Proprio quando il sottosegretario (?) della Regione Molise, Roberto Di Baggio, annuncia che sono stati ripartiti oltre 300mila euro tra i Comuni molisani per l’eliminazione e il superamento delle barriere architettoniche, proprio una barriera architettonica imprigiona un giovane paziente disabile del “San Francesco Caracciolo”.
Un fastidioso e inaccettabile déjà vu, come in un grottesco film sulla sanità che funziona solo per ingrassare le tasche dei dirigenti. Siamo al 22 dicembre 2020: ascensore fuori uso al “Caracciolo” e papà costretto a portare in braccio il suo figlio disabile fino al laboratorio analisi per un prelievo di sangue. Ieri era l’11 gennaio 2021: ascensore fuori uso al “Caracciolo” e papà costretto a portare in braccio il suo figlio disabile fino alla Radiologia, al secondo piano, per un esame. Incredibile, ma vero, è successo che a distanza di venti e più giorni dalla segnalazione di un guasto tecnico a carico dell’unico ascensore a disposizione degli utenti dell’ospedale di Agnone il problema non sia affatto stato risolto.
A combattere la battaglia per i diritti dei pazienti altomolisani è, ancora una volta, Nicola Di Filippo da Poggio Sannita e il suo ragazzo Manuel, insieme alla sua e loro carrozzina. Manuele è un giovane disabile e ieri aveva necessità di una radiografia. Un esame piuttosto banale che si è trasformato in un problema insormontabile a causa di quell’ascensore che non funziona da tre settimane. Manuel, in carrozzina, non sarebbe mai arrivato al secondo piano se non ci fosse stato il suo paziente e anche forzuto papà a portarlo in braccio, con la forza dell’amore, fino al laboratorio di radiologia.
Tre settimane fa era un prelievo di sangue. Proteste, caso mediatico, Florenzano che assicura una riparazione lampo su pressione, come se ce ne fosse bisogno, di Andrea Greco. Tutte chiacchiere. Venti giorni dopo siamo punto e capo: l’ascensore è sempre rotto, il pezzo di ricambio non pervenuto, come risulta disperso o caduto in battaglia il diritto di un giovane paziente di Poggio Sannita con evidenti difficoltà di deambulazione di prendere un banalissimo ascensore per avere accesso alle cure mediche. Non in Ruanda, ma in Molise, rectius in Alto Molise. Da dove debba arrivare questo fantomatico pezzo di ricambio non è dato saperlo. L’Asrem tiene la bocca cucita, evidentemente per la vergogna.
Il direttore generale, pagato profumatamente anche per risolvere i problemi della sanità molisana, ha assicurato, ma questo già tre settimane fa, il suo interessamento diretto. I fatti dicono che il suo impegno e il suo lavoro non sono stati affatto sufficienti. E nemmeno è accettabile che il diritto alle cure di un ragazzo disabile possa dipendere dalla forza delle braccia di un padre.
Francesco Bottone