Sono 16.700 i lavoratori in nero in Molise, secondo un’elaborazione dell’Ufficio studi della Cgia di Mestre basata su dati Istat del 2015, gli ultimi disponibili. Fra le prime regioni d’Italia dove esiste il fenomeno le regioni del Sud Italia tra cui la Campania (con 382.900), Sicilia (con 312.600), Puglia (con 235.200), Calabria (146.000) e appunto il Molise (16.700).
“Nel Sud, ad esempio, dove la presenza è diffusissima”, evidenzia il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo, “possiamo affermare che il sommerso è anche un vero e proprio ammortizzatore sociale. Sia chiaro, nessuno vuole giustificare il lavoro nero legato a doppio filo con forme inaccettabili di caporalato, sfruttamento e mancanza di sicurezza nei luoghi di lavoro. Tuttavia, quando queste forme di irregolarità non sono legate ad attività controllate dalle organizzazioni criminali o alle fattispecie appena richiamate, costituiscono, in momenti difficili, un paracadute per molti disoccupati o pensionati che altrimenti non saprebbero come conciliare il pranzo con la cena”.
In tutta Italia i lavoratori in nero sono oltre 3,3 milioni: dipendenti che fanno il secondo/terzo lavoro, cassaintegrati o pensionati che arrotondano le magre entrate o disoccupati che in attesa di rientrare nel mercato del lavoro sopravvivono coi ricavi di un’attivita’ irregolare. Secondo la Cgia, “per contrastare questo fenomeno la reintroduzione dei voucher potrebbe essere una prima risposta”.
“I voucher”, argomenta il segretario della Cgia Renato Mason, “erano stati concepiti dal legislatore per far emergere i piccoli lavori in nero. Se in alcuni settori c’è stato un utilizzo del tutto ingiustificato di questo strumento, paradossalmente il problema dei voucher non è ascrivibile al loro eccessivo ricorso, ma, al contrario, per essere stati impiegati pochissimo in particolar modo al Sud, dove la disoccupazione è molto elevata e l’abusivismo e il sommerso hanno dimensioni molto preoccupanti. Eliminarli, quindi, è stato un errore”.