Braccata o selezione, ArciCaccia nazionale prende posizione sulla questione cinghiali.
Dopo le dichiarazioni del presidente provinciale del Chietino, Angelo Pessolano, arriva la nota che chiarisce la posizione ufficiale dell’associazione venatoria.
Pessolano non ha detto nulla di nuovo, ma ha ripetuto quello che insegnano i tecnici, cioè elementi basilari di gestione faunistico-venatoria: la caccia al cinghiale in braccata, non essendo selettiva, ha scarsi effetti in termini di riduzione delle popolazioni di cinghiali, in quanto contribuisce a destrutturare le popolazioni di ungulati causandone, in ultima analisi, addirittura un aumento. Ma apriti cielo… Dopo le dichiarazioni di Pessolano si è scatenato on line un putiferio che ha costretto lo stesso presidente dell’ArciCaccia del Chieti a fare una precisazione. E come se non bastasse è arrivata addirittura la replica dell’ArciCaccia nazionale.
Di seguito la nota dell’associazione venatoria siglata dal presidente nazionale Sergio Sorrentino:
«La posizione dell’ARCI Caccia sulla caccia al cinghiale è una ed una sola. Quella che abbiamo affermato nei documenti e con forza in mille occasioni: la caccia al cinghiale si fa in braccata. La forma di caccia a cui sono legate le nostre tradizioni e che è l’unica in grado di garantire con più efficacia quel controllo della consistenza della specie, indispensabile per la tutela dell’agricoltura. Tutte le altre forme sono solo in grado di tamponare qualche emergenza momentanea o qualche situazione in cui non si può intervenire in altro modo o organizzare in tempo reale la braccata. L’articolo uscito sulla stampa, tra l’altro, pone l’accento su alcune frasi espresse in un contesto ben più generale e ampio; tutte da verificare. La nostra posizione è chiarissima e l’abbiamo ribadita reiteratamente, l’ultima volta non più tardi di venerdì scorso al convegno organizzato nella giornata di apertura della Fiera Caccia&Country di Forlì . La caccia al cinghiale – cultura da trasferire alle nuove generazioni – per Arci Caccia è quella della braccata con l’utilizzo dei cani da seguita. E questa è la posizione dell’associazione, valida dalle Alpi alla Sicilia e quindi anche in Abruzzo. La selezione è altro, è un intervento mirato straordinario dove la braccata non riesce a intervenire, come è noto ai cacciatori, alle squadre. La posizione dell’ARCI Caccia è frutto di processi democratici partecipati, di centinaia di Assemblee, di Congressi. La caccia al cinghiale è patrimonio unitario, insieme a tutte le altre forme di caccia, della migliore cultura rurale del nostro Paese, oggi e domani. Il Presidente dell’ARCI Caccia dell’Abruzzo, Massimiliano Di Luca, conferma di essere sulla stessa “lunghezza d’onda” del Presidente Sorrentino».