C’è un uomo ad Agnone che è il custode di un’antichissima tradizione: quella di realizzare campane. Un’arte famosissima in tutto il mondo che ha reso celebre la fonderia Pontificia Marinelli dove nasce la voce degli angeli. Quest’uomo si chiama Tonino Delli Quadri, il maestro campanaro, che in una intervista esclusiva svela i segreti di un mestiere che la famiglia di fonditori si tramanda di generazione in generazione da oltre mille anni. Il racconto di Delli Quadri inizia con la sua vita, passando per gli innumerevoli incontri e le emozioni vissute nell’antico opificio. Ma non solo.
Tonino, sei l’erede di una lunga tradizione.
“Siamo maestri campanari da tre generazioni, tradizionalmente legati alla fonderia Marinelli. Mio nonno fu campanaro dalla fine dell’800 al 1949, mio padre Guglielmo dagli anni ‘30 fino al 1976. Mia madre, Rosa Gamberale era ricamatrice di merletto, quando le ragazze portavano la biancheria come dote al matrimonio”.
Sei nato a ridosso della Seconda guerra mondiale.
“Vivevamo a Maiella e ricordo i soldati che occupavano Piazza del Popolo trasformata in accampamento. Ho conosciuto mio padre all’età di nove anni, perché era partito in guerra quando ne avevo due. In quel periodo l’attività della fonderia era sospesa, perché Palazzo Marinelli, dove era ubicata nei pressi della chiesa dell’Annunziata, fu occupato dalla contraerea tedesca. Mio padre, carrista, spedito in Africa, fu fatto prigioniero e detenuto in America, nel New Jersey. Conservo oltre 60 sue lettere spedite dalla prigionia e ricordo il suo ritorno a casa in una notte freddissima e nevosa del 1946. Quando si presentò nottetempo a casa chiesi preoccupato: mamma, chi è questo?”
Il Dopoguerra vide la ripresa dell’attività.
“Si può dire che fu un periodo felice. Nel periodo bellico i governi sottraevano le campane alle chiese per farne cannoni ma successivamente il Genio Civile, con tre lotti di fusione, restituì il bronzo a 20 fonderie e la nostra rifornì il Molise ed il frusinate. In quell’epoca ci fu il più alto numero di operai, tredici unità“.
E poi giunse il tuo turno.
“Ho cominciato nel 1954, a 17 anni, appena terminato il secondo tecnico industriale. Gli anni di apprendistato furono molto duri, anche perché sottraevo tempo alle attività giovanili, al divertimento. Giocavo come difensore con la società Asa, vincendo anche il campionato di terza categoria. Ma il lavoro in fonderia mi lasciava pochissimo tempo”.
I tuoi maestri?
“Mio padre, naturalmente, ma non posso dimenticare l’opportunità di avere appreso tanto da Felice D’Onofrio e da un emergente giovanissimo Ettore Marinelli”.
Nel 1959 la chiamata alle armi.
“Fu un periodo piacevolissimo, ero ausiliario al 25° Corpo dei Vigili del Fuoco, alloggiato presso le Capannelle di Roma. Dato che la caserma era al centro di un parco di impianti sportivi conobbi personaggi come Nino Benvenuti, il famoso pugile, Giuliano Gemma, il grande attore oltre a atleti di valore come Paolo Pucci e i fratelli Carminucci che venivano ad allenarsi da noi“
Potevi restare lì?
Certamente, ma sapevo di avere un lavoro garantito in Agnone e comunque volli fare una esperienza in Germania. Andai a lavorare nelle officine della Ford Werk, a Colonia. Fu una avventura utilissima, per l’opportunità di conoscere la lingua tedesca e di apprendere tecniche modernissime di saldatura che avremmo successivamente messo in atto in fonderia ma soprattutto per approfondire, da manuali acquistati in Germania, aspetti fondamentali della teoria dell’acustica delle campane. Dopo un anno e mezzo, nel luglio 1962 tornai in Italia perché mio padre si ammalò e io dovetti farmi carico della mia famiglia.
Con i fratelli Ettore e Pasquale Marinelli hai avuto un rapporto strettissimo.
“La sua conformazione fisica era scultorea, aveva un corpo atletico. Era un artista ma anche un fonditore a tutti gli effetti. Ettore Marinelli scolpiva dall’argilla al bronzo, era una rara sintesi di artista ad artigiano. Un fonditore può realizzare monumenti mentre uno scultore non riuscirà mai a fare una campana. I Marinelli hanno sempre avuto la caratteristica di non dover ricorrere a artisti esterni e la tradizione continua con Ettore jr, un giovane scultore di grande valore“.
Pasquale Marinelli era il patriarca. Di lui ricordiamo la serietà, la sobrietà e la totale dedizione al lavoro.
“Ne ho un ricordo incancellabile. In lui vedevo la sicurezza, la continuità. Mi ha valorizzato molto, avendo visto in me delle doti positive mi ha dato la possibilità di spaziare nella ricerca, nel montaggio, nell’assemblaggio dei bronzi. Non mi ha relegato in un angolo ma mi ha dato la possibilità di seguirlo per oltre 20 anni nei suoi viaggi di lavoro“.
Avete visitato tutta l’Italia e non solo…
“Ero il suo uomo di fiducia e mi voleva sempre con sé. Un viaggio indimenticabile fu quello a Tindari, nel golfo di Patti in Sicilia e a Lipari dove portammo non una campana ma un portale di bronzo dedicato a san Bartolomeo, con Ettore Marinelli. Fu il suo ultimo bellissimo viaggio”.
E adesso ci sono i loro eredi: Armando e Pasquale…
“Il rapporto di fiducia è continuato con Armando e Pasquale. Li ho visti crescere, maturare. La fonderia continua a puntare sulla gestione familiare e ci sono tutte le condizioni per continuare a crescere”.
A 84 anni sei sempre in fonderia.
“Oggi la mia attività è dedicata alla diffusione dell’arte campanaria, su cui ho scritto per Arte Tipografica Editrice un manuale tecnico pratico. Faccio da guida ai visitatori del museo della Campana che arrivano in Agnone da ogni parte d’Italia e del mondo e mi piace molto fornire spiegazioni tecniche alla gente comune quando la vedo interessata. Il rapporto con i bambini è il più coinvolgente, manifestano attenzione e curiosità. Ricordo un bambino, di nome Martino, che ha visitato più e più volte la fonderia, a cui ho insegnato a suonare la canzone san Martino col concerto di campane e che mi ha ricompensato con un bellissimo disegno. Oltre naturalmente a tante celebrità: Giulio Andreotti, Maria Grazia Cucinotta, Michele Placido, solo per fare alcuni nomi“.
Il più grande di tutti, Papa Giovanni Paolo II.
“L’ho incontrato al seguito dei Marinelli almeno sei o sette volte. Una persona dal fascino incredibile, faceva sempre una grande impressione avvicinarsi a lui. Quando venne in fonderia io ero in ginocchio e gli ho fatto una banale richiesta. “Santità, preghi per tutti noi”. Lui mi ha guardato con perplessità e mi ha risposto alzando l’indice: “Pregherò per tutti”. Effettivamente il Papa non può fare distinzioni tra i credenti…“
Una vita intensa, che ti ha regalato riconoscimenti e soddisfazioni sia nel campo professionale che familiare.
“Nel 1985 la Camera del Commercio di Isernia mi ha conferito la medaglia d’oro per fedeltà al lavoro ed al progresso economico. Sono stato nominato nel 1995 Maestro del Lavoro da Oscar Luigi Scalfaro e Cavaliere della Repubblica dal Presidente Ciampi. Ho avuto due figli, Guglielmo impegnato nella telefonia e Rosa Maria, docente universitaria di storia e lettere moderne”.
Onore al merito. Un grande amore per il lavoro e per le campane.
“La campana unisce due aspetti fondamentali dell’esperienza umana, la meccanica e la spiritualità. Il compositore Pietro Mascagni le utilizza nel concerto di Pasqua della Cavalleria rusticana e ne parla in questi termini: “la campana dal suono mistico e meraviglioso, una somma di suoni nel suolo”.
di Italo Marinelli