• Editoriale
  • Ospedale: sindaci guidate la protesta, riconsegnate la fascia tricolore e che si arrangi la Prefettura

    La questione non è lessicale, ma sostanziale: che lo si chiami ospedale di area particolarmente disagiata oppure ospedale di comunità, quello che conta sono i fatti, i medici presenti, gli infermieri sul posto di lavoro, i servizi effettivamente erogati all’utenza, la risposta che si riesce a dare alla domanda di sanità. L’ospedale “San Francesco Caracciolo” di Agnone, così come è oggi, è un cadavere che cammina, un contenitore vuoto che eroga solo stipendi e indennità, ma non certo servizi al cittadino. E allora la trasformazione, tra l’altro annunciata da tempo, anche recentemente su queste colonne, in ospedale di comunità, non è forse il male maggiore. Anzi, è l’unica chance, basta prenderne atto con sano realismo.

    Sempre ammesso e non concesso che, in concreto e non a chiacchiere, l’Asrem, la struttura commissariale e la Regione Molise riescano a garantire effettivamente l’operatività dei previsti venti posti letto a bassa intensità, gli ambulatori polispecialistici, la diagnostica refertata a distanza, e soprattutto il punto di primo intervento con relativa postazione 118 medicalizzata h24. Altrove, nel confinante Chietino, siamo in Abruzzo non in Uganda, la riconversione dei piccoli ospedali, retaggio di un passato democristiano da “vacche grasse“, in ospedali di comunità sta dando buoni frutti, almeno assicurando quella minima sanità di prossimità di cui tanto si parla.

    Purtuttavia si tratta, per il “Caracciolo”, «l’ospedale degli agnonesi», di un declassamento bello e buono, è incontrovertibile, e questo alla “pancia” della cittadina alto molisana non va giù. Alla notizia di quanto previsto dal nuovo Piano operativo sanitario si sono scatenate le ire dei cittadini, quelli che ancora vivono nelle aree interne dell’Alto Molise e che si sentono, oggi ancor di più, cittadini di seconda classe.

    Il sindaco Saia con il Prefetto Montella

    «Hanno disintegrato l’ultimo baluardo di una sanità già molto precaria nell’Alto Molise e nell’Alto Vastese. – commenta una insegnante in pensione – Siamo alla buccia della frutta. Perché pagare ancora tasse e non avere servizi?». «In questa area del Molise la Regione dovrebbe investire, non tagliare. – ribatte un cittadino di Agnone – Ci sono cartelli in giro che dicono “guarda in alto”: vedi boschi, cultura, accoglienza, sport, del vero artigianato, ma la Regione non lo vede tutto questo. Investite in tutto questo e avremo sviluppo e pil. Invece chiudono. Allora io, che vivo qui e credo nelle nostre possibilità, dico: non dateci più niente, anzi cancellateci dai vostri progetti. A noi ci pensiamo noi. L’Alto Molise si muove da solo, basta con questo elemosinare. Alto Molise autonomo, voglio vedere che resta di questa regione se noi ci stacchiamo e non per andare con l’Abruzzo ma per diventare autonomi».

    Quindi, sciopero fiscale, non si pagano più le tasse perché non si hanno più servizi e addirittura minaccia di secessione, sia pure pacifica e ovviamente non armata, la Digos stia serena. Qualcuno pensa allo sciopero del voto: bruciare le schede elettorali e disertare intenzionalmente le urne, facendo mancare ai politici di zona quei voti che sono sempre stati determinanti per la loro elezione, che significa dorate indennità di carica e prestigio sociale. Una mobilitazione popolare, dunque, di piazza certo, ma capeggiata dai sindaci, dagli amministratori locali.

    A destra il Prefetto Montella recentemente in visita a Pescopennataro

    E l’invito a questi ultimi è di tirare fuori gli attributi, di smetterla di mediare ed elemosinare, e riconsegnare in blocco la fascia tricolore nelle mani del Prefetto Montella, rappresentante sul territorio del Governo centrale. Si creerebbe un caso mediatico nazionale. Ci pensate? Dieci, quindici sindaci che rassegnano le dimissioni, non in segno di resa, ma di protesta contro l’assenza della istituzioni, e riconsegnano la fascia al Prefetto. E dove li trova, la povera Prefettura pentra, quindici commissari prefettizi per sbrigare l’ordinaria amministrazione? Non solo un caso mediatico, ma la paralisi amministrativa, un corto circuito istituzionale, uno schiaffo in faccia, legittimo e democratico, contro la politica sorda e insipiente che continua a tagliare servizi a chi già non ne ha.

    Non sono farneticazioni, ma il sintomo evidente e concreto della delusione diffusa che si registra sul campo, sul posto, per le strade, sotto i campanili, in Agnone e in tutto l’Alto Molise. E i cronisti locali questi sentimenti devono registrare, perché un giornale anche a questo serve, a dare voce ai cittadini e a spronare all’azione, anche alla protesta eclatante, se serve, gli amministratori, i sindaci appunto i portatori sani di fascia.

    La fascia tricolore, quella che usano solo per le processioni e i tagli dei nastri di opere pubbliche dalla dubbia utilità, non è il simbolo del potere personalistico di chi la cinge pro tempore, ma l’emanazione del mandato della sovranità del popolo. Quel popolo che oggi chiede di protestare, anche in forme eclatanti.

    Francesco Bottone

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