aspettiamo, riflettiamo meglio, pensiamoci prima per bene…”. Insomma, è una posizione di apertura che esorta al dialogo. La fretta non fa bene neppure al Governo: dopo un bel numero di successi evidenti, il Governo Meloni rischia un crollo di consensi proprio a causa di questa riforma, accusata di cementare per l’eterno le differenze tra regioni ricche e regioni povere. E’ stato calcolato già quanranta anni fa, dalla Fondazione Agnelli, che per mantenere i servizi essenziali, sanità in primis, una regione dovrebbe avere un gettito fiscale basato su una popolazione minima di due milioni di abitanti. Dunque, si lanci una riforma in cui si mette a norma che tutte le regioni che non raggiungono questo numero devono essere accorpate. Sarebbe, per giunta, il solo modo di ridurre il debito pubblico che continua a crescere e ci porta verso il baratro».

    I molisani, secondo il suo punto di vista, come si orientano?

    «Guardi, sono sorti dei comitati attivi, sia nella zona della costa, sia nell’entroterra. Ce n’è uno nella provincia di Isernia, che sta raccogliendo firme per un referendum che ha lo scopo di ricollegare all’Abruzzo tutta l’area pentra. Fatto questo, la provincia di Campobasso dovrà seguire per forza. Di quel comitato fanno parte professionisti eminenti ed anche uomini delle istituzioni; insomma, grossi calibri. E’ chiaro che la minaccia dell’autonomia differenziata ha svegliato a anche i più sonnacchiosi. Aggiungerei che la “presuntuosa secessione” del ’63 fu addirittura illegale, poiché la Costituzione prevedeva che per scindere il territorio di una regione bisognava interpellare le popolazioni della regione intera. Invece non ci fu uno straccio di referendum. Ci si potrebbe appellare direttamente ai tribunali europei per far revocare il “golpe” parlamentare che creò una regione minima, carente e impossibilitata a progredire, fondata sulla presuntuosa convinzione che sarebbe stata mantenuta in eterno dal Governo centrale. Questo in tempi di boom economico, molto diversi da quelli grami che viviamo oggi».

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