La spinosa questione del mancato rispetto delle quote rosa in giunta approda in Consiglio comunale, e c’era da aspettarselo dopo il clamore mediatico dei giorni scorsi, ma arriva addirittura sulla scrivania del Ministero dell’Interno. E’ stata convocata per sabato mattina, infatti, una seduta ordinaria del Consiglio comunale di Belmonte del Sannio.
Oltre ad una variazione al bilancio di previsione, ratifiche di delibere di giunta e l’approvazione del documento unico di programmazione semplificato, questioni di ordinaria amministrazione, ciò che attira l’interesse della cittadinanza sono i due atti protocollati dalla minoranza, una mozione e una interrogazione. Stando alle indiscrezioni trapelate dagli ambienti di quel che rimane della minoranza, atteso che la già candidata sindaca Adele Scoppa è ormai fuori dal gruppo, entrambi gli atti riguarderebbero la questione del mancato rispetto delle quote rosa in Giunta.
Il tema è piuttosto caldo, anche in seguito alla recente pronuncia del Tar Molise che ha cassato, giudicandola illegittima come era evidente alla luce della più elementare logica, la giunta tutta al maschile di Sessano del Molise. Nei giorni scorsi il leader dell’opposizione residua, Tonino Paglione, aveva commentato con soddisfazione il pronunciamento dei giudici amministrativi, atteso che si tratta di una situazione del tutto analoga a quella che si registra a Belmonte del Sannio, ma in realtà anche il altri centri dell’Alto Molise.
E proprio sulla scorta di quella sentenza del Tar Molise, il consigliere comunale di minoranza Tonino Paglione ha chiesto ufficialmente l’intervento della Prefetta di Isernia, con una nota indirizzata anche alla consigliera di pari opportunità del Molise e addirittura, per conoscenza, al Ministro dell’Interno Piantedosi. «Si chiede al signor Prefetto di intervenire d’autorità e direttamente presso il sindaco del comune di Belmonte del Sannio, affinché lo costringa e gli imponga di ripristinare la legalità e si conformi ai principi di legge, altrimenti, si ritiene giusto sciogliere il Consiglio comunale per grave e persistente violazione di una legge dello Stato».
Chiarissimo il discorso di Paglione: se il sindaco Errico Borrelli non rispetta una legge dello Stato, allora la Prefettura intervenga e sciolga d’ordine l’intero Consiglio comunale. Alla consigliera di parità della regione Molise lo stesso Paglione chiede «di monitorare l’evoluzione dei fatti affinché, qualora gli stessi rimangano stagnanti, possa intervenire direttamente per sanare la situazione illecita creatasi, provvedendo a citare il Sindaco del comune di Belmonte del Sannio al cospetto del Tar della regione Molise, per far sì che quest’ultimo emetta una sentenza analoga a quella emessa nei confronti del comune di Sessano del Molise».
«Oltre trenta anni, fa nel nostro ordinamento giuridico, veniva varata la legge 125 del 10 aprile 1991, rubricata “Azioni positive per la realizzazione della parità uomo-donna nel lavoro”; – commenta il consigliere Paglione – la stessa ha rappresentato un punto di partenza per le successive e numerosissime norme varate successivamente, volte alla tutela della donna in tutti i campi in ambito sociale, e non solo lavorativo, compreso quello della politica. Per quanto citato non si ritiene possibile che un sindaco di un piccolo Comune possa violare deliberatamente delle norme chiare e semplici da applicare e, aspettiamo che, qualche cittadino facoltoso si sostituisca allo Stato italiano per far rispettare la legge al cospetto di un Tar».
Già, perché per portare la questione davanti al Tribunale amministrativo regionale servono soldi, come se il denaro valesse più dei principi di eguaglianza. «Non è giusto spendere dei soldi per vedere applicata correttamente la legge; – aggiunge in chiusura Paglione – non è giusto che dei cittadini debbano anticipare del denaro per le spese di un avvocato e relativo “contributo unificato” per intraprendere una vertenza amministrativa al cospetto di un Tar; così come non è giusto che, come successo a Sessano del Molise, il denaro sborsato dal Comune soccombente nella causa, avendo il Giudice compensato le spese, venga pagato da tutti i cittadini residenti e non certo il Sindaco di tasca propria».