Pubblichiamo, di seguito, il comunicato stampa della Cgil Molise.
L’inizio di un nuovo anno scolastico rappresenta l’occasione per fare il punto della situazione su criticità, problematiche e prospettive del sistema scolastico in Molise. Ci piacerebbe lanciare messaggi di ottimismo e di speranza per il futuro, ma la realtà che abbiamo di fronte, purtroppo, è tutt’altro che rosea. Anche quest’anno le lezioni riprenderanno senza grandi criticità grazie al grande impegno dei lavoratori della scuola (docenti, personale Ata e Dirigenti scolastici) e degli Uffici scolastici, non certo grazie al sostegno della politica locale e nazionale.
Il primo dato con i quali bisognerà fare i conti nella nostra regione è quello della riduzione del numero degli alunni. Per l’anno scolastico 2023/24 sono previsti 675 alunni in meno. Continua quindi, anche nell’a.s 2023/24 il trend negativo che ha portato, dal 2010 alla perdita di quasi 11.000 studenti nelle scuole pubbliche molisane. Un dato che da solo documenta il grave problema della denatalità, dello spopolamento, particolarmente accentuato soprattutto nelle aree interne. Il problema è che l’attribuzione degli organici dei docenti e degli ATA a livello nazionale penalizza le aree interne e i territori soggetti a spopolamento, perché fatta in base al DPR 81/2009 che attribuisce i posti solo in percentuale al numero degli alunni, non tenendo presento le criticità e le peculiarità dei territori.
In particolare, rispetto al personale ATA, dal 2009 ad oggi ci sono 551 i posti in meno nelle scuole, oltre un terzo dell’organico complessivo, mentre Il carico di lavoro del personale amministrativo è in costante crescita, anche per le esigenze connesse all’attuazione del PNRR e per tutte le altre numerose incombenze che non sono affatto diminuite. Inoltre, ricordiamo che sono circa 300 i lavoratori ATA precari (il 25% dell’organico), frutto di immissioni in ruolo assolutamente insufficienti (nell’a.s 2023/24 solo 59 il luogo di 171 posti disponibili)
Rispetto ai docenti, l’anno prossimo avremo 843 precari (655 a Campobasso e 188 a Isernia) a fronte di sole 109 immissioni in ruolo, ma quello che davvero spaventa è l’enormesproporzione tra organico stabile e deroghe soprattutto nel sostegno: su 1.377 posti, 594 sono in organico di fatto (deroghe), oltre il 40% a fronte di una percentuale che a livello nazionale dovrebbe invece attestarsi al massimo al 20%. Occorrerebbe consolidare questi posti nell’organico di diritto, per dare risposte ai docenti precari ma soprattutto agli alunni diversamente abili, che si trovano ogni anno a cambiare docente.
In totale, il numero dei lavoratori precari nelle scuole Molisane nell’a.s 2023/24 sarà di 1.138 (872 CB e 266 IS), a cui si aggiungeranno tutte le supplenze brevi: si tratta di numeri che testimoniano il fallimento delle politiche di reclutamento scolastico nel nostro paese.
Il Molise, inoltre, come evidenzia l’ultimo rapporto Svimez “Un paese due scuole”, resta la regione con la percentuale più bassa d’Italia di alunni che frequentano il tempo pieno (8%, a fronte di una media nazionale del 38% e percentuali al di sopra del 50% in particolare nelle regioni del centro nord, ). Tale situazione, dovuta ad organici insufficienti ma anche a poca richiesta da parte delle famiglie in virtù della mancata predisposizione da parte degli Enti locali di servizi opportuni (trasporti, mense scolastiche, locali adeguati etc), penalizza ulteriormente la nostra regione,e manifesta l’assenza di adeguate politiche per l’istruzione, un settore in cui da tempo manca una vera programmazione.
A fronte di tutte queste criticità, la risposta che la politica vuole mettere in campo è quella dell’ennesimo taglio con il cosiddetto “dimensionamento scolastico”.
Come è noto, con la legge di bilancio 2023 sono stati modificati i parametri relativi al numero delle istituzioni scolastiche da attribuire ad ogni regione. Le nuove norme prevedono un innalzamento dei parametri per l’attribuzione del numero di autonomie scolastiche, che verranno attribuite ad ogni regione in proporzione al numero degli alunni. La normativa, che si applicherà dall’a.s 2024/25, porterà al taglio di 8 Istituzioni scolastiche in tre anni in Molise: dalle 52 attuali si passerà a 49 nell’a.s 2024/25, a 45 nel 2025/26 e a 44 nel 2026/27. Si tratta però solo dell’inizio: se il criterio verrà confermato, complice il costante decremento demografico, la nostra Regione rischia ulteriori tagli.
Ricordiamo che 4 regioni (Emilia Romagna, Puglia, Campania e Toscana) hanno impugnato tale norma alla Corte Costituzionale e anche regioni di centro destra hanno espresso la propria contrarietà ai tagli in Conferenza stato regioni, mentre non ci risulta nessun intervento dei nostri rappresentanti politici in materia, né a livello nazionale né regionale.La cosa non ci sorprende: basti pensare che al momento il Molise è privo di un Assessore all’Istruzione, come già avvenuto nella precedente Giunta Regionale. Al momento la delega è in capo al Presidente della Regione, che però nelle sue prime dichiarazioni programmatiche non ci risulta che abbia citato settori come Scuola, Università, Ricerca e Formazione professionale, che invece sono cruciali per lo sviluppo.Tale circostanza, unitamente al fatto che al momento la nostra Regione è in attesa della nomina del nuovo direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale, desta forte preoccupazione, anche in considerazione della tempistica relativa al nuovo piano di dimensionamento scolastico, che dovrebbe essere approvato entro novembre 2023, e necessita di diversi passaggi, come ad esempio l’emanazione di Linee Guida Regionali e l’approvazione dei rispettivi piani da parte delle Province.
Noi come FLC CGIL, ribadiamo la nostra posizione di ferma contrarietà rispetto ai tagli che il Governo vuole assumere. E’ davvero inammissibile che il taglio al servizio scolastico venga connesso alla realizzazione del PNRR. Mentre aumenta la complessità dei compiti attribuiti alle scuole, si decide di accorpare gli Istituti scolastici, aumentando il numero complessivo degli alunni per istituto senza diminuire il numero degli alunni per classe. Non ci si può limitare ad “assecondare” la dinamica demografica e tagliare in proporzione al numero degli alunni, altrimenti si rischia una spirale inarrestabile.
La scuola ha bisogno innanzitutto di certezze su alcuni terreni che noi riteniamo decisivi: l’eliminazione radicale del precariato come garanzia di una migliore qualità dell’insegnamento; uno stipendio che non venga eroso continuamente dai processi inflazionistici e che sia la base di una restituita dignità professionale; un tempo scuola accresciuto che recuperi almeno i tagli rovinosi della famigerata riforma Gelmini del 2008; la riduzione degli alunni per classe; la garanzia che il diritto all’istruzione sia assicurato, come da previsione costituzionale, in maniera uguale su tutto il territorio nazionale di contro a ogni ipotesi, incoerente e devastante per il nostro Paese, di autonomia differenziata in campo scolastico.
Per questo, come FLC CGIL non ci limiteremo alla semplice denuncia o alla solita generica sollecitazione all’intervento verso la classe politica nazionale o regionale.
Da subito, chiameremo il personale della scuola a partecipare alla discussione e al confronto con il nostro sindacato, organizzando nel mese di settembre e di ottobre assemblee che coinvolgeranno tutte le scuole della regione. Inoltre, chiameremo tutti i lavoratori e tutte le lavoratrici della conoscenza a partecipare alla manifestazione nazionale del 7 ottobre prossimo e a sostenere la consultazione straordinaria della Cgil per la difesa della Costituzione e i suoi valori, a partire dalla netta contrarietà ad ogni tentativo di frammentare il nostro sistema di istruzione con l’autonomia differenziata, per un lavoro di qualità e per uno sviluppo sostenibile dal punto di vista sociale ed ambientale.
L’autunno sarà una stagione di lotta per i diritti (all’istruzione, alla salute, al lavoro, alla pensione) e per una scuola che sia messa strutturalmente in condizione di svolgere il proprio lavoro, che è unicamente quello di istruire e fornire competenze di cittadinanza alle nuove generazioni.