AGNONE – Una lunga e appassionata lettera per denunciare lo stato di salute, assai precario, in cui versa l’ospedale San Francesco Caracciolo di Agnone. Destinatario il presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella. Mittente il comitato “Il Cittadino c’è” nato a salvaguardia della struttura di frontiera a cavallo tra l’alto Molise e l’Abruzzo. Nella missiva, a firma del presidente del comitato, Enrica Sciullo, ancora una volta viene messo in evidenza come l’ospedale altomolisano, malgrado il riconoscimento di struttura di area particolarmente disagiata, continua a perdere servizi vitali non garantendo più il diritto alla salute sancito all’articolo 32 della Costituzione. Di seguito riportiamo la lettera integrale a Mattarella.
siamo qui a scrivere questa lettera aperta a Lei, massima autorità dello Stato, garante della Costituzione, dei diritti di tutti noi italiani ed esempio massimo del buon padre di famiglia, inteso come grandissimo esempio di rigore, onestà e abnegazione.
Rappresentiamo un comitato civico “Il Cittadino c’è” impegnato da anni nella lotta per la tutela e la difesa dei servizi sanitari nell’Alto Molise. Non rappresentiamo interessi di qualsivoglia natura politica, economica, privata o pubblica.
Rappresentiamo noi stessi, le nostre famiglie, la nostra comunità e diamo voce a tutte le persone che non ne hanno.
Il territorio in cui viviamo è: montuoso, sismico, ha collegamenti viari carenti spesso interessati da movimenti franosi, condizioni climatiche molto avverse per lunghi periodi dell’anno, un’altitudine media dei comuni all’incirca di mille metri sul livello del mare, il più alto indice di vecchiaia e uno dei più bassi indici di presenza di giovani. Per farla breve rappresentiamo uno spaccato delle aree interne più disagiate della nostra penisola in cui la gente sopravvive facendo affidamento, per quanto è possibile, sulla sua tenacia e sulle sue sole forze. Non siamo abituati a lamentarci ma, non possiamo accettare passivamente che ci sia tolto anche il nostro diritto alla salute. L’Ospedale di riferimento, il “San Francesco Caracciolo” di Agnone, era un’eccellente struttura sanitaria e, fino quando ha potuto operare attivamente, ha sempre assicurato e assicura ancora, pur con i limiti dei tagli subiti, assistenza e servizi sanitari non solo all’Alto Molise, ma all’Alto Vastese e all’Alto Medio Trigno.
La nostra regione, il Molise, è da 10 anni in piano di rientro.
Nonostante il controllo e l’attenzione rivoltaci del Ministero della Salute il debito è cresciuto; si sono chiusi reparti e servizi che garantivano assistenza H 24 sostituendoli, nella migliore delle ipotesi, con ambulatori settimanali o addirittura mensili. Tutto ciò ha comportato, per le persone con gravi problemi di salute, un esodo verso altre realtà, naturalmente per chi può permetterselo e ha una rete famigliare tale da garantire un minimo di assistenza. Per la stragrande maggioranza della popolazione con basso reddito questo ha significato e significa la rinuncia alle cure.
Il blocco del turn-over, dovuto al piano di rientro, ha creato carenza di personale e grandi difficoltà a garantire i servizi, perché si dà la priorità a bacini più popolosi, trascurando il nostro perché numericamente insignificante generando uno squilibrio enorme e ingiusto nell’accesso alle cure; abbiamo i ticket più alti in una regione, dove il reddito procapite è il più basso, con un’economia da sempre in crisi.
Tutto questo si ripercuote sul nostro territorio in maniera drammatica.
Sì, Signor Presidente non usiamo a caso questa parola.
E’ un dramma per una persona anziana dover arrivare nella migliore delle ipotesi a 50 Km per curarsi, se mancano anche i collegamenti con mezzi pubblici nelle diverse fasce del giorno che gli facilitino gli spostamenti …
E’ stato un dramma quanto accaduto l’inverno scorso: la sospensione del servizio dialisi e il relativo trasferimento dei pazienti all’ospedale di Isernia per tre giorni. Questo non ha certo favorito il benessere di una malata deceduta al rientro dal trattamento.
Nel pensiero imperante l’essere numericamente pochi fa di noi persone con meno diritti, infatti:
Non abbiamo diritto ad avere un reparto di chirurgia: ci propongono una day surgery che in verità non è altro che una chirurgia ambulatoriale. Questa scelta non garantisce al pronto soccorso una tempestiva consulenza chirurgica in emergenza e intasa il pronto soccorso dell’ospedale di riferimento anche con problematiche gestibili in loco. Nel tempo questa politica sarà perdente perché costosa per il bacino d’utenza che rappresentiamo e, visti i collegamenti viari disastrati non favorirà la mobilita attiva verso il nostro ospedale.
Non abbiamo diritto a una Lungodegenza: i nostri malati dopo la fase acuta non avranno la possibilità di usufruire della stabilizzazione delle cure presso questo reparto. Questo comporterà la scelta inevitabile di tornare nelle proprie case per non gravare economicamente sulle famiglie con tutte le problematiche e i pericoli di ricaduta a esse correlate.
Non abbiamo diritto a un Pronto Soccorso: con figure specialistiche dedicate, (negli anni promesse e ancora assenti); non abbiamo diritto alla presenza del medico Anestesista H24: unica figura che in emergenza garantisce assistenza e stabilizzazione dal neonato al centenario; alla presenza di un Pediatra H24: nel nostro territorio è presente un unico pediatra di libera scelta, negli orari canonici. Manca completamente una guardia pediatrica notturna e festiva o una qualsiasi forma di assistenza pediatrica H24, sia pubblica sia privata, per i nostri figli e nipoti.
Non abbiamo diritto a una TAC operativa H24… e dicono che il nostro è un Pronto Soccorso!
Signor Presidente, il nostro Ospedale è l’unica struttura che può garantire un minimo di assistenza in emergenza quando, il 118 impegnato in un soccorso, a causa dei tempi, delle distanze da coprire e delle avverse condizioni meteorologiche, lascia il territorio scoperto per ore. Senza di esso le persone aspetterebbero invano un soccorso che troppo spesso tarda. L’ospedale sul territorio dovrebbe permette di assicurare la presenza di personale specialistico dedicato per una rapida assistenza oltre al rapido avvio dei protocolli di soccorso per le patologie tempo correlate in attesa del reperimento di un trasporto adeguato e in sicurezza dei pazienti.
Ci hanno riconosciuto l’area disagiata perché non ci sono i tempi tecnici per garantire l’emergenza/urgenza ma, di fatto, ci hanno configurato in maniera tale da non poterla garantire.
Ci aiuti Lei, abbiamo un Ospedale di Area Particolarmente Disagiata, ma ci permetta Signor Presidente il nostro è un Ospedale di Area Particolarmente Disgraziata.
La doppia disgrazia è per noi aver scelto consapevolmente di vivere in territori che nel tempo si vanno spopolando. La scarsa attenzione rivolta nel passato a essi nella programmazione dei servizi e delle opere infrastrutturali di salvaguardia del territorio ha fatto sì che la nostra sia un’economia prevalentemente agricola fondata sulla piccola impresa e la lavorazione dei prodotti lattiero caseari.
Apparteniamo a quei piccoli imprenditori che sono l’ossatura della nostra economia, quelli che pagano sempre e quando hanno bisogno di servizi devono andare a cercarli altrove. Siamo terra di conquista nel periodo che precede le elezioni per essere in seguito dimenticati e abbandonati a noi stessi. Rappresentiamo ciò che oggi come oggi va poco di moda: valori e principi basati sul rispetto delle persone e dei territori. Crediamo nei nostri principi li riteniamo valori fondanti che hanno ispirato nel passato anche la Costituzione Italiana.
Ci aiuti Signor Presidente a tutelare il nostro passato e il nostro futuro. Quale paese può dirsi civile se non difende il passato rappresentato dai nostri anziani e il futuro maestosamente e gioiosamente rappresentati dai nostri figli?
Ci è rimasta solo la dignità ci aiuti affinché gli eventi non ci rendano la vita più amara di quanto già non sia.