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  • Ospedale: dieci anni fa l’inizio della fine, ma all’epoca almeno si scendeva in piazza

    I “ricordi” dei social servono anche a riportare alla memoria collettiva le battaglie di un territorio. Facebook questa mattina ha riproposto una foto di dieci anni fa. La curiosità di andare a vedere cosa accadeva in Alto Molise dieci anni fa. E si scopre, dalle cronache di allora, che i problemi erano gli stessi di oggi: l’ospedale a rischio tagli, lo spopolamento, la rarefazione dei servizi essenziali. Già, perché dieci anni fa, con la chiusura del punto nascita ad Agnone, iniziava lo smantellamento sistematico dell’ospedale. L’inizio della fine appunto. L’unica differenza è che allora, dieci anni fa, c’era ancora la voglia di lottare, quella che invece sembra ormai essersi spenta come le ndocce…

    Di seguito proponiamo ai nostri lettori una cronaca di Maurizio d’Ottavio scritta, appunto, dieci anni fa.

    «Stasera bruciano le ultime speranze di un territorio che con la chiusura dell’ospedale è condannato a morire». «Le Ndocce si accendono, Agnone si spegne!». Messaggi e parole di cittadini e commercianti poche ore prima che il grande rito del fuoco venisse rievocato nel giorno dell’Immacolata Concezione. L’evento, che gli organizzatori ritengono il più imponente al mondo, quest’anno è stato preceduto da un lungo lenzuolo bianco in segno di protesta per i tagli subiti dall’ospedale San Francesco Caracciolo. E sono stati centinaia gli agnonesi tra cui donne, bambini anziani, emigrati, universitari, che hanno deciso di sposare l’iniziativa promossa dal gruppo Il Cittadino c’è…. Mani che hanno stretto quel tessuto bianco di sessanta metri per tenere accesi i riflettori su una problematica, quella della sanità pubblica, molto sentita in un’area montuosa e difficile da raggiungere. Non a caso lo hanno fatto nel giorno in cui abitualmente Agnone si veste a festa per abbracciare migliaia di visitatori e operatori dell’informazione accreditati da tutta Italia.

    Alla fine è filato tutto liscio, non ci sono state contestazioni come pure qualcuno temeva alla vigilia del grande evento. Tuttavia l’aria che si è respirata lungo il corso principale non era come quella delle altre edizioni. Evidente, tangibile il dissapore dei residenti verso chi ha il dovere di salvaguardare i servizi del territorio, ma al contrario non lo fa illudendo chi lo abita, chi ha investito una vita di sacrifici, chi vorrebbe continuare a lottare, con promesse e proclami puntualmente smentiti dai fatti. Nelle scorse edizioni la Ndocciata ha rappresentato una passerella per i politici locali, con in testa quelli regionali: questa volta di quei volti neppure l’ombra. «Dove sono finiti?», urla una signora sulla sessantina, scura in volto che poi abbozza anche una risposta: «Si ricordano di Agnone e dell’alto Molise solo quando si vota». «Vogliamo vivere non morire in Alto Molise» recita uno striscione in testa al corteo. Lentamente il lenzuolo bianco attraversa il corso tra gli applausi della gente.

    Qualcuno si commuove consapevole che appena la Ndocciata si spegnerà si tornerà nel dimenticatoio. Singolare la vignetta su un telo che raffigura San Giuseppe che dinanzi il portone del Caracciolo chiede a Maria in procinto di partorire: «E adesso dove andiamo?». La risposta dopo la chiusura del punto nascite agnonese è laconica: «Purtroppo a Isernia». «Alto Molise terra di ospizi e cimiteri. Basta!» sottolinea un altro striscione. I due marciapiedi traboccano di gente venuta fin qui non per la protesta silenziosa bensì per la Ndocciata. E allora ecco dare il via al grande rito del fuoco benedetto dal vescovo di Trivento, Domenico Angelo Scotti. Per l’ennesima volta sua eccellenza riprende le parole di Giovanni Paolo II: «Non arrendetevi e non rinunciate a progettare il vostro futuro».

    Monsignor Scotti, all’epoca vescovo di Trivento

    I torcioni iniziano a prendere fuoco e sfilano prima a uno, poi a due, quattro, sei, otto e via via. La sensazione questa volta però sembra quella di assistere ad una sfilata che anticipa il patibolo. Nel frattempo il lenzuolo bianco viene ripiegato. Sarà stipato in un grosso cartone, dove già da tempo sono finiti pure i sogni di tante mamme che volevano mettere alla luce i propri bimbi al San Francesco Caracciolo… Cosa resterà della Ndocciata? Nulla o poco più di un rito del fuoco che un tempo illuminava la speranza di un popolo per un futuro migliore. I fatti dicono che purtroppo non sarà così….
    Maurizio d’Ottavio

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