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  • Un secolo di coraggio e amore: i 100 anni di zà Antonietta, memoria vivente di Poggio Sannita

    La vita è un romanzo: il titolo del celebre film si addice perfettamente all’esistenza della signora Antonia Antinucci, per tutti zà Antonietta, di Poggio Sannita, che oggi, 18 dicembre, compie 100 anni.

    Un’infanzia difficile, segnata dalla povertà e dai sacrifici, vissuta all’interno della tipica famiglia patriarcale dell’epoca, che relegava la donna a un ruolo marginale e subordinato alle decisioni del padre, quando non del nonno. Ma Antonietta, giovane donna dalla personalità forte e coraggiosa, seppe ribellarsi a quello stereotipo. Seguendo i propri sentimenti e non le volontà familiari, prese in mano il suo destino e fece scelte decisive per il futuro. Ancora minorenne, fuggì a Roma per sottrarsi a un matrimonio combinato e sposare Pasquale, l’amore della sua vita.

    Lucidissima, racconta: «Volevano farmi sposare con una persona che mi era indifferente, mentre io ero innamoratissima e già promessa al mio ragazzo. Per amore si fa tutto. Così scappai a Roma, da alcuni parenti; lui mi raggiunse da Orvieto, dove era militare di leva, e ci sposammo nella chiesa di Cristo Re. Pasquale non rientrò in caserma e tornammo in paese. Le famiglie, messe di fronte all’evidenza, accettarono la nostra volontà e ci riaccolsero. A mio marito la fuga costò il richiamo alle armi e altri diciotto mesi di ferma. Avendo già un figlio neonato, gli fu risparmiata l’accusa di diserzione e il carcere militare di Gaeta».

    È il 1945: la guerra è finita, ma persa. Il dopoguerra di macerie, miseria e privazioni si manifesta subito in tutta la sua durezza. Pasquale è costretto a emigrare, mentre Antonietta resta a casa con i figli, tre nel frattempo. «Andavo a lavorare come bracciante agricola, a giornata. Partivo all’alba con un figlio in testa, uno in grembo e l’altra per mano. La fame era tanta. Conservavo in tasca il pezzetto di salsiccia che a volte ci davano, insieme a un tozzo di pane, per portarlo la sera ai bambini», ricorda commossa.

    Dopo il rientro del marito, la coppia torna a Roma verso la fine degli anni Settanta, grazie a un lavoro stabile e alla necessità di “sistemare” l’ultima figlia. Con la pensione arriva il definitivo ritorno a Poggio Sannita. Qualche tempo dopo, il dolore più grande: la prematura scomparsa dell’amato Pasqualino. «Ci siamo sempre profondamente amati e rispettati. Le difficoltà non mancavano, ma l’amore ha prevalso su tutto».

    Il vuoto lasciato da Pasquale viene colmato dall’arrivo di nipoti e pronipoti, che oggi la festeggiano insieme ai figli, alle istituzioni e all’intera comunità. Zà Antonietta è sempre stata, ed è ancora, una donna bellissima, nell’aspetto come nell’animo. Ha attraversato due secoli: il Novecento, nato nella civiltà contadina e concluso con la rivoluzione digitale, e il nuovo secolo, segnato da pandemia, guerre e intelligenza artificiale. Tempi lontanissimi dal suo modo di essere, che osserva con curiosità discreta.

    Mai in collera con nessuno, ha sempre una parola buona per tutti. Carattere mite e rispettoso, umile ma mai arrendevole. Non si è mai persa d’animo: ha lavorato con dignità, guardando avanti con fiducia e determinazione. Ha educato figli e nipoti con un amore profondo e rassicurante. I nipoti ricordano come, dopo qualche marachella, trovassero rifugio da lei, al riparo dai rimproveri dei genitori.

    In buona salute, lucidissima e autonoma, vive da sola la sua quotidianità: accende il fuoco, cucina, riordina la casa, guarda la televisione, fa qualche telefonata e soprattutto recita le sue amate preghiere. Un’esistenza limpida, vissuta da credente autentica. L’immagine che più la rappresenta è quella di lei affacciata al balcone, dall’alto del suo secolo di storia, mentre saluta il passaggio della Madonna delle Grazie in processione, lanciando una cascata di petali di rosa raccolti con devozione sincera e commovente.

    Una messa in suo onore è stata celebrata dal parroco don Paolo Del Papa, che ne ha esaltato la fede definendola «un vero polmone che dà ossigeno vitale alla nostra parrocchia». Il sindaco Pino Orlando le ha reso omaggio con una pergamena e con un caccavo miniaturizzato, simbolo delle radici e dell’identità sannita della concittadina più longeva.

    Alla signora Antonia vanno gli auguri più sentiti dell’intera cittadinanza, ai quali si uniscono quelli della redazione de l’Eco online.

    Tonino Palomba

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