«Non concentrarsi solo su grandi opere che richiedono tempi lunghi e complesse progettazioni, ma curare l’esistente». Il tema è l’ormai famigerato raddoppio della Trignina, richiesto a gran voce dai sindaci abruzzesi e molisani che, nelle scorse settimane, hanno investito della questione la Prefettura. Una richiesta innescata in qualche modo dal terribile incidente stradale a causa del quale ha perso la vita l’attrice agnonese Paola Cerimele. Le immagini dello schianto, ultime di una lunga scia di incidenti, hanno dato una scossa ai sindaci che sono tornati a chiedere la messa in sicurezza dell’importante arteria di collegamento che “scorre”, accanto al Trigno, sul confine tra le due regioni.
Una strada progettata più di quaranta anni fa, per un volume di traffico intuibilmente minore, senza considerare che oggi il numero di autovetture e mezzi pesanti in transito ha subito un ulteriore ed importante aumento dopo l’apertura del centro di smistamento Amazon lungo la costa del Vastese. Ma ha davvero senso investire risorse e tempo per mettere in cantiere il raddoppio di corsia della fondovalle Trigno? A frenare rispetto alla richiesta dei sindaci è il parlamentare del Pd, Luciano D’Alfonso, in visita, nei giorni scorsi, nei piccoli centri montani della “terra di mezzo” tra Abruzzo e Molise.
«Il raddoppio della Trignina è collocato nelle agende dei prossimi lunghissimi anni. Probabilmente ci vorranno venti anni. – ha spiegato il deputato, già funzionario dell’Anas a Campobasso nella sua vita lavorativa “civile” – Conosco questo tema e so come si fanno le strade. Sono l’ultimo decisore pubblico che si è occupato idoneamente di appalti che sono in produzione. Tra l’altro tra poco dovrò rioccuparmi della fondovalle Sangro perché nessuno se ne sta occupando. La Trignina deve intanto prioritarizzare e affrontare i “punti neri“». Nessuna operazione di cosmesi, bensì qualcosa di più serio ed utile a prevenire e scongiurare morti e feriti. «I punti neri hanno a che fare con curve pericolose, che possono trovare soluzione, e con accessi e innesti alla viabilità statale. Sono questi che portano pericolosità e incidentalità». Ecco allora l’appello iniziale: «Non concentrarsi solo su grandi opere che richiedono tempi lunghi e complesse progettazioni, ma curare l’esistente».
«Noi dobbiamo occuparci di interventi di medicazione della viabilità esistente, senza puntare per forza a fare le grandi opere che richiedono troppo tempo, troppe risorse, e forse anche progettazioni difficilissime». «Curare la Trignina affrontando i punti neri è intanto una risposta concreta, che si fa velocemente perché anche le modalità di procedura di scelta del contraente possono essere iper veloci». Chiara e logica la posizione del parlamentare del Pd, forte della pregressa esperienza in Anas. Tra l’altro, lo ha spiegato lo stesso D’Alfonso, probabilmente tra venti anni, se e quando sarà ultimato l’ipotetico raddoppio della Trignina, la viabilità sarà rivoluzionata dalla tecnologia che magari proporrà altre modalità di trasporto di persone o merci.
“Mutatis mutandis“, direbbero i padri latini, la stessa teoria del «non conviene perché è inutile nel lungo periodo» potrebbe essere applicata ad un’altra grande opera che necessità di grandi risorse e progettazioni impegnative: il viadotto sul Sente, quello che resta chiuso ormai da cinque anni a causa di un «imminente rischio crollo» che per fortuna non si è ancora verificato. Per mettere in sicurezza quella grande infrastruttura serve qualcosa come quaranta milioni di euro, stando almeno alla stima fatta dai tecnici dell’Anas. Ammesso e non concesso che il Governo centrale riesca a trovare e decida poi di impiegare quella cifra astronomica proprio tra Belmonte del Sannio e Castiglione Messer Marino, per un volume di traffico irrisorio, serviranno anni, probabilmente decenni, per centrare l’obiettivo della messa in sicurezza dell’intera struttura, così come richiesto sia dall’Anas che dal Provveditorato opere pubbliche di Napoli. E tra qualche decennio, visto il trend di decrescita demografica in Alto Molise e Alto Vastese, il potenziale volume di traffico sarà ancor più ridotto e risicato.
Parafrasando l’onorevole D’Alfonso, dunque, quei quarata milioni di euro potrebbero essere opportunamente impiegati per «medicalizzare» la viabilità alternativa, la vecchia e malmessa ex statale Istonia che dall’abitato di Castiglione si inerpica fino al valico in quota sul territorio comunale di Belmonte del Sannio per sfociare in località Secolare, alle porte di Agnone e dell’Alto Molise. Curare l’esistente, appunto, mettendo in sicurezza quell’unico tracciato alternativo che permette di muoversi nella “terra di mezzo”, con meno soldi pubblici e soprattutto più rapidamente. Perché è il tempo, e non certo il denaro, la variabile che rappresenta il vero discrimine tra l’agonia e la ripresa economica e sociale di un intero territorio.
Francesco Bottone