• Editoriale
  • Il ritorno di don Camillo e Peppone a Carovilli

    Ha dato scandalo a Carovilli la presa di posizione del Parroco, don Mario Fangio, di far suonare le campane a morto a seguito dell’approvazione della legge sulle unioni civili. Confesso di essere meravigliato di due cose: la prima, che abbia reagito platealmente soltanto un parroco in Italia, tanto da ottenere una notorietà nazionale, e questo significa che il pensiero unico sta sempre più invadendo le menti di tutti. La seconda: che i veterocomunisti di casa nostra, invece di festeggiare “una grande vittoria di civiltà e di progresso” prestino attenzione ad un prete retrogrado che “fa ripiombare questo Paese sotto l’egemonia ecclesiastica e del Vaticano” (vangelo secondo Arcigay).
    Questo secondo aspetto mi meraviglia di più perché quando i nostri “Pepponi” erano giovanissimi il PCI aveva nei suoi programmi l’abolizione della famiglia come istituzione sociale (e consentiva a Togliatti cose che ad altri non permetteva allora e condannerà dopo) quindi dovrebbero fare festa, non perdere tempo a polemizzare con un piccolo prete di un piccolo paese di una piccola provincia, pure abolita, di una piccolissima regione, sconosciuta ai più.
    Diventati giovani, i nostri “Pepponi”, hanno avuto il mito dell’amore libero per la massima soddisfazione dei sensi privata dell’assillo dei figli che, secondo i loro ideali, dovevano essere affidati alla “comune” per una crescita fisica e culturale da veri comunisti in stile URSS. A quell’epoca ancora vedevano una differenza tra uomo e donna.
    Oggi, dopo quasi cinquant’anni, imborghesiti e imbolsiti da troppa birra, vino e macchinoni italiani ed esteri, con figli a carico, nipotini da coccolare, una pensione che non arriva mai, la pace dei sensi incombente e tante illusioni andate perdute credono di vedere un’umanità tutta uguale, asessuata, indistinta, quasi angelica.
    E sono talmente innamorati della Natura (quella con la N maiuscola) da volerla modificare a loro piacimento, con le nascite che seguano i loro desideri e con la morte decisa secondo le loro convenienze.
    Non solo, vogliono convincere tutti che questa visione del mondo equivale a civiltà e progresso, che così saremo più felici, ma non si accontentano desiderano anche l’approvazione dei preti. E cosa dire dei loro avi, bisnonni, nonni ed in qualche caso anche genitori? Che hanno sbagliato ad andare dietro ad un certo Gesù Cristo morto in croce con la presunzione di voler salvare tutti dal peccato. Un Dio superato, non moderno, noioso, triste, perfino perdente perché non ordina più, come una volta e come altre religioni, massacri e stragi, che indica la salvezza nel sacrificio e nella misericordia, mentre basta essere atei e non avere regole da rispettare per eliminare qualsiasi tipo di peccato e rimanere praticamente puri.
    Qualcuno usa frasi trite e ritrite, utili per ogni circostanza ed ogni campo, inzeppate qua e là della parola cultura, così facendo getta in politichese, per guadagnare qualche voto in più, un problema che è profondamente umano, intimo, psicologico, spirituale e che merita tanto rispetto, non la volgarizzazione che spesso si trasforma in insulto.

    Luciano Scarpitti

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