PUBBLICHIAMO di seguito la lettera aperta firmata dal direttore della Caritas diocesana di Trivento e parroco di Castelguidone, don Alberto Conti.
Il sogno di Natale.
Fra due giorni celebreremo la festa del santo Natale.
Lo faremo tranquillamente, senza provare nessuna emozione. Per molti Natale è un’abitudine. Un giorno segnato in rosso sul calendario e che la tradizione vuole sia vissuto in famiglia. Una festa come un’altra. La maggior parte di noi farà le solite spese superflue, a dispetto della crisi che continua e con cui siamo costretti a fare i conti in tutti i restanti giorni dell’anno.
Nelle Chiese, frequentate per l’occasione, risuoneranno i canti natalizi che conosciamo a memoria. Nelle Messe i sacerdoti ripeteranno il messaggio del Natale: Dio si è fatto uomo e ha assunto i dolori, le gioie, le delusioni, le lacrime, le disperazioni, di tutti gli uomini e le donne della terra. Il Bambino adagiato nella mangiatoia da Maria e Giuseppe è il Figlio di Dio che ci ama di un amore senza limiti.
Sembra una rievocazione scontata, ma se solo sospendiamo per un attimo l’indifferente fluire degli atti scontati, segnati e resi ipocriti dall’abitudine, e poniamo la nostra attenzione sul significato profondo di questi momenti, delle stesse cose che compiamo senza particolari emozioni, ci accorgiamo che il Natale non è e non potrà mai essere un giorno festivo uguale a tutti gli altri. Il Natale è una festa della comunità, dell’apertura all’altro; è l’occasione per rimettere a posto i nostri conti con i nostri simili, i nostri fratelli e le nostre sorelle che con noi condividono il cammino su questa terra di tutti.
Mi ha sempre colpito il fatto che gli evangelisti, nella grotta di Betlemme, non pongono degli uomini soli, ma sempre gruppi di persone: i pastori vanno insieme a vedere con i loro occhi il Bambino appena nato. I Magi arrivano insieme ad adorare il Bambino. Il Natale chiede ad ognuno di ascoltare il pianto del Bambino che implora aiuto e protezione. Per questo il Natale non deve essere solo una festa da celebrare in famiglia, ma è l’invito a guardare i volti degli altri.
Il mondo che ci circonda è malato di egoismo, solitudine, razzismo, indifferenza, i poveri aumentano ogni giorno e tanti operai si ritrovano senza il lavoro che da dignità alla vita. Oggi, chi più e chi meno, tutti siamo portati a dare importanza a ciò che è vistoso, appariscente, brillante. Viviamo dentro una civiltà dello spettacolo e dell’immagine. Dobbiamo riflettere tutti insieme se è questa la risposta giusta al pianto di quel Bambino che sollecita il
nostro sguardo e ci dice di rivolgerlo, rivolgendolo a lui, a tutte le persone che vivono da soli i loro drammi e possono uscirne solo se tutta la comunità saprà capirli e affrontarli. Quest’anno – io credo – che il nostro sguardo debba rivolgersi ai tanti che, anche da noi, nei nostri piccoli paesi, sembrano posseduti senza speranza da una passione che ne stravolge le vite, ne condiziona i rapporti con le stesse persone che sono loro più vicine.
Solitudine, voglia di essere pari ai miti della società dell’immagine e del fittizio benessere: c’è sicuramente tutto questo nelle motivazioni che spingono tante persone a “cercare” la fortuna giocando alle cosiddette WP, chiamate anche “New Slot” cioè apparecchi elettronici che accettano solo monete.
Già nell’ultimo rapporto della nostra Caritas: “… quanto resta della notte”, molti sindaci e parroci avevano segnalato le loro preoccupazioni riguardo al gioco d’azzardo nei loro comuni. Nei giorni scorsi l’Agenzia delle dogane e dei Monopoli ha diffuso i dati delle somme consumate nelle slot machines nell’anno 2016. In ventisette paesi (quelli in cui si trovano le “macchinette”) della nostra diocesi di Trivento si spendono 15.575.020 di euro!
La cifra è terrificante. Per questo dobbiamo guardare a questo fenomeno dilagante e devastante con serietà, per questo ognuno di noi, con vero spirito cristiano e per onorare il senso più profondo del Natale, dell’appello nascosto nel pianto del Bambino della Grotta, dovrebbe fare qualcosa.
Che cosa? Noi possiamo solo parlare, rivolgendo le nostre parole a chi può intervenire. La prima parola è, perciò, un invito accorato a tutti gli esercenti di bar e tabaccherie che hanno queste infernali macchinette, per invitali ad eliminarle dai loro esercizi commerciali.
La seconda parola è per i sindaci perché sostengano, attraverso anche degli sgravi fiscali, gli esercenti che decidono di disinstallare le macchinette.
Nessuno sia lasciato solo, ma tutti dobbiamo impegnarci a sostenere con coraggio coloro che decidono di liberare i bar e tabaccherie dalle macchinette che promettono di cambiare la vita economica delle persone, ma che illudono e rendono schiavi.
La terza parola è rivolta a coloro che continuano a “giocare” e che sono diventati “dipendenti dal gioco”, che non sono in grado di controllare il proprio comportamento e consumano tutti i loro soldi. Sappiamo che molti sono stati costretti a chiedere soldi in prestito ad altri, indebitando le famiglie, distruggendo le relazioni più belle, i dialoghi più onesti e sereni, facendole precipitare nell’inferno delle continue liti, nell’abisso senza ritorno delle continue e livorose recriminazioni. Non è facile uscire fuori dalla dipendenza, ma l’esperienza ci dice che, insieme è possibile. Per questo rivolgiamo l’invito, da una parte a farsi aiutare e dall’altra a stare accanto con gesti concreti. Noi, come discepoli del Bambino nato a Betlemme, per quel che possiamo, continueremo a fare la nostra parte di farci prossimi a tutte le persone che hanno bisogno di essere sostenute, accompagnate ed aiutate.
Questo è il nostro sogno di Natale che vorremmo diventasse realtà per gli esercenti e per i dipendenti del gioco d’azzardo.
Un sogno che affidiamo a tutti “gli uomini di buona volontà”, perché, come ci insegnava dom Helder Camara: “Quando si sogno da soli è solo un sogno. Quando si sogna insieme è la realtà che inizia”. Sant’Efrem, paragonando il Natale a Gesù, cantava: “Quel giorno è simile a te; è amico degli uomini. Esso ritorna ogni anno attraverso i tempi; invecchia con i vecchi, e si rinnova con il bambino ch’è nato… Sa che la natura non potrebbe farne a meno; come te, esso viene in aiuto degli uomini in pericolo. Il mondo intero, o Signore, ha sete del giorno della tua nascita… Sia dunque anche quest’anno simile a te, porti la pace tra il cielo e la terra”. Un affettuoso saluto, con la speranza che, grazie all’impegno responsabile di tutti, il sogno diventi realtà. E, allora, così ci riconcilieremo con noi stessi, con lo spirito autentico del Natale. E il Natale, il Natale di quest’anno, sarà finalmente un Natale vero.
Gioco d’azzardo, l’appello Caritas ai sindaci: «Bruciati 15milioni di euro, mettete al bando le slot»
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