VASTO – «Campitelli sbaglia, la Polizia provinciale sta facendo un ottimo lavoro insieme ai selecontrollori volontari».
Angelo Pessolano, presidente provinciale dell’Arci Caccia, replica a mezzo stampa alle dichiarazioni «avventate» rilasciate dal presidente regionale della Libera Caccia e presidente dell’Atc Vastese, Antonio Campitelli.
«Quello che vuole fare Campitelli è difendere, legittimamente, la braccata, la caccia ai cinghiali con i cani da seguita, ma lo fa in modo sbagliato, perché di fatto le sue parole si traducono in una critica forte, un vero e proprio attacco al selecontrollo o meglio al controllo numerico dei cinghiali che è stato portato avanti in modo egregio, in questi mesi, dalla Polizia provinciale. Nessuno lo riconosce, neanche le istituzioni, ma davvero la Polizia provinciale coordinata dal comandante Antonio Miri sta facendo un grande, grandissimo lavoro, con pochi mezzi e pochissimo personale a disposizione e grazie alla collaborazione dei cacciatori volontari. Tra l’altro la Polizia provinciale fa quotidianamente degli abbattimenti problematici, in zone fortemente antropizzate come la costa adriatica, e su sollecitazione dei sindaci dei vari Comuni che chiedono, nero su bianco, alla Regione, dei provvedimenti concreti contro il proliferare indisturbato dei cinghiali. Non è semplice gestire ed effettuare dei prelievi selettivi in zone fortemente abitate, ma la Polizia provinciale lo sta facendo da mesi, senza rischi per alcuno, in assoluta sicurezza. Un’azione concreta ed efficiente che va lodata pubblicamente».
L’obiezione di Campitelli era, in sostanza, questa: si critica la braccata, perché è facile che vengano abbattuti esemplari adulti e dunque si contribuisce a destrutturare la popolazione di cinghiali, quando poi in controllo si fa praticamente la stessa cosa. Ecco, dunque, la critica al selecontrollo.
«Quello che dice Campitelli può avere un fondamento, ma non certo nella zona non vocata alla presenza del cinghiale. – riprende Pessolano – Lì, sulla costa per capirci, bisogna eradicare totalmente la specie, così ha deciso la Regione Abruzzo e dunque i prelievi vanno fatti su tutte le classi, adulti compresi. Diverso il discorso nella zona vocata, cioè quella collinare e montuosa: lì bisogna concentrare i prelievi sui rossi, cioè sulle classi giovani, perché notoriamente sono quelli che fanno più danni alle colture agricole. Sono cose che l’ArciCaccia va dicendo da sempre. Anche nell’entroterra, comunque, si interviene in controllo solo su richiesta dei sindaci, a tutela delle colture agricole in atto e per la pubblica incolumità. Certo abbattere un piccolo, rosso o striato, in un campo di grano non è facile, perché semplicemente il grano è più alto del cinghiale e l’operatore non lo vede. Il problema, il vero problema, è che nelle riserve e in tutte le zone dove la caccia, in ogni sua forma, è vietata, non si fa alcun tipo di gestione faunistica. Si rischia, così, di vanificare gli sforzi, ripeto, assolutamente encomiabili, della Polizia provinciale. Ma questo è evidentemente un problema che deve affrontare la classe politica, non certo le associazioni venatorie o l’Atc».
Francesco Bottone