Ci sono storie che nascono dal silenzio dei borghi dimenticati e finiscono per conquistare le prime pagine dei giornali nazionali. È quella di Maria Porrone e Fausta Mancini, due donne che hanno deciso di non arrendersi al destino di un paese che muore lentamente, vittima dell’emigrazione e dello spopolamento che attanaglia l’Italia interna. Il loro campo di battaglia è Poggio Sannita, provincia di Isernia, uno di quei borghi che sulle cartine geografiche appaiono ancora, ma nella realtà rischiano di diventare solo un ricordo. Loro, però, hanno trovato un’arma insolita per combattere l’oblio: ago, filo e tanta fantasia.

L’idea che ha fatto il giro d’Italia è semplice quanto geniale: se gli abitanti veri se ne vanno, perché non creare abitanti di stoffa? Così sono nati i “babàci”, centinaia di pupazzi a grandezza quasi naturale che oggi popolano ogni angolo del borgo, dalle finestre ai balconi, dalle piazzette ai vicoli. Non si tratta di semplici decorazioni. Ogni pupazzo racconta una storia, rappresenta un mestiere, incarna la memoria di quello che Poggio Sannita era prima che l’esodo svuotasse le case e chiudesse le botteghe. Ci sono i contadini con i loro attrezzi, gli allevatori, gli artigiani al lavoro, le casalinghe affaccendate, i bambini che giocano. Un’intera comunità di stoffa che tiene viva la memoria di quella vera.
L’iniziativa non è nata dal nulla. Le due donne si sono ispirate all’esperienza di Maranzana, in provincia di Asti, dove anni fa l’allora sindaca Marilena Ciravegna aveva lanciato un progetto simile. Ma quello che poteva essere solo un atto di imitazione si è trasformato in qualcosa di unico, capace di attirare l’attenzione di televisioni e giornali, generando un flusso turistico impensabile per un borgo semi-spopolato. Dietro ai babàci c’è un lavoro immane che Maria e Fausta portano avanti con la tenacia di chi sa di lottare contro il tempo. Ogni pupazzo va progettato, cucito, vestito, posizionato. E poi manutentato, perché il sole, la pioggia e il vento non risparmiano nemmeno gli abitanti di stoffa. Ma le due donne non si limitano a questa iniziativa, per quanto eclatante. Da anni sono il motore culturale del borgo, organizzando eventi che coinvolgono tutte le generazioni: il Presepe Vivente che richiama visitatori da tutta la regione, il Carnevale che fa rivivere tradizioni antiche, la Via Crucis Vivente che trasforma le strade in un percorso di fede e arte, la Festa della Primavera che celebra il rinnovarsi della natura e della speranza. Il loro raggio d’azione va oltre i confini comunali. Nel 2018, a Pietrabbondante, hanno guidato una rappresentanza di Poggio Sannita al Concorso interregionale di costumi e attività tradizionali, conquistando il primo premio assoluto. Un successo che ha dimostrato come la passione e l’impegno possano trasformare anche le realtà più piccole in eccellenze riconosciute.

Il riconoscimento che premia la resistenza – Il loro lavoro instancabile non è passato inosservato. L’Università delle Generazioni ha deciso di assegnare a Maria Porrone e Fausta Mancini il “Gran Premio della Cultura” 2025, un riconoscimento che viene consegnato ogni 2 giugno, in occasione della Festa della Repubblica, a chi si distingue nella tutela delle tradizioni e nella promozione dell’aggregazione sociale. Un premio che va oltre il riconoscimento personale e si trasforma in un simbolo per tutte quelle comunità che lottano contro lo spopolamento. Perché quello che sta accadendo a Poggio Sannita è lo specchio di una tragedia nazionale: l’abbandono dei borghi dell’Italia interna, con tutto il patrimonio di cultura, tradizioni e saperi che rischia di scomparire per sempre.