Dopo il caso del cinghiale affetto da Peste Suina Africana (PSA), isolato in provincia di Roma, ad appena 150 km dal Molise, crescono le preoccupazioni degli allevatori zootecnici anche nella regione. Il rischio di diffusione della malattia fra i cinghiali rappresenta, infatti, un grande pericolo per le aziende zootecniche che allevano maiali (in Molise ve ne sono circa 300) in quanto i cinghiali sono il principale veicolo di diffusione del virus che può risultare letale sia per i cinghiali che per i suini.
«Va precisato – spiega Coldiretti Molise – che la PSA non rappresenta un rischio per gli esseri umani ma, in caso di sua diffusione, si abbatterebbe come uno tsunami sull’intero comparto suinicolo; basterebbe infatti, un solo caso in stalla per costringere l’allevatore all’abbattimento di tutti i suoi capi. Un danno economico incalcolabile che metterebbe a rischio migliaia di aziende con la norcineria nazionale che è un settore di punta dell’agroalimentare made in Italy che da lavoro a circa centomila persone tra allevamento, trasformazione, trasporto e distribuzione con un fatturato che vale 20 miliardi».
«Occorre quindi un’attenzione massima verso i rischi, come rimarca l’Ordinanza del Commissario straordinario alla peste suina africana (DPCM 25/02/2022) inviata dalla Regione Molise anche alle Associazioni di Categoria. Tuttavia – afferma il Direttore Regionale di Coldiretti Molise, Aniello Ascolese – il problema andrebbe risolto a monte, ovvero abbassando drasticamente il numero di cinghiali sul territorio, che in Molise ha ampiamente superato il numero delle 40mila unità».
«Un vero e proprio flagello per l’agricoltura – prosegue il Direttore di Coldiretti – visto che a causa di questi animali, che scorrazzano incontrastati sull’intero territorio, distruggendo ogni coltura e provocando sempre più spesso anche gravi incidenti stradali, gli imprenditori agricoli non riescono nemmeno più a produrre quanto serve per l’alimentazione dei capi. Una vera e propria emergenza che potrà essere affrontate efficacemente – conclude Ascolese – come più volte da noi richiesto, solo con la modifica della Legge 157/92 sulla fauna selvatica».