Un cacciatore è stato imputato per esercizio della caccia con mezzi vietati perché nel settembre del 2012, quando non era consentita la caccia al cinghiale, a seguito di controllo degli agenti della Forestale veniva trovato in possesso di n. 7 cartucce caricate a palla la cui detenzione risulterebbe vietata dall’art. 23 della legge regionale n. 19 del 10/8/1993 come modificato dall’art. 1, comma 2, lett. f) della l.r. 9/9/2011 n. 23. Anche se dette cartucce erano legittimamente detenute in base alla legge dello Stato, gli agenti in virtù della norma regionale suddetta che dispone “l’assoluto divieto di uso e detenzione di munizioni a palla unica o a pallettoni durante il periodo di chiusura della caccia alla specie ungulati”, avevano deferito il cacciatore all’Autorità Giudiziaria. Durante il processo penale il difensore, l’avvocato Alfonso Tagliamonte, chiedeva al Giudice (Dott.ssa Ginesi) di voler esaminare e ritenere non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della legge regionale suddetta poiché: – i mezzi di caccia e in particolare le armi ammesse sono solo quelle indicate nell’art. 13 della Legge dello Stato 11/2/1992, n. 157; – le munizioni vietate, cioè che non possono essere detenute dai titolari di porto d’arma sono esclusivamente quelle indicate nell’art. 2 della Legge dello Stato 18/4/1975, n. 110; – in base al dettato della Costituzione, art. 117, c. 2, lett. d), lo Stato ha legislazione esclusiva in merito alle armi e munizioni, nonché, poi, alle norme e sull’ordinamento penale che dispongono l’applicazione in modo uniforme su tutto il territorio nazionale per cui non vi sono competenze in merito delle regioni; – che la stessa legge dello Stato n. 157/92 ha previsto all’art. 21, lett. U), infine, il divieto di uso di cartucce caricate a piombo spezzato esclusivamente nei confronti della specie ungulata ma non ha mai disposto il divieto di detenzione delle stesse munizioni durante l’esercizio venatorio. Il consigliere delegato alla caccia, Cristiano Di Pietro, ha presentato al Consiglio Regionale del Molise nel luglio di quest’anno una proposta di legge composta di un solo articolo che dispone l’abrogazione del divieto di detenzione di dette cartucce nei periodi vietati e anche nella relazione alla proposta di legge sono stati ritenuti da parte del proponente validi tutti i motivi per cui il difensore aveva sollevato al Giudice la questione di illegittimità costituzionale per cui è prevedibile che il parlamentino regionale approvi il disegno di legge. Durante il dibattimento l’avv. Tagliamonte (nella foto in basso insieme al consigliere regionale Di Pietro, ndr) ha ribadito che non è assolutamente consentito alla Regione intervenire in merito ad armi e munizioni e che la norma regionale posta a fondamento dell’imputazione è illegittima poiché la condotta che integra il reato in questione è costituita non già dalla semplice “detenzione” della munizione spezzata, bensì dal suo “uso”, il che implica una azione di impiego. La norma regionale è palesemente illegittima perché ha invaso profondamente la competenza statale esclusiva di cui all’art. 117, secondo comma, lettera d), della Costituzione che non e’ derogabile da parte della Regione. Il difensore ha poi concluso citando la recente sentenza della Suprema Corte n. 26424 del 24/6/2016 che affronta il problema delle rilevanza penale di una norma regionale. Ebbene la Cassazione ha affrontato il problema e ha ritenuto che in materia di caccia una diversa e più restrittiva previsione della legislazione regionale rispetto alle previsione della legge statale può rilevare solo come illecito amministrativo e non penale. Il Giudice ha accolto le tesi del difensore e ha mandato assolto l’imputato con la formula ampia “perché il fatto non è previsto dalla legge come reato” disponendo altresì la restituzione delle cose sequestrate.
Cartucce a palla singola in periodo vietato, assolto cacciatore molisano
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