«Ultimi minuti come medico di base: quaranta anni di vita spesi, spero bene, per aiutare i malati: ero giovane e volevo rendermi utile per qualcuno e in quest’ ottica ho anche sottratto tempo alla mia famiglia, che comunque è sopravvissuta all’uragano che sono io. Grazie a mio marito che sempre è venuto incontro ai miei pazienti, per gli adempimenti burocratici, e a me per affrontare la sfida del computer, che è stato un mio grande nemico, l’unico. Grazie a tutti i miei pazienti per le tante pause caffè, per il tempo passato insieme, per aver saputo anche sopportare le mie “chiacchiere “; grazie agli abitanti di Schiavi di Abruzzo che mi hanno accolta trenta anni fa, timorosi perché ero una donna, e poi invece mi hanno voluto un mondo di bene; infine, negli ultimi anni del mio lavoro, c’è stata la sfida dell’incontro con i profughi, che mi ha arricchito professionalmente e umanamente, e mi ha fatto conoscere l’altra faccia della malattia, quella del tormento dell’anima, ma mi ha dato anche la possibilità di lavorare insieme ai giovani, che dei profughi si sono occupati. Io, che non ho mai avuto un collega, mi sono ritrovata a Monte Pizzuto con un ruolo quasi materno: quindi anche a voi, ragazzi, un ringraziamento particolare. Non posso continuare perché mi sto emozionando: non piango perché è finita, ma sorrido perché è successo. Ciao, e buona vita a tutti, ma chiamatemi qualche volta».
Sono le toccanti parole della dottoressa Mariella Sigismondi, medico di base a Castelguidone e Schiavi di Abruzzo, che a pochi mesi dalla pensione ha rassegnato le dimissioni, si è licenziata per improrogabili motivi personali. Al netto delle questioni emotive e affettive tra la dottoressa e i suoi pazienti, la notizia, cioè l’interesse pubblico di questo episodio, è rappresentato dal fatto che nessun medico la sostituirà.
Settimane fa la dottoressa Sigismondi ci ha confessato che si è messa in moto in prima persona per assicurare una continuità al suo studio medico. Ha fatto centinaia di telefonate per trovare un sostituto, andando anche oltre i suoi compiti e i suoi doveri, mossa solo dalla preoccupazione amorevole, quasi materna, di lasciare soli i suoi pazienti. Nessun giovane medico ha risposto all’appello, perché la pandemia ha creato numerose e ben remunerate occasioni lavorative per i giovani medici appunto. Andare a fare il medico di base a Castelguidone e a Schiavi, due paesi fantasma, non conviene a nessuno; non è appetibile, né professionalmente, né economicamente forse. La Asl non ha la bacchetta magica, né una serra dove coltivare medici pronti all’uso. E così la triste storia è questa: un medico, la dottoressa Sigismondi, va in pensione e nessuno la sostituirà. Poi andrà in pensione un altro medico e un altro ancora. Problemi di chi resta, di chi si ostina a sopravvivere su queste montagne di confine abbandonate dalle istituzioni e dalla politica.
Francesco Bottone