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  • Drogarsi per una medaglia, il messaggio di Sandro Donati ad Agnone

    AGNONE – Scandali, denunce, ritorsioni. Atleti di fama nazionale dopati e federazioni conniventi. Esaltazione e caduta nel fango. Un viaggio di 304 pagine da leggere tutto d’un fiato. E’ il libro presentato ieri pomeriggio nel meraviglioso scenario del museo della campana nella fonderia Marinelli di Agnone, dal professor Alessandro Donati, consulente mondiale dell’agenzia antidoping, nonché maestro dello sport del Coni e allenatore delle squadre di atletica nazionali di mezzofondo e velocità. Il ricavato del libro (costo 16 euro): “Lo sport del doping. Chi lo subisce, chi lo combatte” va al Gruppo Abele di don Luigi Ciotti. L’incontro è stato organizzato dalla società Atletica Agnone, in collaborazione con il gruppo Aido e il Comune. Oltre l’autore hanno preso parte al convegno, Carmelo Parpiglia, consigliere regionale con delega allo sport, il sindaco di Agnone, Michele Carosella, il presidente della Fidal Molise, Matteo Iacovelli, il presidente dell’Asd Corrilabruzzo, Marcello Casasanta. In platea anche la piccola Martina, testimonial del Corrilabruzzo 2013, guarita dalla leucemia grazie all’utilizzo dell’Epo.

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    “Credo che il volume di Alessandro Donati, che non ha certo bisogno di presentazioni, dovrebbe entrare di diritto nelle scuole della nazione – ha esordito il presidente dell’Atletica Agnone, Giovanni Labbate -. Si tratta di un lavoro che a mette a nudo pratiche pericolosissime dalle quali bisogna guardarsi bene e al tempo stesso evidenzia la spregiudicatezza di tecnici e istituzioni sportive che guardano solo ed esclusivamente al risultato senza tenere conto della salute degli atleti”.

    Interessante la rivelazione di Carmelo Parpiglia, ex calciatore di serie B con le maglie di Campobasso, Taranto, Lecce, Empoli, Avellino e Reggina, che alla domanda se durante la sua carriera avesse mai fatto uso di sostanze dopanti, ha replicato: “A Campobasso mai preso niente. Però, dopo aver letto il libro di Donati, ho ripensato a quello che mi capitò ad Avellino (dove Parpiglia giocò in serie B dal 1989 al 1992, ndr). La società ci faceva prendere delle strane pillole. Per una settimana mi venivano degli strani odori, non so nemmeno come spiegare. Per questo abbiamo bloccato tutto subito e non le presi mai più. Ripensandoci ora, dopo aver letto questo libro, qualche dubbio mi viene, anche pensando ad altri colleghi”.

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    La nostra è una società dopata, in cui prevale la voglia di primeggiare a ogni costo”, le parole del presidente della Fidal Molise, Matteo Iacovelli che ha invitato tutti a fare un’attenta riflessione sulle pratiche illecite nell’ambito sportivo. “Occorre ripartire – ha poi detto – dai giovani facendogli capire i veri valori dello sport”.

    Spazio poi al presidente del circuito podistico Corrilabruzzo, Marcello Casasanta, che ha raccontato com’è nata l’idea di invitare Donati, presentando al pubblico la piccola Martina, 6 anni appena, nipote del responsabile di una società sportiva abruzzese. “Dal 2013 Martina ha assunto Epo per combattere la leucemia”. Il confronto è stato quindi fra l’eritropoietina, medicinale che stimola la produzione di globuli rossi, utilizzata per salvare la vita di una bambina e quella presa dagli sportivi professionisti per andare più forte.

    Il doping – ha sottolineato Donati per i meno addentro alla materia – sono essenzialmente farmaci. Rispetto a 35 anni le cose sono cambiate, la gente sa molto di più di doping e non è più un fenomeno del campionismo, ma da circa 20 anni si è diffuso nello sport amatoriale e questo è sconcertante. Chi si dopa semplicemente per battere il collega d’ufficio denota un forte disagio». Donati ha ammonito la platea. “Stiamo facendo passare modelli pericolosi. Ai bambini facciamo credere che solo con le loro forze non possono farcela”. Le cifre sciorinate sulle positività in ambito amatoriale sono agghiaccianti. “Ogni anno vengono effettuati circa 1500 controlli in Italia in gare amatoriali. La percentuale di positività è fra il 4 e il 5 per cento. Un terzo dei controllati, anche se non positivi ai test, dichiara inoltre di assumere farmaci. Sono quindi medicalizzati”.

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    “I controlli sono addomesticati – ha proseguito Donati – non vengono fatti a sorpresa nelle fasi d’allenamento. Finché il controllore e il controllato saranno la stessa cosa si andrà avanti così. Lo Stato continua a essere complice. Basti pensare che l’80 per cento degli atleti italiani di vertice è in squadre militari”.

    Infine Donati ha commentato la decisione di allenare Alex Schwazer, squalificato appunto per doping. “Si tratta di una sfida – ha replicato a quanti dalla platea gli chiedessero il perché di tale scelta – non sono impazzito, sto compiendo un passo avanti per garantire gli atleti puliti che vedono rientrare un ex dopato. Il mio staff sta sottoponendo Schwazer a controlli continui. La Federazione dopo la squalifica non lo aveva mai testato. Secondo aspetto: io gli ho imposto di collaborare coi Pm e lo sta facendo. Infine voglio toccare con mano il valore dell’atleta. Ho studiato i suoi metodi d’allenamento: la qualità è bassissima. Veniva allenato coi piedi, è stato spinto al doping. Solo ora si sta rendendo conto che non era lui il protagonista, ma che intorno aveva attorno adulti marpioni che volevano una fetta di vantaggi e che l’hanno lasciato solo appena ha avuto problemi. Non so dove potrà arrivare, di certo non lo alleno per fare il giro del palazzo”.

    Infine una piccola chicca su Pietro Mennea. “Tornò dagli Usa con quattro provette, ma dopo averne utilizzate due, gettò le altre e disse: non fanno per me”.

     

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