Ne aveva fatto uno slogan che suonava più o meno così: basta multe a tradimento per far quadrare i bilanci comunali. Dichiarando guerra all’autovelox selvaggio. Tutto era iniziato a novembre scorso, quando il vice presidente della Camera in quota Forza Italia Simone Baldelli aveva presentato un’interpellanza urgente ai ministri delle Infrastrutture e dell’Economia, Graziano Delrio e Piercarlo Padoan. Per chiedere di “mettere fine al più presto a questo utilizzo distorto degli strumenti per la sicurezza degli automobilisti, impropriamente finalizzati ad alimentare le entrate nelle casse dei comuni”. Una richiesta che è poi diventata una mozione, approvata nei giorni scorsi a larghissima maggioranza dalla Camera con il parere favorevole dello stesso esecutivo di Matteo Renzi, per arrestare quello che è diventato ormai un vero e proprio incubo per tutti gli automobilisti.
MULTE A RAFFICA – Il documento impegna il governo “ad adottare ogni iniziativa utile” ad impedire “episodi di utilizzazione impropria degli apparecchi o sistemi di rilevamento della velocità” attraverso l’uso “di dispositivi o di mezzi tecnici di controllo a distanza”. Per di più violando lo stesso codice della strada che prevede l’obbligo di impiegare i proventi delle contravvenzioni “per manutenzione e messa in sicurezza delle infrastrutture stradali”. In pratica, spiega Baldelli a ilfattoquotidiano.it, se il governo tradurrà in fatti la sua mozione, “i Comuni non potranno più utilizzare gli introiti delle multe per sistemare a piacimento i propri bilanci, ma il loro impiego sarà vincolato, nella misura stabilita dalla legge, ad interventi specifici e mirati per il miglioramento della sicurezza stradale”. Non a caso, ricorda il vice presidente della Camera, gli Enti locali “dovrebbero inviare ogni anno una relazione telematica al ministero delle Infrastrutture e dei trasporti e al ministero dell’Interno con l’indicazione di quanto incassato con le multe destinando i loro provenienti da sanzioni comminate attraverso gli autovelox, al miglioramento della sicurezza stradale”. Invece, “entrambi questi obblighi restano spesso disattesi e non sanzionabili”. Per risolvere il problema, la mozione impegna l’esecutivo anche a “proporre al Parlamento, nel primo provvedimento utile, modifiche normative per disciplinare il meccanismo sanzionatorio attualmente previsto, così da superare le difficoltà oggettive rappresentate dall’impossibilità di intercettare i proventi – direttamente introitati dagli enti stessi, anche se inadempienti – per decurtarli della percentuale prevista a titolo di sanzione per l’inosservanza dei predetti obblighi”. In altre parole, i Comuni che dovessero violare i vincoli di impiego delle multe verrebbero a loro volta multati e si vedrebbero sottrarre una quota degli introiti delle contravvenzioni che sarebbero loro spettati.
SANZIONI AI COMUNI – “A tal fine – prevede ancora il testo – potrà essere valutato di prevedere che le risorse in parola siano introitate direttamente su apposito capitolo del ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, per essere riassegnate agli enti aventi diritto per la realizzazione di specifici piani di intervento conformi alle finalità di legge nonché di sostituire il predetto meccanismo sanzionatorio con sanzioni amministrative pecuniarie adeguate”. Insomma, le multe non finirebbero più in cassa ai Comuni ma al ministero,
che a sua volta li redistribuirebbe tra gli enti locali per la quota ad essi spettanti previo accertamento dell’osservanza dei vincoli posti a loro carico. Non solo. Il governo dovrà anche “presentare al Parlamento, entro il 30 settembre 2016, un report sullo stato di attuazione delle disposizioni”. Allo scopo di avere un quadro completo su “quali e quanti enti locali sono stati inadempienti rispetto agli obblighi di legge”. Insomma, vita dura per i furbetti dell’autovelox. “Una grande vittoria per i diritti dei cittadini e per la sicurezza stradale”, assicura Badelli che ha anche lanciato su Twitter l’ashtag #stopcassaconautovelox. Sempre a patto, ovviamente, che Palazzo Chigi faccia seguire agli impegni i fatti.
da Il Fatto Quotidiano