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  • Pasturella, raffaiuoli e messa all’alba: ad Agnone tutto pronto per il Piccolo Natale. Celebrazioni nella chiesa di San Francesco

    Nella patria delle campane, il Natale ha un passo tutto suo. Qui non aspetta il calendario, non bussa timido a dicembre: arriva con oltre un mese d’anticipo, quando il paese si desta nel gelo del 21 novembre, avvolto nella musica antica della Pastorale agnonese.  È il giorno in cui la cittadina alto-molisana celebra la Madonna delle Grazie, festeggiata come una madre che anticipa l’abbraccio natalizio. Anticamente la Madonna delle Grazie veniva celebrata nella chiesa di San Pietro, la più antica della città, poi per problemi di capienza il rito fu trasferito nella chiesa madre San Marco.  Lo chiamano da sempre il Piccolo Natale, e non è solo un nome: è un sentimento. Alle sei del mattino, mentre le vie del centro storico e le finestre restano illuminate solo da una manciata di luci tremolanti, centinaia di agnonesi raggiungono la chiesa – quest’anno quella di San Francesco, a causa dei lavori in San Marco – per un rito che ha il sapore dell’eternità.


    E quando le prime note della Pastorale, composta da Filippo Gamberale nell’Ottocento, si sollevano delicate nell’aria fredda, si ha l’impressione che tutto il paese trattenga il respiro. È una melodia che accarezza, che ricorda il tintinnio delle greggi, il ritmo dei tratturi, l’eco dei mestieri artigiani che hanno fatto la storia di Agnone.

    A raccontarcelo è Domenico Meo, scrittore, poeta e custode profondo delle tradizioni locali. Nella sua casa – un piccolo scrigno di memoria – ci parla di artigiani e commercianti che più di un secolo fa partivano verso la Puglia, dopo aver ricevuto la benedizione della Madonna delle Grazie.

    Era il tempo delle prime nevicate: “la Madonna se métte ru mande”, dicevano, la Vergine che posa il mantello bianco sulla montagna. E così, con quel viatico sacro, si incamminavano lungo i tratturi, portando nel cuore la commovente Pastorale e il vecchio detto: Che Ddìa t’aìuta e la Madonna te spiccia la vojja” – Che Dio ti aiuti e la Madonna ti liberi da ogni pericolo. La musica li accompagnava per giorni: diventava litania, conforto, presenza familiare. Li seguiva nei mercati dell’Abruzzo e della Daunia, tra strade polverose e notti fredde, mentre Agnone restava dietro le spalle ma mai lontana dal cuore.

    foto di repertorio

     Anche per questo il 21 novembre, ancora oggi, non è una semplice ricorrenza: è l’apertura simbolica delle feste. È il segno che l’inverno può pure arrivare, ma con esso giungono anche i profumi delle case agnonesi, perché il Piccolo Natale è fatto anche – inevitabilmente – di gastronomia. È in questo giorno che le cucine si risvegliano: tornano le ostie con le noci, i mostaccioli, i raffaiuoli, i dolci delle nonne e delle feste, intrisi di miele, spezie e storia. Dopo la messa delle sei, le famiglie aprono le porte e accolgono amici e parenti con cioccolata calda fumante e tavole imbandite.


    Un rito corale, domestico, semplice e prezioso. La tradizione vuole che molti ingredienti richiamino la transumanza e l’antica arte casearia: il latte appena munto, le noci dei campi del circondario, il miele delle montagne alte e fredde. Il Piccolo Natale è anche questo: una celebrazione dell’identità agnonese, che passa per la spiritualità ma trova la sua forza nella comunità. E nella musica, certo, perché la Pastorale non risuona solo il 21 novembre. Torna come un filo rosso in diverse ricorrenze: Santa Lucia, San Nicola, l’Epifania, la Candelora, ogni volta come un piccolo richiamo, una carezza musicale che attraversa i secoli. Agnone, città di arte e artigianato, di campane e pastori, continua così a custodire una delle tradizioni più affascinanti dell’Alto Molise.

    E mentre il resto del mondo attende dicembre per respirare atmosfera natalizia, qui basta una data diversa, speciale, il 21 novembre, per ricordare che la magia può cominciare molto prima. Basta una melodia, un profumo di ostie con le noci, una messa alle sei del mattino. Basta il Piccolo Natale. Che da queste parti, piccolo, non lo è mai stato davvero.

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