BELMONTE DEL SANNIO – «Il primo cittadino ha tutto il diritto di proporre, e personalmente lo auspico, azione giudiziaria nei miei confronti, onde giungere ad un chiarimento nelle sedi istituzionali preposte».
Don Francesco Martino, parroco di Belmonte del Sannio, ribatte così alle dichiarazioni del sindaco, Anita Di Primio, la quale ha annunciato il ricorso alle autorità, ecclesiastiche e giudiziarie, in merito alla plateale protesta messa in campo dal sacerdote: disertare la processione dell’Addolorata in segna di protesta contro la decisione di spostare da un posto all’altro, senza il suo consenso, i fuochi pirotecnici.
«Preciso soltanto alcune cose: il giorno 30 giugno 2019 ufficialmente è stato sciolto il comitato feste; – spiega il parroco – i consiglieri comunali Adele Scoppa e Manuele Nibbio, esponenti della maggioranza del sindaco, si sono offerti di raccogliere offerte per garantire l’animazione religiosa tradizionale delle feste, banda e fuoco pirotecnico, ed hanno avuto nel mese di luglio ed agosto una formale lettera con la quale erano autorizzati in nome e per conto dell’ente Parrocchia Ss. Salvatore a raccogliere puramente offerte. Nessuna comunicazione ufficiale per settembre, per cui non esiste alcun comitato Madonna Addolorata; tutte le richieste di forza pubblica con programma delle manifestazioni sono state regolarmente presentate via PEC a Questura, Comune, Comando dei Carabinieri dal sottoscritto, legale rappresentante dell’ente che è l’unica autorità che doveva essere informata e le ultime con PEC del 6 settembre 2019; né a questo ente, né al sottoscritto, è giunto mai dall’amministrazione comunale alcun atto ufficiale che segnalasse o vietasse i fuochi pirotecnici in quel luogo, purtroppo neppure verbalmente, se non la mattina del 15 settembre 2019 alle ore 10.35 dinanzi al Caffè Risorgimento da parte dei suddetti consiglieri, con la comunicazione dello spostamento arbitrario dei fuochi in un luogo non concordato ed in contrasto con le norme ecclesiastiche in materia di Feste Patronali/processioni, senza minimamente e preventivamente interpellare l’autorità ecclesiastica, il legale rappresentante, di fatto con grave sgarbo istituzionale. Come legale rappresentante di un ente riconosciuto con decreto del Ministero dell’Interno non posso accettare questo modo di fare, – insiste don Martino – in quanto sono stati altri a decidere in materia di mia competenza, per mettermi davanti ad un fatto compiuto ed entrando anche in ambiti religiosi di svolgimento di una processione. Ricordo che il principio di leale collaborazione tra istituzioni e il procedimento amministrativo sono costituiti da atti ufficiali comunicati nei dovuti modi, non da decisioni comunicate e prese in modo arbitrario. Perché al sottoscritto nulla è stato ufficialmente comunicato per trovare soluzioni alternative con largo anticipo? Come mai, come sembra, l’autorizzazione per il luogo del fuoco pirotecnico è stata fatta in Via Roma e poi corretta a penna? Perché non è stato emesso divieto formale preventivo per ordine pubblico, anche con la scusa di disturbo agli animali, per esempio, e mai notificato? Ovviamente io ho voluto dare prova di buona volontà accettando che due consiglieri comunali di maggioranza, che si sono offerti, collaborassero per la raccolta delle offerte e questo è stato un errore fatto in buona fede, per assicurare un minimo di dignità alle feste religiose di quest’anno, mentre occorreva tenere separate le sfere civili e religiose con nettezza, come sempre avevo affermato attirandomi contestazioni interne dai miei stretti collaboratori. Il primo cittadino sottintende altri motivi: il parroco, da quando è iniziato il processo elettorale in questo paese, è stato fatto oggetto di continue calunnie gratuite e invenzioni di atti di turbamento dell’elettorato basate puramente su illazioni sulle sue amicizie storiche, di azioni losche a mezzo lettere anonime partite guarda caso il 29 aprile, primo giorno della campagna elettorale, agli organismi competenti, di affermazioni del tipo che dopo le elezioni sarebbe stato cacciato, con una situazione di destabilizzazione della Parrocchia che lo ha costretto a sciogliere gli organismi di Amministrazione, Consiglio Affari Economici e preventivamente lo hanno indotto, il 30 giugno 2019, a presentare ufficialmente le sue dimissioni, mai ritirate e ancora sui tavoli deputati a decidere, sia per malattia che per impossibilità a svolgere le sue funzioni, ma per rispetto è rimasto al suo posto prima dell’accettazione delle stesse e ha cercato di mantenere un comportamento rigoroso, istituzionalmente corretto e ineccepibile, cercando di rapportarsi con l’amministrazione Comunale nelle dovute forme amministrative ed istituzionali. Forse il primo cittadino ha veramente ragione: sotto c’è dell’altro».