CAROVILLI. Non c’è paese al mondo che non abbia un proprio poeta. Ed anche quando un paese ha più poeti c’è sempre quello più radicato nelle pietre delle sue case, nelle sue vie, negli angoli e nei sospiri della terra. Solitamente il “poeta radicato” nel paese è una figura-simbolo, è la persona che più di tutte sta dentro al popolo anche per via del proprio lavoro al servizio delle gente e che la gente conosce bene. Così è per Umberto Di Benedetto (in foto) il quale da oltre trent’anni è ”ufficiale di anagrafe e di stato civile” al Comune di Carovilli ed anche per questo conosce tutti i suoi concittadini, uno per uno. E’ come il sindaco, il parroco, il medico, il farmacista, il maresciallo che sanno tutto di tutti e, pure per questo, a tutti sono vicini ed entrano nell’anima individuale e collettiva del popolo che rappresentano e sostengono. Fortunati, quindi, quei paesi che hanno uno o più poeti che ne cantino (specialmente se in lingua dialettale locale) aspetti intimistici e sociali, tradizionali ed emblematici.
Umberto Di Benedetto è sì “poeta di paese” ma è conosciuto anche fuori dal Molise per il suo partecipare a rassegne e concorsi letterari. E, comunque, se è vero che “tutto il mondo è paese” è anche vero che amare un paese (meglio se il proprio paese) è un pretesto per amare tutto il mondo: così facendo si diventa “universali” nel modo più naturale, logico e conseguenziale. Tale è il poeta Di Benedetto: poeta universale e di carattere proprio perché poeta di paese, del suo paese! Adesso, dopo oltre 40 anni che verseggia in lingua e in dialetto, si è deciso di dare alle stampe un esempio del suo poetare. E’ così nata l’opera-prima “Il brusìo della sera” appena curata dalla “Volturnia Edizioni” dei coniugi Ida Di Ianni (che ne ha scritto pure l’Introduzione) e Tobia Paolone (editing e impaginazione), operanti in Cerro al Volturno (Isernia). La copertina del volumetto di 80 pagine è bellamente illustrata a colori dal sempre bravo maestro Ugo Martino di Castelverrino e raffigura la piazza principale di Carovilli animata da adulti in serena conversazione tra loro e da bambini che giocano placidamente: idillio intimistico e verace di una comunità che ancora non è stata sconvolta da nuovi miti ed estranei stili di vita oppure “foto-ricordo” che sottintende sottili inquietudini?…
Questa prima raccolta presenta 56 poesie scritte dal 1973 (nel pieno dei suoi primi venti anni) in poi, suddivise in due sezioni: 42 in lingua italiana sotto il titolo “Si fa buio” e 14 in dialetto sotto il titolo “L’utema sfera d’sol” (L’ultima sfera di sole). I versi in dialetto non sono stati “tradotti” o “adattati” in italiano, rendendoli comprensibili almeno almeno nel loro significato tematico ed immaginifico: purtroppo questo è un limite generalizzato e assai diffuso non soltanto negli Autori ma anche negli Editori ed è un’antica pecca italiana che non permette ad un lettore di Bolzano o di Palermo (ma anche estero che capisca l’italiano) di poter intendere e gustare pure i versi dialettali, che spesso hanno una valenza fin troppo importante per entrare nell’anima di un autore e di un paese.
A parte questa pecca (che andrebbe risolta una volta per tutte in Italia), l’Università delle Generazioni di Agnone saluta con grande favore l’opera-prima del poeta Umberto Di Benedetto di Carovilli, evidenziando altresì che il volumetto è un prodotto tutto molisano (dall’autore all’editore, dallo stampatore al pittore di copertina) e questo non può che fare piacere, specialmente pensando che troppi autori vanno fuori regione per editare le loro opere. Il “Made in Molise” dovrebbe essere una priorità per chiunque abiti dentro i confini regionali, con l’obbligo morale e civile di proporsi il più possibile all’export e tale obbligo morale e civile dovrebbe essere sostenuto in qualche modo (anche a costo zero, con il solo doveroso affetto sociale e con un minimo di attenzione istituzionale e culturale) dalle Istituzioni territoriali. Appartenere ad un paese, ad una entità e ad una identità può e deve avere pure tali risvolti di predilezione del prodotto locale, per un sostegno reciproco non soltanto economico ma anche e soprattutto psicologico e solidale. Si può essere persino internazionali, non tralasciando di essere “protezionisti” per quanto possibile e quanto basta a sentirsi ancora “comunità” e, quindi, anche “glocal” (globali e locali insieme).
Domenico Lanciano