Due generazioni che non si sovrappongono, ma si intrecciano. Si incontrano ogni giorno tra le mura antiche della Fonderia Marinelli, dove il bronzo diventa voce e il lavoro delle mani si trasforma in arte. Lì, tra il profumo di cera e d’argilla, oltre ad Armando, Pasquale, Ettore e Paola, si muovono Tonino Delli Quadri, 88 anni, e Stefania Forte, 47. Due vite diverse, due epoche lontane, ma la stessa dedizione e la stessa cura che fanno della lavorazione delle campane un gesto sacro. Tonino, il “maestro”, è una leggenda vivente della fonderia. Da più di settant’anni cesella, lima, incide, e in ogni campana lascia un segno invisibile, ma inconfondibile.

«Ogni incisione è come una preghiera – dice con voce pacata, lo sguardo fisso sul metallo – bisogna avere rispetto per quello che si tocca. Il bronzo risponde solo a chi lo tratta con pazienza». Per lui, l’arte campanaria è una vocazione: «Non ho mai contato le campane che ho fatto. Forse migliaia. Ma ognuna ha una storia. Quando le senti suonare, è come se parlassero anche di te». Accanto a lui, in una continuità che non conosce tempo, lavora Stefania Forte. Laureata in Scienze Naturali a Perugia, a un certo punto della sua vita ha scelto di tornare ad Agnone, di lasciare i laboratori universitari per quelli della fonderia. Da sette anni lavora nella Sala del Paradiso, dove le pareti sono coperte da bassorilievi, santi, volti, memorie di chi l’ha preceduta.
«È un lavoro impegnativo e scrupoloso – racconta – ma dà soddisfazioni immense. Quando una campana è finita e riconosci in essa anche la tua mano, è un’emozione che non si può spiegare». Stefania si occupa delle decorazioni: i fregi, le immagini sacre, le iscrizioni. Le traccia, le modella con la calma di chi conosce il valore del gesto. «Non si tratta solo di tecnica – spiega – ma di sensibilità. Ogni segno che incidi è definitivo, non c’è margine per l’errore». Tra pennelli, scalpelli e spatole, la sua giornata scorre in silenzio, interrotta solo dal suono lieve degli utensili o dal rintocco lontano di una campana in prova. Tonino la guarda lavorare con un misto di affetto e rispetto. «Ha mani buone – dice sorridendo – e questo mestiere vive solo se ci sono mani così». Lui rappresenta la memoria, lei la continuità. Insieme, raccontano il futuro possibile di un sapere che l’Unesco ha riconosciuto come Patrimonio Immateriale dell’Umanità, ma che ogni giorno vive nel gesto di chi continua a esercitarlo.

«Qui si impara osservando, non sui libri – aggiunge Tonino –. Ogni volta che faccio una campana, imparo ancora qualcosa. E quando vedo i giovani appassionarsi, mi sento tranquillo: so che non finirà con noi». Stefania annuisce. «Questa fonderia è una scuola di vita. Ti insegna la lentezza, la precisione, la cura. Ti insegna a non avere fretta, a rispettare i tempi della materia e della mente». E così, tra la forza antica di Tonino e la freschezza di Stefania, la voce degli angeli continua a prendere forma. Un colpo di scalpello alla volta, un’incisione dopo l’altra. Perché ad Agnone, l’eternità passa ancora dalle mani.
