AGNONE – riceviamo da Armando Bartolomeo e volentieri pubblichiamo:
Ho letto con molta attenzione l’editoriale di Francesco Bottone, riconoscendogli uno spiccato spirito di umorismo nel descrivere la drammatica fine del nosocomio alto molisano. La rana bollita a fuoco lento rende perfettamente l’idea.
Voglio, però, ricordare che quando la povera rana fu immersa nell’acqua fredda, in attesa di lessarla a dovere, fui uno dei pochi che cominciò a lanciare segnali preoccupanti. Ero consigliere provinciale di opposizione nel 2003 quando l’allora assessore alla sanità della regione Molise, Gianfranco Vitagliano, ci venne a esporre il piano sanitario che la giunta Iorio aveva predisposto. In quel piano veniva chiaramente detto quello che poi è accaduto all’ospedale di Agnone e a tutta la sanità pubblica regionale. Da allora ho sempre cercato di coinvolgere altri colleghi amministratori, di tutti gli schieramenti, affinché ci si muovesse al riguardo. Ma vuoi per connivenza con il nuovo potere nella sanità privata che andava consolidandosi, vuoi per le false promesse fatte agli amministratori agnonesi che allora sbocciavano nelle mega riunioni del teatro Italo-Argentino, il sottoscritto veniva tacciato di essere un menagramo. Tutto fino a quando, finalmente, gli agnonesi, molto tempo dopo i venafrani e i larinesi, hanno preso coscienza del problema, tanto da costituire un valoroso comitato, attualmente presieduto dalla valida Enrica Sciullo (da non dimenticare il contributo di Don Francesco Martino, nda) che ci ha permesso di ottenere anche qualche vittoria giudiziaria, panacea momentanea ma non risolutiva. Intanto la politica continuava a nutrirsi dei solenni giuramenti fatti sul palco del teatro agnonese. Qualcuno l’ha pagata cara, ma ormai i loro servigi politici erano, irrimediabilmente, usurati.
Ritengo di essere una persona di media intelligenza, piuttosto cerco di dare ampiamente fiducia ai miei interlocutori salvo prova contraria; però durante il periodo in cui ho svolto i mandati amministrativi ho cercato sempre di studiare le “carte”, come si suol dire nel gergo politico. Senz’altro il confronto continuo con Italo Marinelli e le consulenze di un “mostro” nella materia sanitaria come Peppino Astore, mi hanno sempre tenuto aggiornato sul tema. Penso di avere il diritto di continuare a poter dire la mia come già ho fatto in passato e recentemente sperando, intanto, di fornire qualche modesto contributo.
Le fumate nere venute fuori da Palazzo S. Francesco, come ampiamente spiegato da Bottone, raccontandoci di qualche “soffiata” ricevuta riguardo i temi sul tappeto, appaiono scontate; mi fanno venire in mente il manzoniano vaso di coccio tra i vasi di ghisa ma, soprattutto, l’episodio evangelico del “chi non ha peccato scagli la prima pietra”.
Mi sono meravigliato che tra i temi trattati dagli amministratori, a prescindere del “nulla di fatto” scaturito dal “Conclave”, oltre ai soliti rimedi eclatanti ma senza esiti proficui del tipo: restituiamo la fascia, parliamo con il prefetto (con tutto il rispetto, nda) o bruciamo i certificati elettorali – Masaniello docet -; non c’è stato nessuno che abbia parlato in modo serio del tanto sbandierato “decreto Balduzzi”. Questo decreto non è una chimera: solamente che andrebbe attrezzato, con altri passi normativi, per aver un’efficienza che potrebbe calzare perfettamente alle nostre esigenze. Mi sono confrontato qualche giorno fa sull’argomento con Caterina Cerroni, da qualcuno sensibilizzata a fare possibili passi a Roma, e abbiamo convenuto che questa sia l’unica strada percorribile. Inutile continuare con le solite improduttive e stancanti chiacchiere da bar e procedere con una vera e propria pressione sullo stato centrale a livello di ministeri dell’Economia e della Sanità. Tanto, la Regione, sull’argomento, è data per persa per il noto patrocinio che incombe su di essa; allora cosa c’è di meglio che spingere i sindaci con le fasce tricolori a recarsi a Roma a presidiare gli interessi di una popolazione allo stremo? Hanno potere e non si preoccupassero di calpestare i piedi di qualche potente, questo è davvero importante! E i certificati elettorali non vanno bruciati bensì utilizzati per dare conseguenza agli atti auspicati.
La rana è ormai cotta però potrebbe sempre intervenire il miracolo improbabile di San Vincenzo Ferreri, la leggenda dice che il santo spagnolo resuscitò un bambino cucinato a spezzatino per cena da una famiglia troppo povera; e noi lo siamo!
Armando Bartolomeo