BELMONTE DEL SANNIO – “Sopra a lu cutt l’acca vullit“. Traduzione in italiano: su una scottatura anche l’acqua bollita. E’ un vecchio adagio popolare che ben sintetizza quello che è accaduto ad una famiglia di Belmonte del Sannio costretta prima a chiudere per due settimane il proprio esercizio commerciale e poi a subire l’accusa pubblica di essere positivi al Covid19, proprio alla vigilia della riapertura del locale.
«Volevo smentire: io e mio marito, che siamo i fornai di Belmonte, a differenza di quello che dice l’articolo del Corriere della Sera, non ci siamo ammalati di coronavirus, ma abbiamo chiuso il forno secondo la procedura disposta dall’Asrem. Facendo i tamponi siamo risultati tutti negativi, quindi lunedì 20 aprile torneremo operativi. Basta con tutte queste false notizie». Chiara Palomba da Belmonte del Sannio non le manda certo a dire al governatore del Molise, tale Donato Toma, che le spara grosse sui giornaloni della stampa nazionale. Intervistato da Federico Caccia per il Corriere della Sera in merito ad un presunto e affatto verificato “caso virtuoso” molisano nella gestione dell’emergenza, il presidente della Regione ha fatto cenno al piccolo centro dell’Alto Molise, Belmonte del Sannio appunto. Il Comune altomolisano, secondo le ormai famigerate mappe bianche e rosse dell’Asrem, è il più colpito in termini numerici dal coronavirus. Ben 14 casi, su una popolazione residente di poche centinaia di anime, tutti collegati al cluster della ormai tristemente nota casa di riposo di Agnone, quella attenzionata dalla Procura di Isernia. E siccome Toma probabilmente non sa nemmeno dove si trovi Belmonte del Sannio, rispondendo alle domande del giornalista del Corriere della Sera, inanella una serie di errori da esperto gaffeur. Ad un certo punto, infatti, il governatore della più piccola regione d’Italia, dopo aver ricordato che «da noi il distanziamento sociale è naturale», come a dire non abbiamo alcun merito se il covid19 non circola, è solo grazie allo spopolamento cronico, si avventura a parlare del «pane fatto in casa a Belmonte perché il negozio ha chiuso». «Chessò – dice sicuro di sé il governatore parlando con l’ignaro giornalista del Corrire – penso al paese di Belmonte: si ammala il panettiere, sette in isolamento, panificio chiuso. La gente che fa? Resta comunque in casa, perché qui le donne all’occorrenza il pane se lo sanno fare da sole». Una frase, due bufale. Uno, come gli ricorda Chiara Palomba, moglie del panettiere, il fornaio Euro Di Riscio non si è affatto ammalato di coronavirus, ma al contrario ha fatto un tampone ed è risultato negativo. Il forno è rimasto chiuso in via precauzionale, in quarantena, come disposto dalle autorità sanitarie. Al contrario di quanto dichiarato su un giornale nazionale dal poco informato governatore, che ora magari rischia anche una querela, visto che ha dato del malato a persone che invece non sono state contagiate. «Prima siamo stati costretti a chiudere per due settimane per un contatto avuto con un paziente positivo, – spiega Euro Di Riscio, l’unico panettiere del paese – ora, a pochi giorni dalla riapertura, dobbiamo anche sentirci accusare di essere positivi addirittura dal governatore del Molise e persino sulla stampa nazionale. Un doppio danno, ingiusto, perché non è affatto così. Abbiamo rispettato alla lettera la quarantena, ma ora dobbiamo e possiamo riaprire perché, voglio ripeterlo affinché sia chiaro una volta e per tutte, i nostri tamponi sono risultati tutti negativi». Moglie e marito sono mai stati contagiati, dunque, checché ne dica Toma sul Corriere. E tornando alle bufale presidenziali, la seconda sciocchezza sparata sul Corsera è rappresentata dal fatto che il forno alla fine a Belmonte non serva più di tanto perché in paese le donne sanno “ammassare” il pane come una volta. Può anche essere, infatti, anzi è sicuramente vero che le massaie di Belmonte sappiano fare il pane in casa, almeno quelle anagraficamente più “esperte”, ma è altrettanto vero che tra i primi provvedimenti presi dalla sindaca, Anita Di Primio, dopo i casi accertati di positività al Covid19, c’è stata proprio la stipula di una convenzione con un forno di Agnone, gestito da una famiglia di Capracotta, per fare arrivare il pane nelle case dei residenti di Belmonte. Ma questo Toma non lo sa, perché in Alto Molise, dove «ci devi arrivare se proprio vuoi…», parole sue al Corriere parlando di Capracotta, lui non ci mette piede molto frequentemente. Preferisce fare il pavone sulla grande stampa nazionale spacciando per “casi virtuosi” di gestione dell’emergenze quelle che invece sono semplici conseguenze, per una volta positive, dello spopolamento e della marginalità di interi territori.