«Oltre ai dati sanitari preoccupa l’emergenza economica». Titola così “Avvenire“, il quotidiano della Conferenza episcopale italiana, occupandosi dell’emergenza epidemiologica in Molise.
In un articolo pubblicato nell’edizione di oggi, il giornalista Igor Traboni raccoglie la testimonianza di don Alberto Conti, direttore della Caritas diocesana di Trivento. Il sacerdote, da sempre impegnato a dare sostegno materiale alle famiglie in difficoltà, sul quotidiano nazionale spiega: «Siamo pieni di richieste, anche di nuovi poveri. Se prima la media degli assistiti era di circa quattrocento persone, adesso è praticamente raddoppiata». E sono numeri per niente piccoli in una diocesi di nemmeno 50mila abitanti, fatta di paesini tra le province di Isernia, Campobasso, Chieti e L’Aquila. Una diocesi di confine, di “area disagiata” come l’ospedale “Caracciolo”, a cavallo tra due regioni e quattro province, piccoli e piccolissimi centri accomunati dalla medesima realtà socio economica: zone montane, spopolate, depresse dal punto di vista economico, culturale e sociale.
Interi paesi destinati a scomparire per sempre dalla faccia della terra nell’arco temporale di qualche decennio se non si interviene ad arginare il fenomeno dello spopolamento, che non è affatto fisiologico come vogliono farci credere, ma è indotto dalla politica che non investe deliberatamente nelle zone interne, che lascia un intero popolo senza servizi, senza strade, senza scuole, senza ospedale. Ne risponderanno i politici, ne risponderanno anche davanti a Dio. Zone dove «un’economia di tipo familiare aveva sempre affrontato e risolto qualsiasi crisi» continua il quotidiano dei vescovi. E ancora don Alberto, sempre su “Avvenire”: «Adesso è diverso, perché ci sono famiglie che di punto in bianco si sono trovate senza più un euro in tasca, anche per l’ordinario, la spesa, le bollette». Intere famiglie messe sul lastrico dal lockdown ordinato da Peppino Conte e i suoi super esperti, perché si è deciso di trattare allo stesso modo Milano e Castelverrino.
Come se il rischio del contagio fosse identico a Bergamo e a Poggio Sannita. In nome della prevenzione sanitaria, quella che Italo Marinelli ha chiamato il «bolscevismo sanitario», ora si contano i cocci di imprese e attività, piccole e medie aziende distrutte, letteralmente affamate. «La crisi più forte la sto notando nel settore della ristorazione, – riprende don Alberto Conti – ma anche nell’edilizia, con i cantieri fermi da mesi. Abbiamo dovuto perfino utilizzare una chiesa come magazzino Caritas per raccogliere e distribuire i generi alimentari e di prima necessità, tanta è la richiesta. E siamo ripartiti con il numero anti-usura, perché arrivano segnalazioni di strozzini che cercano di approfittare del dramma».
Questa è la Chiesa, questa è la Caritas, questi sono i sacerdoti, sempre in trincea, accanto alle famiglie, accanto a chi non riesce a portare in tavola il pane per i propri figli ed è disperato e magari, come denuncia don Alberto, cade nella rete degli strozzini, degli usurai. E al problema economico, se ne aggiungo altri, fino a rischiare la stessa vita magari. La Chiesa c’è, don Alberto c’è, sempre, da una vita, «servo inutile» tra gli ultimi, quelli della porta accanto. Le istituzioni, la Regione, lo Stato centrale, dove sono?
Francesco Bottone