«Ho richiesto di rendere tutta la regione Molise “zona rossa” da lunedì 1º Marzo. Il Governo ha accolto la mia istanza. È un momento delicato per il nostro territorio e chiedo al Governo – che gestisce la Sanità in Molise attraverso un Commissario nominato da Roma – di cambiare strategia e attivare tutte le misure necessarie. Da parte della Regione, per le residue competenze che ci rimangono, siamo a disposizione».
Così il governatore del Molise, Donato Toma.
UN ANNO DOPO….. PUNTO E A CAPO!!!!
È trascorso ormai un anno dall’inizio di questa “Pandemia” e tante sono le domande che mi sono posto allora e molte, anzi quasi tutte, ancora senza trovare risposta e che sembrano ancora attuali.
Se la situazione è davvero così grave come ce la dipingono, allora:
– Perché mai si rifiutano di sottoporre, anche per campioni rappresentativi, la popolazione ai test sierologici degli anticorpi, ben più precisi e utili dei tamponi, che consentirebbero di avere un’idea realistica della diffusione del contagio e della reale pericolosità della malattia? Hanno forse il timore (o la certezza?) che la montagna di allarmismo possa partorire un topolino?
– Perché mai vogliono obbligarci a un interminabile distanziamento sociale, e alla conseguente lontananza dagli affetti, per aspettare i 12-18 mesi necessari per l’arrivo di un vaccino, sulla cui efficacia, tra l’altro, il mondo scientifico esprime già perplessità, quando abbiamo a disposizione diverse cure che si sono già dimostrate efficaci per curare la malattia provocata dal virus? Non mi risulta che la preoccupante e sempre più diffusa resistenza agli antibiotici abbia mai determinato l’esigenza di una quarantena degli infetti. È forse questa la prossima pandemia in agenda? È forse questo il prezzo che dobbiamo pagare perché chi ha seminato il panico della pandemia possa coglierne i frutti auspicati? Perché i nostri aguzzini possano finalmente indossare le vesti di salvatori dell’umanità?
– Perché mai se siamo davvero di fronte a un numero così elevato di morti CON coronavirus ci si ostina a perdere tempo in sperimentazioni superflue di farmaci già in uso da anni, e non si forniscono invece a TUTTI gli ospedali dosi adeguate di quei medicinali salvavita che si stanno dimostrando efficaci nei confronti di coloro che sviluppano sintomi attribuibili al virus? C’è davvero interesse a salvare quante più vite umane possibili?
– Perché mai si continua a spargere a piene mani allarmismo ingiustificato sulla base di dati incongruenti e in molti casi perfino inattendibili, e allo stesso tempo si rassicura la popolazione, sbandierando i falsi successi della strategia attuale ponendo l’enfasi, in maniera ingannevole, su dati forniti in termini percentuali piuttosto che in termini assoluti? Si vuole forse far leva sulla buona fede della gente che non ha i mezzi culturali per comprendere?
– Perché mai, pur in assenza di riscontri positivi, ci si ostina a insistere, a un mese di distanza (oggi un anno), sulla strada del distanziamento sociale e sulla proibizione, minacciata ormai per un periodo indefinito, dei rapporti interpersonali, piuttosto che consentire alla gente di riprendere possesso della propria vita sociale e porre, invece, l’accento sulla mappatura dei soggetti immuni e sulla cura di coloro che dovessero eventualmente contrarre la malattia? È forse perché i contatti virtuali, a differenza di quelli reali, sono facilmente tracciabili e monitorabili? La si spaccia spudoratamente come una misura adottata a tutela della popolazione anziana.
Ma l’allontanamento fisico dagli affetti non è forse un inutile atto di crudeltà perpetrato nei confronti di coloro che, per motivi anagrafici o per altre ragioni, non hanno di fronte a sé tempi biblici per potere stare con i propri cari? Non è già esso stesso una sorta di morte affettiva che si aggiunge all’ineluttabile morte biologica che a parole gli si vorrebbe evitare?
– Perché mai, in presenza di tanta incertezza di fronte alla reale causa di morte dei soggetti dichiarati defunti in seguito al contagio del virus, si procede sistematicamente alla loro cremazione piuttosto che all’effettuazione, con le dovute precauzioni adottate in casi analoghi, di autopsie volte ad accertare in modo inconfutabile la causa del decesso? Si tratta forse di una questione di scarsa rilevanza scientifica? O si teme invece un corposo ridimensionamento che faccia venir meno l’allarmismo e, di conseguenza, le basi giuridiche dello stato di emergenza che è stato, forse troppo affrettatamente, dichiarato?
– Qual è, in poche parole, il REALE motivo per cui ci vogliono chiusi in casa, isolati e impossibilitati ad avere rapporti interpersonali? Perché in nome di ipotetiche e non ancora dimostrate ragioni di salute pubblica, per di più vigorosamente contestate da una parte del mondo scientifico, si è scelto di affidarsi ciecamente a quella parte di esso che sta perseguendo caparbiamente il suicidio sociale, economico e psicologico della nostra società? Dobbiamo per forza pensar male?
– È lecito, infine, attendersi un termine oltre il quale, comunque vadano le cose, si possa smettere di essere costretti a sopravvivere e si possa finalmente tornare a vivere?
“Altra prova che noi siamo più inclinati al timore che alla speranza è il vedere che noi per lo più crediamo facilmente quello che temiamo e difficilmente quello che desideriamo, anche molto più verisimile. E poste due persone delle quali una tema e l’altra desideri una stessa cosa, quella la crede e questa no.(…) E poste due cose, o contrarie o disparate, l’una desiderata e l’altra temuta e che abbiano lo stesso fondamento per esser credute, la nostra credenza si determina per questa e fugge da quella.” (Zibaldone, G. Leopardi)