«In Alto Molise abbiamo bisogno di un ospedale di area disagiata così come conformato dal decreto Balduzzi». Chiaro e perentorio l’assessore comunale e vicesindaco di Agnone, nonché medico ospedaliero in pensione, Giovanni Amedeo Di Nucci, invitato dal consigliere Greco a prendere la parola in rappresentanza dell’amministrazione comunale di Agnone.

«In quel decreto c’è scritto tutto ciò di cui l’Alto Molise ha bisogno. – ha continuato il vicesindaco – Un Pronto soccorso, un reparto per acuti, un sistema di radiologia, la telemedicina e la telerefertazione. L’amministrazione comunale è di questa opinione: indiscutibilmente contrari alla ipotesi di trasformare il “Caracciolo” in un ospedale di comunità». «L’ospedale di area disagiata ha bisogno di risorse – ha proseguito Di Nucci – e solo se abbiamo medici a disposizione possiamo farla funzionare. Non ci vuole molto per organizzarla per turni, ma la completezza dell’organico medico e infermieristico è la premessa per poter organizzare i servizi. Ho chiesto direttamente ai commissari che cosa volessero fare. Conosco personalmente Ulisse Di Giacomo e gli ho chiesto cosa volessero fare, come struttura commissariale, dell’ospedale di Agnone. Ho ricevuto la conferma che vogliono riconvertire il “Caracciolo” in ospedale di comunità. Allora faccio un po’ di conti e vedo cosa significa avere un ospedale di area disagiata e cosa invece un ospedale di comunità. Oggi ad Agnone sono impiegati, in ospedale, una sessantina di professionisti, che non mi pare sia un’enorme spesa per la sanità regionale. Un ospedale di comunità, invece, funziona con un coordinatore infermieristico, altro personale infermieristico e operatori socio sanitari, poche unità. Quindi fate il conto di quanti dipendenti che oggi lavorano al “Caracciolo” corrono il rischio di non poter più svolgere la loro attività professionale. Ci saranno quindi delle conseguenze gravi non solo a livello di servizi sanitari, ma anche occupazionali. La scelta è chiara: non possono, per il semplice fatto che l’ospedale costa nove milioni, chiudere un ospedale in una zona che già soffre la carenza di tutti i servizi. Non è assolutamente possibile questa scelta. I commissari mi hanno detto: voi oggi non avete nulla e noi vi stiamo dando qualcosa. Io ho risposto categoricamente: noi vogliamo quello che ci riconosce il decreto Balduzzi, gli altri problemi non sono nostri».