Regione Molise Inutile: ha ragione Cottarelli o il duo Iorio/Frattura?
Eminenti esponenti politici che oggi sono al Governo del Molise, nel 2010, quando erano all’opposizione, dichiararono: il Molise è giunto al capolinea. Una stagione si è chiusa e nessuno ha il coraggio di immaginare il futuro in un contesto di regressione culturale prima che economica e sociale. Il livello del confronto politico è modesto e ciascuno rincorre, a destra e a manca, scialuppe monoposto. Nessuno osa far di conto con un Prodotto Interno Lordo che crolla, con un tasso di occupazione basso, un’economia reale in affanno e una spesa pubblica incapace di reggere l’urto contestuale delle crisi settoriali e aziendali. Eppure ad Agnone anticipando tutti si sono già avviati su una nuova strada “ Chiudiamo la Regione e non l’Ospedale “.
E, aggiunsero: Se il Molise deve scegliere tra il conservare un simulacro di autonomia istituzionale ed i diritti dei cittadini, per me non c’è discussione.Prima la sanità, la scuola, i trasporti locali, l’assistenza sociale e poi la burocrazia.
Questa posizione, che faceva onore a quegli esponenti, era condivisa, sotto traccia da tutti i tantissimi amministratori e cittadini onesti e a posto con la loro coscienza. Perché nessuno di loro era tanto ingenuo o incapace da non conoscere la realtà dei fatti.
A. La situazione economica molisana
L’economia del Molise è stata subordinata ed è ancora subordinata ad una politica che andava e va sotto il nome diAssistenzialismo. Dopo anni di risultati chiaramente negativi, sono stati i più a chiedersi fino a che punto una crescita che fa leva principalmente sui sevizi pubblici (Impiego pubblico, pensioni di invalidità, commesse pubbliche, istituzioni pubbliche, …..) sia in grado di assicurare le basi di uno sviluppo duraturo e auto sostenuto nel tempo. Peraltro l’ Assistenzialismo è, oggi, messo fuori gioco, sia per questioni oramai storiche sia per un sentire comune. Dal punto di vista storico, In Europa, con la “Dichiarazione solenne sull’Unione europea” adottata dal Consiglio europeo di Stoccarda nel giugno 1983 e con il trattato di Maastrich del 1991, erano state poste le basi per arrivare ad una moneta unica europea, il che in soldoni significava che l’Italia non poteva giocare più su svalutazione ed inflazione per sistemare i propri conti e le proprie vertenze sindacali, a danno esclusivo delle categorie più deboli del Paese. Con la stretta di Maastrich, il mondo imprenditoriale non gradiva più i costi, come quelli dell’amministrazione pubblica, che aumentavano gli effetti dell’inflazione. Non c’era più tanto spazio per politiche clientelari o quant’altro. In conclusione, la finanza pubblica iniziava il suo inevitabile cammino verso un maggior controllo nazionale e internazionale.
B. Solidarietà nazionale e internazionale
La solidarietà, che dopo il ’45, aveva caratterizzato il mondo occidentale, è andata pian piano riducendosi sotto la pressione, da una parte, di egoismi, intolleranze, e, dall’altra, dalla verifica continua dello spreco di risorse che è derivato da forme estese e generalizzate di assistenzialismo. E’ andata così rafforzandosi, nel tempo, la richiesta di una autonomia finanziaria delle regioni più ricche e fortunate, rispetto ad altre meno fortunate, il tutto giustificato dal lassismo e dalla inefficienza con cui la classe dirigente meridionale, in special modo quelle campana, calabrese e siciliana, ha amministro le regioni più povere del SUD. Il tutto sta sfociando in un federalismo fiscale che porterà ad una riduzione drastica dei trasferimenti di risorse dallo stato alle regioni.. A questo aggiungasi che l’Europa ha allargato i suoi confini ai paesi dell’area comunista, con la logica conseguenza che molte risorse finanziarie, fino ad allora riservate al sud Italia, oggi sono riservate a quei paesi.
C. Il contesto ambientale e culturale
E’ molto improbabile che un bambino nato in Molise possa parlare più di 2 lingue (la seconda in termini molto elementari); viceversa, è certo che un bambino che nasce in un paese di confine (es. Belgio) riesca a parlare anche 4-5 lingue. Cosa vuol dire questo: vuol dire che la comunicazione, i contatti, le relazioni influenzano in modo assoluto le conoscenze di una persona, le conoscenze di un popolo. Il Molise, con la creazione della Regione e del conseguente distacco dall’Abruzzo, pende verso il versante tirrenico, il versante dove il fiume delle conoscenze è molto ridotto rispetto a quello adriatico. Si usa dire, tra gli economisti, che il Nord dell’Italia è rappresentato da Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Marche, Abruzzo, Puglie, il Sud è rappresentato da Liguria, Toscana, Lazio, Campania, Calabria, Basilicata….Insomma, sono gli Appennini che disegnano il Nord e il Sud dell’Italia. Non a caso, le regioni che sono al di là degli appennini sono le regioni che stanno meglio, le altre stanno peggio, molto peggio. La creazione della Regione Molise e, in particolare, quella della Provincia di Isernia hanno, di fatto, ridotto di molto i contatti del Molise con la dorsale adriatica, cioè con quella dorsale dove il fiume delle conoscenze scorre meglio e più velocemente. Più volgarmente il Molise è stato costretto ad affacciarsi sul mondo non certo brillante della Campania e del Lazio, piuttosto che su quello delle Marche e dell’ Abruzzo. Si disse: ma i paesi dell’Abruzzo confinanti non se la passano meglio dell’Alto Molise. Ribatto: il territorio dell’Alto Vastese, dell’Alto Sangro e dell’Alto Molise formavano un territorio, coincidente con la Diocesi di Trivento, e con lo storico Altosannio, omogeneo per interessi e per cultura. La sua spartizione in 2 regioni e 4 provincie ha condannato tutti.
D. La Dimensione
La Regione Molise ha un bilancio che vede le sue risorse assorbite, per lo più, da sanità e spese correnti per il mantenimento delle istituzioni regione e provincie. Ne consegue che mancano le risorse per investimenti più propriamente produttivi. Questo vuol dire una sola cosa: la regione Molise non ha le dimensioni giuste per promuovere la progettualità congrua con le esigenze di sviluppo della sua popolazione.
E. Risultati concreti
La eliminazione della provincia di Isernia, le vicende degli ospedali di Agnone, Venafro e Larino, lo spopolamento, fuori dal normale, di interi territori interni, la smobilitazione di importanti organi e funzioni dello stato, ecc… ecc… stanno lì a dimostrarlo.
F. Ipotesi di sopravvivenza
A fronte di questa drammatica situazione, c’è chi si affretta a proporre un maquillage della situazione attuale (riduzione delle indennità, chiusura di enti inutili, chiusura della sede di Bruxelles, e altre pensate del genere, che, seppur lodevoli, risultano colpevolmente tardive, pregne di peccato originale e, comunque, assimilabili a palliativi (come può essere un’aspirina che pretenda di curare una broncopolmonite). Oppure propone l’intervento caritatevole dei politici nazionali amici; in questo modo si continuerebbe a chiedere di essere assistiti e mantenuti, con il risultato di perpetuare il feudalesimo di pochi e l’addomesticamento delle coscienze di tutti gli altri. Insomma, invece di impegnarsi doverosamente nella riforma dell’attuale sistema organizzativo e amministrativo regionale e provinciale, sono molti coloro che pensano di proteggerlo e perpetuarlo.
A parte i dati oggettivi più sopra evidenziati: In presenza di difficoltà finanziarie dello Stato Italiano che avranno ricadute pesantissime sull’economia meridionale; in presenza di un federalismo fiscale in via di applicazione; in presenza di posizioni politiche che mirano a dividere l’Italia tra capaci di produrre e consumare e capaci SOLO di consumare, è indispensabile e vitale raccordarsi con zone e territori che nel tempo hanno dimostrato di sapersi affrancare, da un assistenzialismo che, seppure importante, finisce, per lo più, con il degenerare in un abnorme addomesticamento delle coscienze e delle capacità.
G. Conclusione
In conclusione, il motivo nella decadenza del Molise risiede chiaramente nella scelta di affidarsi quasi esclusivamente al finanziamento pubblico.
Oggi è evidente a tutti che l’esigenza della riduzione della spesa pubblica e il conseguente ridotto trasferimento di risorse pubbliche verso il Molise, pone questa regione di fronte a problematiche di notevole complessità che potranno portare, da una parte ad una forte riduzione di servizi e, dall’altra, ad un aumento della pressione fiscale di tipo locale. Su questa strada non c’è speranza e per l’Alto Molise si accentuerà il fenomeno di desertificazione.
Ma c’è un altro grande pericolo: insistendo sulla autonomia regionale e provinciale si rischia di restare del tutto isolati e indifesi di fronte all’ipotesi, per me nefasta, di aggregare la regione alla Campania e alla Calabria.
Attenzione, di fronte alle umiliazioni di false promesse e di inefficaci assistenzialismi, occorre prendere coscienza che i problemi di queste aree sono TERRITORIALI e non PARTITICI e bene farebbero tutti i politici locali ad unirsi tra di loro, contro un pericolo comune: una regione sempre più povera e isolata, con cittadini tartassati e privi di servizi.
*di Enzo C. Delli Quadri