ROCCAVIVARA – Il lupo di Roccavivara che a suon di goal porta la Spal alla storica salvezza.
La storia di Mirco Antenucci a cura di Gigi Potacqui sulla cliccatissima pagina Facebook Romanzo Calcistico.
Una di quelle storie che fanno bene al calcio. “Nel Molise si nasce, ma poi si va via, perché da noi non è facile diventare calciatori: poche infrastrutture, poche società professionistiche. A Roccavivara sono cresciuto per strada. C’era poco traffico e allora tutti a giocare: era bellissimo, devo tutto al mio Molise, di cui sono orgoglioso di essere un po’ il portabandiera in Serie A. Io sognavo di fare il calciatore e il primo stadio sono state le vie del mio paesino da meno di mille abitanti. A 24 anni Zenga mi fece esordire in A col Catania, ma poi le cose non andarono come speravo e cominciai a girare. Quando andai al Leeds avevo 29 anni e non ci pensavo più alla A: un limite caratteriale, certo. Magari ho pagato un po’ l’etichetta di attaccante di categoria, che in fondo non mi spiaceva nemmeno. Forse non credevo tanto in me stesso, ma la realtà è che chi segna tanto in B segna anche in A se gli danno il tempo di giocare. Se avessi segnato 12 gol al secondo anno al Leeds, avrei avuto il rinnovo automatico. A dicembre ero già a 8 e allora Cellino, proprietario del club, impose di non farmi più giocare. Riuscii comunque ad arrivare a dieci prima di tornare in Italia. All’inizio alla Spal non giocavo e in estate ho ricevuto un’offerta importante dalla B: mi sono chiesto se potessi ancora essere importante per la Spal e mi sono risposto di sì. Per fortuna lo sto dimostrando…”.
Dirà in un’intervista di qualche mese fa. L’ho vissuto da vicino negli anni di Giulianova, ho avuto la fortuna di poterci giocare insieme nelle giovanili e di conoscere il ragazzo d’oro che è. Ha fatto la gavetta, ha conquistato sul campo la serie A e ha dimostrato con i fatti di meritarsela. Forse il vero artefice di questa meravigliosa e insperata salvezza spallina: il lupo di Roccavivara, Mirco Antenucci. Il calcio ha bisogno di storie come la sua.
di Gigi Potacqui