Dal 01 marzo 2019 al 30 settembre 2019 i cinghiali prelevati in caccia di selezione nell’ATC Chietino – Lancianese sono 852. Nel periodo compreso tra il 01 gennaio 2019 e il 30 settembre 2019 i cinghiali abbattuti in attività di controllo numerico (art. 19, L 157/92) dalla Polizia provinciale di Chieti coadiuvata da selecontrollori abilitati sono pari a 675. Complessivamente nel periodo di caccia programmata di cui alla L. 157/92 nella stagione venatoria 2018-2019 sono stati abbattuti 1.516 cinghiali, di cui 1.447 dalle squadre di braccata operanti nelle macroaree e 69 dalle squadre di braccata ammesse al prelievo anche nell’area non vocata. A conti fatti, basta fare un’addizione, la selezione e il controllo risultano più efficienti, in termini di abbattimenti, rispetto alla tanto declamata caccia collettiva che in Abruzzo significa essenzialmente la braccata. Una ovvietà che sfata, come se ce ne fosse bisogno, il mito della braccata come migliore strumento per contenere l’esplosiva crescita numerica dei cinghiali.
Nero su bianco, i dati incontrovertibili si possono leggere sul piano annuale di assestamento prodotto dall’Atc Chietino Lancianese e curato da Giovanni Giuliani (in foto, ndr). E proprio il tecnico faunistico commenta: «Il dato probabilmente più rilevante che emerge dall’analisi dei prelievi del cinghiale nella stagione venatoria 2018-2019 è la maggiore entità degli abbattimenti realizzati in caccia di selezione e controllo (1.527) rispetto a quelli realizzati in braccata (1.516). Tale risultato, mai raggiunto in passato, può trovare una positiva chiave di lettura in un accresciuto coinvolgimento generale della comunità venatoria locale alle attività annuali di gestione venatoria della specie rispetto, invece, ad un interesse limitato ai “tradizionali” tre mesi in cui si svolge la caccia collettiva, ancora prevalente su scala nazionale». «Questo risultato, per quanto noto allo scrivente, – continua Giuliani – figura un primato su scala regionale nonché un traguardo di eccellenza su scala nazionale». E più avanti su quello stesso documento si legge: «Il rendimento della caccia di selezione può essere misurato approssimativamente con l’abbattimento di un cinghiale ogni quattro uscite. Un primo confronto sia con i risultati delle cacce collettive (braccata) sia di ulteriori parametri specifici di ciascuna tipologia di caccia (numero partecipanti, tempo impiegato, giornate di caccia utili, ecc.) evidenzia già una superiorità della caccia di selezione rispetto alla braccata in termini generali di efficienza». Nonostante queste considerazioni basate su dati numerici, quindi oggettivi, in Regione Abruzzo, a prescindere da chi sia l’assessore alla caccia, si continua a guardare con un certo sospetto la caccia di selezione, al fine di non irritare troppo i “cinghialai” che praticano la braccata. Il motivo è squisitamente elettorale e vale sia per i politici che siedono in Regione, sia per le associazioni venatorie. E così, chiusa la stagione venatoria in braccata, ci si avvia a riaprire la caccia di selezione al cinghiale con le stesse modalità del passato, cioè con una incomprensibile e ibrida confusione di ruoli, lasciando la gestione delle fascette che autorizzano il prelievo in mano alle squadre che operano nelle rispettive zone assegnate. Bisogna svincolare le due forme di prelievo: i cacciatori di selezione devono avere dei capi assegnati ed essere completamente autonomi rispetto alle squadre di cinghialai. Queste ultime, infatti, non hanno alcun interesse a praticare abbattimenti selettivi, intuibilmente per non ridursi il carniere teorico della prossima stagione in braccata. Lo capirebbe anche un idiota. E’ così facile, ma in Regione Abruzzo, sia con la sinistra, sia con la destra, fanno finta di non capire…
Francesco Bottone
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