«E’ mai possibile che l’assessorato e il Consiglio regionale possano adottare atti o meglio approvare una legge regionale in palese contrasto con la legge statale quadro? E gli uffici legislativi, l’avvocatura regionale, dove erano? Trattasi di pura incompetenza o di tentativi per tenere buoni gli agricoltori addossando poi le colpe ad altri che hanno bloccato una norma in contrasto con la Costituzione?».
Alfonso Tagliamonte, avvocato e cacciatore, esperto di legislazione venatoria, boccia senza appello l’assessorato regionale alla caccia, guidato da Nicola Cavaliere, che ha prodotto una norma impugnata dal Governo centrale davanti alla Corte costituzionale. Un mese in più di braccata, questa la novità introdotta dalla Regione Molise, in palese contrasto con quanto previsto dalla legge quadro nazionale che norma l’attività venatoria. Poco più che una trovata propagandistica, quella di Cavaliere, evidentemente mal consigliato da qualcuno, che ora è finita addirittura all’attenzione della Corte costituzionale.
«Studiassero prima di tutto la differenza tra caccia, che deve rispettare la l. 157/92, selezione e azioni di contenimento oltre, e per me è la cosa più importante, a tenere presenti le norme eccezionali e urgenti che consentono di intervenire in specifici casi in deroga alla normativa e per aree ben identificate dove sono stati rilevati gli esuberi e accertati i conseguenti problemi. – riprende l’avvocato Tagliamonte – Per evitare, poi, potrebbero semplicemente copiare quello che hanno fatto nelle altre regioni e non inventarsi periodi di caccia al cinghiale per mesi quattro allorquando la legge parla esclusivamente di mesi tre da scegliere tra ottobre e gennaio. Avere un assessore che è anche cacciatore non garantisce proprio nulla, anzi i fatti dimostrano il contrario».