Sempre più spesso i giovani non godono di una buona reputazione. Anzi, devo scrivere: sempre più spesso veniamo dipinti come scansafatiche, inetti e quant’altro. Scusate se abbandono il tono freddo in virtù del plurale ma sarebbe inutile cercare di abbindolarvi facendovi credere che la firma di questa intervista sia un attempato redattore. Ho 22 anni e, guardandomi intorno, ho capito due cose importantissime: la prima è che non è assolutamente vero che tutti i miei coetanei siano seduti a guardare il tempo che passa. Qualcuno di noi ha già progetti ben definiti per il proprio futuro e non sta aspettando per metterli in pratica. Anzi, vive il presente. In secondo luogo ho realizzato che Agnone, così come tutto l’alto Molise, non è poi così male e che c’è gente che la pensa come me. Ragazzi e ragazze pronti a stare con un piede fuori (nel mondo) a raccogliere informazioni e fare esperienza, ed un piede qui alla base per far rinascere questa terra. Ho deciso perciò di fare un’indagine ed ho cominciato da questi due ragazzi: Serena Di Nucci, figlia di Franco –casaro agnonese- e Giovanni Mastrostefano, figlio di Franco –proprietario di un’officina meccanica.
Dopo la laurea sei tornata a lavorare nell’azienda di famiglia. Tre buoni motivi per cui lo hai fatto.
«Ho investito nei miei studi per tornare quindi era già tutto calcolato. Il legame con la mia terra e la mia azienda lo avverto come un qualcosa di carnale. Infine perché ho vissuto fuori e mi sono resa conto che per quanto si possano coltivare affetti profondi, che poi rimangono, per quanto si possano conoscere posti bellissimi, ti senti sempre e comunque un estraneo. La terra è un qualcosa che continua a riconoscerti e ad aspettarti».
Dunque, è importante pianificare tutto. Ti chiedo: se non avessi avuto questa opportunità avresti creato qualcosa di tuo qui? Se sì, cosa?
«Avrei creato qualcosa qui, questo è certo però non adesso. Avrei fatto qualche altra esperienza fuori, magari all’estero. Sarei tornata qui, investendo in una filiera di cibo d’eccellenza».
Serena, perché molti tuoi coetanei invece di rimboccarsi le maniche preferiscono farsi abbagliare dal posto fisso che spesso si rivela una illusione?
«Io non credo alla mentalità del non volersi rimboccare le maniche. Noto invece un grande dinamismo. Se non hanno investito qui è semplicemente perché la situazione dalle nostre parti è critica e, se non si ha niente a cui guardare così come ce l’avevo io, non è facile. Il posto fisso è una grandissima garanzia; per molti è sicuramente una comodità. Per altri, mettersi in proprio significa fare un investimento che non possono fare, assumersi dei rischi che in Italia non ti vengono riconosciuti. Infine c’è da tenere in conto che fare impresa non è per tutti. C’è chi non vuole perché magari non è interessato; anche la vocazione al posto fisso non è da condannare in momenti come questo».
Per quanto riguarda il tuo futuro: sarà qui? Dove e come immagini il domani?
«Non so dare una risposta molto precisa a questa domanda. Sicuramente vedo Agnone come il posto in cui mettere su famiglia. Per quanto riguarda il lavoro, credo che alternerò la permanenza qui a viaggi al di fuori. Non dico di volermi ritrasferire. Agnone è la mia ancora, il porto a cui tornare ma ogni tanto è necessario partire, aggiornarsi quindi tornare di nuovo».
Secondo te, quest’area ha un futuro?
«Si. Ce l’ha. Penso che ci sia un futuro che si trova nelle aziende familiari».
Quindi, su cosa puntare per riavviare l’economia locale?
«Sicuramente sull’associazionismo. Da quando sono tornata ho visto che fiorivano di diverse associazioni. Penso che siamo capaci di lavorare insieme e di avere una prospettiva convergente. Credo perciò che fare rete e instaurare una collaborazione siano la chiave di volta. Infine, è fondamentale la promozione come per esempio quella delle eccellenze agro-alimentari. Agnone è conosciuta anche per il cibo quindi perché non puntare anche su questo»?
Invece che cosa consiglieresti ad un neo diplomato?
«Che domanda assassina. Quii può scattare il meccanismo del “beh, parla lei”. Credo che non bisogna mai dimenticare il motivo che ci ha spinto a continuare gli studi. Le nostre passioni, seguirle è fondamentale. Il secondo consiglio è: sfruttare bene i tempi di attesa. Oggi nessuno trova lavoro subito dopo la laurea. Si parla di tempi di attesa, perciò tocca imparare a sfruttarli. L’università è la base, dopo la laurea, mentre si cerca lavoro, è necessario continuare a formarsi, trovare altri stimoli. Non fermarsi mai».
Se avessi di fronte Matteo Renzi cosa gli diresti?
«Gli direi di non tradire le promesse fatte e di non appiattire lo spirito critico di questo popolo. Direi a Renzi, così come lo avrei detto a Letta, di non tradirci. Non tradire il proprio paese».
«Non pretendiamo che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose. La crisi può essere una grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi». E’ quanto sosteneva Albert Einstein. Sei d’accordo e perché?
«Assolutamente si. Sono momenti terribili che però stimolano la creatività e paradossalmente anche la speranza per il futuro. Non si può vivere sempre nella maniera agiata in cui abbiamo vissuto finora».
Giovanni, dopo la laurea sei tornato a lavorare nell’azienda di famiglia. Tre buoni motivi per cui lo hai fatto.
«L’ho fatto perché credo nell’azienda di papà, credo in Agnone e perché amo vivere qui quindi…»
Se non avessi avuto questa opportunità avresti creato qualcosa di tuo qui? Se si cosa?
«Momentaneamente no. Molto probabilmente avrei proseguito gli studi però un domani, forse, sarei rientrato e avrei lavorato a qualcosa di mio. Che cosa avrei creato? Non lo so, ci penso tutte le notti…».
Perché molti tuoi coetanei invece di rimboccarsi le maniche preferiscono farsi abbagliare dal posto fisso che spesso si rivela una illusione?
«Perché sicuramente c’è un guadagno più facile, consente di avere meno responsabilità quindi un carico di lavoro minore che consente di avere più tempo libero. Per un giovane, che pensa soprattutto a divertirsi, va bene così».
Il tuo futuro sarà qui? Dove e come immagini domani?
«Ora immagino il mio futuro ad Agnone ma questa è una domanda che veramente fa paura. Mi immagino qui perché sono rientrato in azienda di papà, perché ci credo. Mi piace il lavoro che faccio però domani non so. Non so se a fronte di offerte o esperienze diverse, mi allontanerò da questa terra. Tutto in bilico; tuttavia, non nego che mi vedo qui perché quest’area sta per incontrare qualcosa di positivo».
La tua frase introduce perfettamente la domanda successiva: secondo te, quest’area ha un futuro?
«Secondo me se ci crediamo, si. Sapere che ci sono ragazzi motivati che credono ancora in queste terre, mi dà ancora speranza. È chiaro che è necessario rimboccarsi le maniche per crearsi un avvenire. Se ci arrendiamo noi siamo finiti».
Su cosa puntare per riavviare l’economia locale?
«Sicuramente il turismo e l’artigianato. Il secondo per molti anni è stato il volano dell’economia agnonese. Con il tempo però, a causa del clientelismo, l’industria manifatturiera è sparita. Oggi questo settore potrebbe permettere di riavviare l’economia anche grazie all’export che per alcune aziende locali corrisponde alla maggior parte del fatturato. Il turismo è indubbiamente una risorsa. Abbiamo bellezze naturali che non hanno nulla da invidiare a quelle settentrionali. La differenza è solo nei servizi che al Nord vengono offerti al turista mentre qui no e questo fa si che si perdano alcuni potenziali clienti».
Alla luce di tutto questo quindi che consiglio daresti ad un neo diplomato?
«Bella domanda. Sicuramente l’università è importante anche se il sistema di istruzione universitario italiano non ti insegna moltissimo. Alcune cose riesci ad impararle solo sul campo. Se dovessi dare un consiglio ad un diplomato, consiglierei un’esperienza all’estero piuttosto che l’università. Direi di fare uno stage all’estero. In Italia abbiamo troppa teoria e poca pratica».
Tra ciò che ha detto Serena e quello che consigli tu, i nostri coetanei avranno da pensare. Se avessi di fronte Matteo Renzi cosa gli diresti?
«Direi, caro Renzi non ti far mettere i piedi in testa in Europa perché l’Italia è un paese che merita rispetto soprattutto per quanto riguarda l’ambito internazionale. Gli consiglierei di alleggerire il carico per le imprese perché così non possono certo andare avanti».
Sei d’accordo con quanto sosteneva Albert Einstein in merito alla crisi come opportunità?
«Sono d’accordissimo perché noi Italiani, nei momenti di crisi, utilizziamo una parte creativa del cervello che altrimenti non useremo. Vivere un periodo di crisi, certamente non è bello però porta consigli. Chi crede e investe in questi periodi di crisi, sicuramente si troverà avvantaggiato nei quando il mercato tornerà a vivere positivamente».
Visto? Che vi avevo detto? Non tutti se ne stanno a casa, mani in mano.
Giovanni Giaccio
giogiaccio@gmail.com
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