I Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale dell’Aquila, nel corso di una complessa e articolata attività d’indagine coordinata dalla Procura della Repubblica dell’Aquila, hanno recuperato un tabernacolo in pietra risalente al XVI-XVII sec. oggetto di furto, 144 beni di natura archeologica, 12 documenti archivistici risalenti al 1600-1800 e 2 dipinti olio su tavola risalenti al 1600 di provenienza delittuosa, indagando per il reato di ricettazione di beni culturali tre soggetti aquilani trovati in possesso dei beni.
L’attività ha avuto origine a fine agosto dello scorso anno, quando la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di L’Aquila e Teramo e il Provveditorato alle Opere Pubbliche Lazio Abruzzo e Sardegna, avevano segnalato e denunciato al Nucleo, il furto di un tabernacolo in pietra risalente al XVI-XVII secolo, collocato all’interno del Monastero della Beata Antonia, sito a L’Aquila in via Sassa. Il Monastero fu costruito fra il XIV ed il XV secolo, e risulta inagibile a seguito del sisma del 2009. Dall’inizio di quest’anno è oggetto di lavori affidati dal Provveditorato, che porteranno al suo consolidamento e completo restauro. Il manufatto, nonostante il sisma, non aveva subito danni e all’epoca si era preferito lasciarlo in attesa del recupero dello stabile, a differenza di altro materiale, in quanto murato nella parete. Un suo eventuale distacco lo avrebbe potuto infatti danneggiare in maniera irreparabile, ma ciò evidentemente non è importato agli autori del furto, al momento rimasti ancora ignoti.
I militari che già da tempo monitoravano il “mercato illecito di beni culturali”, avevano individuato e identificato un aquilano sospettato di essere coinvolto nella vicenda. La perquisizione concordata con l’Autorità Giudiziaria eseguita presso la sua abitazione, permetteva di rinvenire e recuperare il tabernacolo. Un bene di particolare pregio e finemente rifinito, ancora in ottimo stato di conservazione, costituito da due colonnine scanalate con capitelli compositi i quali sorreggono un’architrave modanata, con una cornice baccellata che descrive un arco a tutto sesto, e decorato infine con due teste di putti alati.
L’uomo inoltre aveva anche messo in vendita e a sua volta acquistato dal mercato on line, diverso materiale archeologico. Infatti è stato trovato in possesso di ben 140 beni di natura archeologica, tra cui un elmo, fibule, punte di freccia in bronzo, anelli, lucerne in terracotta, ghiande missili e ben 120 monete di natura archeologica, di cui 71 in argento e bronzo, di epoca romana databili dal II sec. a.C. al V sec. d. C., e le altre 49, di epoca medioevale databili dal XI al XVII sec..
Materiale come accertato dai funzionari della SABAP delle Province di L’Aquila e Teramo di interesse archeologico e numismatico, quindi bene culturale ai sensi dell’art. 10 D. Lgs 42/2004. Venivano altresì recuperati 12 documenti archivistici che lo studio effettuato dall’Archivio di Stato dell’Aquila, ha permesso di accertare essere in parte di natura demaniale risalenti al 1800 e di pertinenza dell’Archivio di Stato di Napoli e in parte di natura ecclesiastica, databile al 1600 e 1800 e di pertinenza dell’Archivio dell’Arcidiocesi di L’Aquila.
Le successive indagini permettevano di risalire ad un secondo soggetto aquilano coinvolto nella ricettazione del tabernacolo, nella cui abitazione veniva rinvenuto e sequestrato un dipinto del 1600 di buona fattura e del valore commerciale di alcune migliaia di euro. Il dipinto raffigurante il mezzobusto di una donna, era ricercato nella Banca Dati dei Beni Culturali illecitamente sottratti, il più importante database al mondo contenente immagini e descrizioni di opere culturali asportate illecitamente, gestito e in uso ai Carabinieri della Tutela del Patrimonio Culturale; era infatti oggetto di un’appropriazione indebita compiuta anni addietro ai danni di un commerciante romagnolo. Il dipinto risultava anche in parte alterato, presentando la figura di un aspide rispetto a quello ricercato, che ne ostacolava l’identificazione e la sua provenienza delittuosa.
Per tale alterazione la persona veniva indagata per il reato di cui all’art. 518 sexies c.p. (riciclaggio di bene culturale).
La medesima attività d’indagine nel corso di un’ulteriore perquisizione condotta all’interno della casa di un 59enne aquilano, risultato poi estraneo ai fatti, permetteva infine di sequestrare un dipinto olio su tavola risalente al 1600 di scuola napoletana, raffigurante una battaglia tra cavalieri, trafugato negli anni 90 dalla dimora di un privato a Roma, del valore commerciale di diverse migliaia di euro, e tre beni di natura archeologica provenienti da scavi clandestini, risalenti al IV sec. a.C., tra cui un contenitore ad un’ansa di ceramica attica a figure rosse di provenienza apula, un tipico skyphos, coppa a due anse, e una ciotola porta unguenti, entrambi a vernice nera.
L’eccezionale risultato è stato conseguito grazie alle indagini svolte dai Carabinieri dell’Arte coordinate dalla Procura della Repubblica di L’Aquila, nonché grazie alla sinergia e collaborazione con gli uffici del Ministero della Cultura (Soprintendenza, Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di L’Aquila e Teramo, Archivio di Stato di L’Aquila), che hanno consentito il recupero di beni che avrebbero potuto fruttare sul mercato illegale decine di migliaia di euro.
In particolare di assoluta importanza è stato il recupero del tabernacolo rubato presso una chiesa resa inagibile del Centro Storico di L’Aquila dal terremoto del 2009, presso cui tornerà una volta completati i lavori; reato particolarmente odioso se si pensa che ha avuto per oggetto un bene appartenente alla comunità aquilana, per giunta commesso all’interno di un edificio religioso colpito e reso inutilizzabile da quella immane tragedia.