AGNONE. “Uno dei giorni più belli della mia vita fu quando, a distanza di cinque anni, potetti tornare sui banchi di scuola. Avevo riconquistato la mia libertà”. Applausi mischiati a profonda commozione, quando Ugo Foà, testimone diretto delle leggi antiebraiche del 1938, lo dichiara davanti agli studenti degli istituti superiori di Agnone. Un racconto lucidissimo di una pagina di storia che all’epoca portò il capo della comunità ebraica ad odiare il suo Paese, l’Italia, che aveva sposato l’ideologia nazista. Ad ascoltarlo attentamente, nell’aula magna dell’Istituto Tecnico Industriale, in prima fila il vescovo di Trivento, Claudio Palumbo presente all’evento promosso dalla Scuola di Formazione all’Impegno Sociale e Politico ‘Paolo Borsellino’, in collaborazione con l’Istituto Omnicomprensivo ‘Giuseppe Nicola D’Agnillo’. “Non temo rigurgiti di quel tempo, tuttavia a voi ragazzi dico di opporvi e combattere chiunque fa riferimento a quella stagione che ha prodotto solo morte, deportazioni, atrocità e miseria”. Aveva dieci anni Foà, quando, solo perché appartenente alla religione ebraica, fu allontanato da amici e libri. “Ho trascorso anni durissimi – ammette seduto al fianco di don Alberto Conti, direttore della Caritas diocesana – con mia madre che senza mio padre, prigioniero in Africa, e quattro figli fu costretta a vendere tutto a cominciare da quel poco oro che avevamo in casa, a Napoli”. Dove ha trovato la forza, gli chiedono incuriositi i ragazzi. “Nella famiglia l’unico aggancio che non vi tradirà mai”. “Affinché non si ripetano simili mostruosità, bisogna conoscere e studiare il passato” ammette ancora Foà parlando dei bombardamenti e di compagni e parenti mai più rivisti. E alla domanda se ha mai provato un sentimento di vendetta nei confronti di chi ha causato tante nefandezze, l’ultranovantenne non perde un solo attimo per replicare. “E’ un sentimento orribile che non ho mai provato, non nascondo però di aver avuto difficoltà a parlare con i tedeschi fino a quando alcuni amici della Germania mi regalarono un libro dove sulla prima pagina compariva la scritta: a Ugo Foà, con la speranza possa amare anche la nostra nazione”. “Chi nega la tragedia della Shoah non ha compreso nulla della persona umana” ha detto la dirigente scolastica, Tonina Camperchioli, che riferendosi a Foà lo ha ringraziato per “la grande lezione di vita offerta alla vigilia della Giornata della memoria”. Ed ancora: “A quanti dubitato della realtà di quei fatti tragici definiti Shoah, rispondo con un elenco di duecento nomi pubblicati su una pagina dell’Espresso. Sono alcuni dei tanti bambini italiani deportati nei campi di concentramento” ha ribadito Foà in merito a negazionismo e riduzionismo. Applausi a scena aperta per una giornata da incorniciare che resterà scritta negli annali di quella scuola dove Foà tornò a vivere libero e appartenente alla categoria degli esseri umani, perché in fondo siamo tutti uguali.
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