CAMPOBASSO – “A quante altre risse in carcere dobbiamo continuare ad assistere come quella che, negli ultimi giorni, si è verificata nell’istituto penitenziario di Foggia con il coinvolgimento di ben oltre un centinaio di detenuti, nella “faida” tra cerignolani e baresi? E a quanti altri poliziotti aggrediti dobbiamo prestare soccorso e cura, come è avvenuto, per l’ennesima vota, a Bologna con un agente e un sovrintendente della Polizia Penitenziaria picchiati brutalmente da un detenuto?”.
Da queste due domande prende le mosse la nuova iniziativa del segretario generale del Sindacato Polizia Penitenziaria Aldo Di Giacomo, in sciopero della fame dal 25 giugno scorso, che ha scritto ai Presidenti delle Regioni e ai Prefetti dei capoluoghi di provincia. “Mi rivolgo a voi, ciascuno per la propria responsabilità istituzionale – scrive Di Giacomo – per sollecitare un’urgente iniziativa congiunta sulla sempre più esplosiva situazione delle carceri italiane e di conseguenza della nostra regione ove gli eventi critici sono aumentati in modo esponenziale soprattutto nel carcere di Campobasso in cui vi è una situazione di massima allerta dopo il ritrovamento di droga all’interno del carcere e nell’istituto di Larino ove è stata rinvenuta droga nascosta nei deodoranti. Non siamo più disposti ad assistere inermi all’autentica mattanza di personale di polizia penitenziaria nelle carceri dove ogni giorno 15 poliziotti in media sono costretti a ricorrere alle cure di sanitari e dove a farla da padroni sono i malfattori”.
Nel ribadire di voler proseguire lo sciopero della fame ad oltranza ”vale a dire sino a quando non ci saranno primi atti concreti ed efficaci da parte del Governo e in particolare del Ministro alla Giustizia On. Alfonso Bonafede in direzione di un intervento adeguato alla drammaticità della situazione” Di Giacomo aggiunge nella lettera: “Persino negli istituti di pena che dovrebbero essere di “massima sicurezza” i detenuti dispongono di telefoni cellulari, armi sia pure improprie, droga ed hanno ogni forma di libertà. È da tempo che denunciamo, inoltre, che le celle sono diventate aule di reclutamento di nuova manovalanza criminale e nel caso di detenuti di fede islamica scuole di radicalizzazione con l’evidente rischio che, appena usciti, sono i nuovi potenziali attentatori. Senza voler invadere la sfera di competenza delle prefetture sarebbe opportuno convocare il comandante di reparto delle carceri ai comitati dell’ordine e della sicurezza provinciali; essendo oggi carceri il luogo in cui le organizzazioni criminali riescono meglio ad organizzare i loro traffici criminali senza alcuna forma di reale controllo.