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  • Ospedale ‘Caracciolo’: simbolo di promesse tradite e politiche fallimentari

    Non c’è solo l’ambulanza del 118 senza medico nelle ore notturne a certificare la lenta eutanasia del San Francesco Caracciolo. C’è molto di più. E molto di peggio. Oggi, l’unico reparto rimasto in funzione – Medicina – rischia di perdere altri due medici, vincitori di concorso in Campania e prossimi al trasferimento. Ancora qualche mese per sistemare le carte, e poi anche questi camici bianchi prenderanno la via della fuga, aggiungendosi alla lunga lista di professionisti che hanno abbandonato il presidio. Nel frattempo, l’ospedale – che dovrebbe servire un’area interna tra le più disagiate del Paese – sprofonda nell’incertezza. A far tremare i polsi è la constatazione che non si tratta più di una emergenza momentanea, ma di un vero e proprio smantellamento sistematico.

    La penuria di personale ha ormai raggiunto livelli drammatici come denunciato in una intervista alla Tgr Molise, da Bruno Delli Quadri, segretario generale Cisl Fp Abruzzo – Molise.  E il silenzio delle istituzioni è diventato complice. L’Asrem, dal canto suo, continua a inseguire il problema con soluzioni-tampone. Bandisce concorsi che vanno deserti, lancia appelli nel vuoto, spera nei pensionati richiamati con contratti-lampo. Il Molise non è attrattivo, e non lo è perché non è stato reso attrattivo. E questo è il frutto avvelenato di anni di miopia politica e di tagli selvaggi, messi in atto da una classe dirigente regionale priva di visione, incapace di costruire un sistema sanitario che funzioni anche – e soprattutto – fuori dai capoluoghi. Il ritorno temporaneo di nove medici in pensione aveva illuso qualcuno.

    Ma è bastato poco per capire che si trattava solo di un palliativo: un placebo utile a placare, per un attimo, una rabbia crescente, ma inefficace per invertire la rotta. E che dire della governance dell’ospedale? L’unico presidio dell’alto Molise non ha nemmeno un primario titolare. A guidare Medicina c’è un facente funzione il cui incarico scade nell’agosto del 2025. In qualsiasi altro contesto civile, questa sarebbe considerata una vera e propria anomalia amministrativa. Qui, invece, è la normalità. Ma una sanità che vive alla giornata è una sanità che non ha futuro. La domanda, a questo punto, è una sola: cosa vogliono fare, davvero, la Regione Molise e l’Asrem dell’ospedale di Agnone? Basta con le mezze frasi e le promesse in campagna elettorale. Basta con i proclami vuoti. Abbiano il coraggio, una volta per tutte, di dichiarare le loro intenzioni. Di metterci la faccia. Di dire chiaramente se il Caracciolo è ancora considerato un presidio strategico oppure no.

    La verità è che Agnone e il suo territorio non meritano questo abbandono programmato. Meriterebbero rispetto. E prima ancora, meriterebbero il diritto alla salute. Ma il disastro non è solo regionale. A livello locale, le responsabilità sono altrettanto gravi e vergognosamente taciute. Il Consiglio comunale è paralizzato. La minoranza? Praticamente inesistente. Un’opposizione afona, priva di visione e incapace di alzare la voce su un tema così vitale. Si direbbe quasi complice, tanto è il silenzio assordante che la circonda. E il Partito Democratico, forza di maggioranza in città, è ormai diventato lo spettatore passivo del collasso della sanità pubblica. Distratto, timoroso, impalpabile. Invece di difendere con forza l’unico ospedale rimasto a servizio di un’intera area montana, si rifugia nel torpore delle commissioni e delle dichiarazioni di rito.

    Una resa incondizionata, tanto più grave perché portata avanti da chi dovrebbe – per statuto e per storia – fare della sanità pubblica un baluardo da difendere con le unghie e con i denti. Il Caracciolo non è solo un ospedale. È l’ultima diga contro lo spopolamento, contro l’abbandono delle aree interne, contro l’idea che il diritto alla salute valga meno se vivi in montagna. Ma quella diga sta cedendo. E chi oggi tace o fa finta di non vedere, domani non potrà dire di non sapere.

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