«Gli abitanti dell’Alto Molise e Vastese pretendono che i lavori inizino in tempi brevi e siano eseguiti celermente per ripristinare la transitabilità entro e non oltre il giorno primo agosto 2024». Ha tutto il senso di un ultimatum all’indirizzo della classe politica quello lanciato pubblicamente, attraverso le nostre colonne, dal comitato per la riapertura del viadotto “Longo” sul fiume Sente.
Solo nei giorni scorsi una candidata alle regionali in Abruzzo, l’attuale consigliera regionale Sabrina Bocchino, nel corso di un evento pubblico, ha assicurato che la convenzione tra Anas, Ministero e Provincia di Isernia sarebbe stata firmata in questi giorni. Evidentemente si è trattato di una dichiarazione elettorale, finalizzata a prendere qualche voto, ma non supportata da documenti, né dal riscontro oggettivo con i fatti. Dalla presidenza della Provincia di Isernia, infatti, confermano, sia pure non ufficialmente con una dichiarazione, che nessun documento è stato predisposto per la firma in questi giorni. Insomma, siamo ancora in alto mare.
E il comitato per la riapertura del viadotto se la prende con la classe politica, in particolare con l’ex presidente della Provincia di Isernia, Lorenzo Coia, a capo dell’ente quando venne emanata l’ordinanza di chiusura al traffico che si è tradotta, di fatto, nella condanna all’isolamento economico, culturale e sociale di un intero territorio a cavallo tra due province e due regioni. «Precisiamo che nell’Alto Molise e Vastese non vi sono “urlatori”, – spiegano dal comitato – ma persone perbene che conoscono benissimo la “storia” del viadotto “Francesco Paolo Longo” sul fiume Sente. Gli abitanti del territorio desiderano solo ed esclusivamente che tutti gli “attori” interessati, a qualunque livello politico e non, diano il loro fattivo contributo per una celere riapertura del viadotto “Francesco Paolo Longo” sul fiume Sente e dopo cinque o sei anni di chiusura nessuno di questi pretenda riconoscimenti».
Il comitato va avanti ricordando le dichiarazioni rese alla stampa dall’ex presidente Coia: «Il viadotto venne chiuso nel settembre 2018 e non a seguito del crollo del Morandi, bensì a seguito di alcune scosse di terremoto che colpirono il Molise». Secondo il comitato bi-regionale, «Coia non dice il vero ed è smentito dall’ordinanza n.77 del 13.09.2018 della Provincia di Isernia nella quale si legge: “A seguito del crollo del viadotto Morandi di Genova e del sisma della seconda metà del mese di agosto…”». «Quanto avvenuto è la prova provata che il viadotto non è stato chiuso per questioni tecnico-strutturali, – insistono dal comitato – ma solo ed esclusivamente dalla volontà politica».
«Queste decisioni e relativi provvedimenti sono la conferma che il pericolo di crollo era ed è del tutto inesistente. Constatato che da molti mesi prima, nel giorno stesso della verifica (28.08.2018 ndr) e nei giorni di mancata chiusura del viadotto, quotidianamente, vi è stato non solo il passaggio continuo e contemporaneo di numerose betoniere del peso a pieno carico di circa 32 e 40 tonnellate che dovevano trasportavano 700 metri cubi di calcestruzzo per ogni fondazione delle torri eoliche, ma anche il transito, simultaneo, di mezzi per il trasporto eccezionale dei componenti degli aerogeneratori che si recavano ai parchi eolici di Castiglione Messer Marino e Schiavi di Abruzzo. Il peso di una singola torre eolica è di novanta tonnellate».
Se fosse stato così malandato come la politica vuole far credere, il viadotto avrebbe ceduto sotto quel carico eccezionale, questo sostiene il comitato. Al netto delle precisazioni e delle critiche all’indirizzo della classe politica provinciale, resta l’ultimatum del comitato. Il malcontento serpeggia sempre di più, perché c’è la sensazione diffusa che il ponte Sente venga usato strumentalmente come argomento politico solo in campagna elettorale. In Abruzzo, tra qualche settimana, si torna al voto per le regionali e non è affatto escluso che il comitato lanci una sorta di “sciopero del voto“, proprio in segno di protesta contro le lungaggini burocratiche che stanno isolando sempre di più l’Alto Molise e l’Alto Vastese.