Trasformare un problema in una risorsa per il territorio. E’ la chiave di volta per affrontare ogni criticità, lo sostengono da sempre gli esperti nei vari settori e pare che questo principio si possa applicare anche alla gestione della fauna selvatica, comparto sempre più problematico per l’intuibile conflitto con le attività antropiche.
«L’antico mattatoio torna a nuova vita. Grazie a un coraggioso imprenditore, che vi ha investito, beneficiando anche di un piccolo contributo del Gal Alto Molise, la struttura comunale ospita adesso un centro per il sezionamento e la lavorazione della fauna selvatica, autorizzato con il marchio di identificazione veterinario comunitario (bollo CEE). Un grazie, quindi, va rivolto a Teodorico Cenci che da circa un mese ha avviato una struttura destinata a crescere nel tempo, visto l’aumento della domanda che proviene dal mercato delle carni di selvaggina». Sono le parole del sindaco di Capracotta, Candido Paglione, che tra l’altro è un medico veterinario e dunque in qualche modo del settore, con le quali viene annunciata appunto l’apertura di una nuova attività, assolutamente inedita in Alto Molise. Si tratta della conversione del vecchio e dismesso mattatoio comunale in un centro di stoccaggio e lavorazione delle carni di selvaggina cacciata.
«I cinghiali non sono un problema, sono cibo e anche di alta qualità» ha da sempre sostenuto un noto cacciatore di zona. Ora quelle parole prendono forma e concretezza in questa nuova attività imprenditoriale a Capracotta. «E così, dopo l’avvio di diversi cantieri relativi a importanti opere pubbliche, – prosegue Paglione – a Capracotta arriva qualche buona notizia anche sul fronte delle iniziative imprenditoriali, nonostante il momento difficile, determinato dalla pandemia prima e dai rincari energetici dopo. Vedere riaccendere le luci di quello stabilimento è sicuramente motivo di soddisfazione per la nostra amministrazione comunale che si è prodigata perché potesse tornare a nuova vita. È anche un bel segnale per l’economia locale, che ci incoraggia ad andare avanti e a guardare al futuro con più ottimismo».
La selvaggina è incontrovertibilmente una scelta infinitamente più etica e salubre rispetto alla carne di allevamenti intensivi: non subisce trattamenti farmacologici preventivi, non è quindi imbottita di antibiotici, garantisce una riduzione della produzione di CO2 e del consumo di suolo e di acqua, inoltre limita l’impatto ambientale dovuto alle produzioni zootecniche. La selvaggina cacciata proviene da animali nati e vissuti in libertà, senza alimentazione forzata, senza antibiotici preventivi, senza gabbie e senza maltrattamenti. Le popolazioni di ungulati selvatici rappresentano una risorsa rinnovabile per eccellenza, in grado di fornire alimenti con eccezionali peculiarità nutrizionali, organolettiche ed a bassissimo impatto ambientale. Tali prerogative, che rispondono ad esigenze sempre più impellenti per la società moderna, vanno adeguatamente valorizzate attraverso un rigoroso processo produttivo che vede coinvolto in prima persona il mondo venatorio, con il cacciatore di selezione definito appunto dall’Unione Europea “produttore primario di selvaggina“. Le carni del bosco presentano meno grassi rispetto a quelle allevate e hanno un alto contenuto di acidi grassi Omega-3 dalle note proprietà benefiche. Inoltre la carne di selvaggina è una buona fonte di proteine e sali minerali come ferro e zinco. Carni dal bosco, a chilometro zero, super-biologiche, prelevate con metodi selettivi e con munizioni atossiche, senza piombo, perché l’animale viene prelevato senza subire nessuna forma di sofferenza o stress attraverso un abbattimento immediatamente mortale e quindi nel rispetto del benessere animale. Il nuovo centro che apre a Capracotta diventa ora lo strumento cardine per valorizzare le carni selvatiche di cinghiale. Il territorio dell’Alto Molise ha a disposizione altri utili strumenti, ad esempio l’istituto alberghiero di Agnone, ma anche la rete di ristoranti e agriturismi, per far entrare anche culturalmente queste nuove e prelibate carni nella filiera locale. Dal bosco alla tavola, sfruttando una risorsa praticamente infinita come la selvaggina. Capracotta, ancora una volta, coglie prima e meglio di altri centri di zona le opportunità che il territorio offre.