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  • Vincoli paesaggistici e archeologici, la Soprintendenza del Molise boccia (ancora) il progetto biomasse

     

    AGNONE. Come accaduto per il passato, la Soprintendenza del Molise boccia l’installazione della centrale a biomasse in alto Molise. In particolare il provvedimento negativo chiama in causa la locale commissione paesaggistica che aveva dato l’ok al progetto. Nel documento a firma della soprintendente Dora Catalano tra l’altro si legge: “Non può essere affatto condivisa la conclusione a cui arriva la commissione locale per il paesaggio del Comune di Agnone che classifica l’impianto come di ‘ uso infrastrutturale’, in particolare uso C6, puntuali tecnologie interrate (discariche controllate, impianti di captazione), in quanto l’impianto in questione non può essere associato ad una discarica proprio perché è un impianto di produzione per il biometano, così come si evince anche dal titolo del progetto. Né tale impianto è da considerarsi interrato e né il Comune prende in considerazione che le modalità di tutela, per l’uso C6, prevedono da parte della ditta la redazione della Valutazione di Ammissibilità per l’aspetto percettivo che non è presente nella documentazione presentata. Viceversa, ‘l’uso C7 puntuali tecnologie fuori terra (depuratori, inceneritori)’ non è previsto nell’area P2 in questione. Dunque – prosegue la Soprintendenza – l’istruttoria della Commissione locale del paesaggio deve essere completamente rigettata in quanto la realizzazione dell’impianto in questione è incompatibile. Tali valutazione avrebbero dovuto far parte della relazione paesaggistica redatta dalla ditta che non è conforme alle disposizioni del Dm 12/12/2005 in riferimento ai contenuti, in quanto la relazione non riporta la completa analisi dei suddetti provvedimenti di tutela operanti nella zona. L’area individuata per la realizzazione dell’impianto è sita in prossimità della Sp 73 che collega Agnone a Belmonte del Sannio, strada dalle alte valenze percettive e panoramiche, da cui è possibile cogliere tutto il sistema morfologico delle cime montuose di Monte Sant’Onofrio, Monte Rocca l’Abate, nonché il resto delle alture abruzzesi. Tale sito, anche se posto in posizione di versante, non risulta molto sottoposto alla linea di crinale se rapportato alla valle sottostante. Tale rilievo morfologico è caratterizzato a tratti da forti pendenze e dall’andamento sinuoso e non presenta pianori. Tutto l’ambito paesaggistico è caratterizzato dalla naturalità dei luoghi, dal pascolo e dai pochi appezzamenti coltivati a prato sui versanti. Tali caratteristiche paesaggistiche sarebbero quindi inficiate dai cospicui terrazzamenti da realizzarsi, così come si evince dalla documentazione integrativa presentata. L’impianto inoltre è fortemente visibile anche dalle strade comunali in prossimità del centro urbano di Belmonte del Sannio che dista circa un chilometro. La realizzazione della centrale, pertanto, è tale da provocare una modifica sostanziale a quelle che sono le caratteristiche costruite dei luoghi, sia per quanto riguarda la manomissione della caratteristica morfologica delle alture molisane, sia per quanto riguarda l’aspetto percettivo e sensoriale di questi luoghi. L’intervento previsto, dunque, non può essere considerato semplicemente una discarica o un depuratore interrato, bensì consiste in un vero e proprio impianto industriale fuori terra e pertanto percepito come tale. Anche la realizzazione delle vasche / sacche di digestione determina consistenti scavi e conseguenti terrazzamenti che ne comportano la completa modifica della percezione del contesto territoriale e paesaggistico nei suoi elementi costitutivi, quali naturalità e panoramicità dei luoghi. La naturalità del paesaggio in prossimità del crinale deve essere considerata una invariante paesaggistica così come dettato dal Dm del 17/07/1985. L’inserimento di un impianto industriale, con la conseguente alterazione morfologica, ha come risultato di alterare il caratteristico sistema delle vette, ossia proprio la caratterizzazione costitutiva dell’ambito paesaggistico tutelato. Infine – conclude la relazione della Soprintendenza – tenuto conto che il volume dello scavo di sbancamento non è affatto trascurabile, il progetto non prende in considerazione nemmeno il rischio archeologico, essendo questo un sito distante poche centinaia di metri dai ritrovamenti archeologici in corrispondenza del tracciato del metanodotto”.

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