‘La vertenza per non morire’ compie trent’anni, ma la protesta di popolo che il 26 marzo del 1993 vide manifestare ad Isernia oltre 10mila persone dell’alto Molise, ha insegnato ben poco. All’epoca la voce sollevata dalle popolazioni delle aree interne riuscì a bloccare i tagli indiscriminati che il governo regionale stava per mettere in campo, con azioni scellerate, in vari settori quali sanità, trasporti, istruzione, servizi socio-assistenziali ed altri ancora. Ad organizzare l’evento la triade sindacale Cgil-Cisl e Uil, che recependo la gravità della situazione, coinvolse in una grande serrata gli abitanti del territorio. Si trattò di una giornata memorabile con artigiani, commercianti, pensionati, imprenditori, agricoltori e mondo della Chiesa uniti in quella che fu definita la battaglia per sopravvivere.
A distanza di tre decenni, tuttavia, la realtà che vivono le zone periferiche a cavallo tra Molise e Abruzzo non è migliorata. Al contrario, nel corso degli anni si è registrato un ulteriore impoverimento di servizi e investimenti pubblici, che sommati al dilaniante fenomeno dello spopolamento, il quale coincide con la fuga di cervelli, stanno desertificando interi centri un tempo motore dell’economia regionale. Restano innumerevoli le vertenze senza risposte che vedono coinvolti in particolare l’unico ospedale di area disagiata con soppressione ai reparti e tagli al personale, la viabilità con la chiusura da cinque anni del viadotto ‘Sente-Longo’, il dirottamento di milioni di euro per il terzo lotto della fondovalle ‘Fresilia’, nonché la totale mancanza di programmazione per ambiti strategici quale il turismo, o vitali come l’agricoltura, zootecnia e le attività produttive più in generale. Mancano idee, progetti, ma soprattutto la volontà politica di rianimare un angolo di terra dalle enormi potenzialità, dalla scarsa influenza criminale, dove storia, cultura e tradizioni hanno mantenuto vivo il contesto sociale.
“Grazie alla ‘Vertenza per non morire’, riuscimmo a rintuzzare momentaneamente i tentativi di ridurre la presenza di servizi nell’area. Così nella programmazione regionale vennero inserite deroghe a vantaggio delle aree depresse della regione. Ad esempio, all’ospedale di Agnone fu riconosciuta la sua fondamentale funzione di presidio montano con risorse pari a circa dieci miliardi di lire in più all’anno”, ricorda ancora Florenzio Anniballe, ex segretario regionale della Cgil tra i maggiori promotori dell’iniziativa di trent’anni fa.
Insomma, la grande mobilitazione del 1993, dalla quale rimasero completamente estranee le forze politiche, contribuì a sortire gli effetti sperati. Così se è vero che lottare e non arrendersi a decisioni miopi è servito a rialzare la testa per far valere diritti sacrosanti, allora è davvero il tempo di tornare in piazza e dire basta ad uno stato di cose non più tollerabile che vede soccombere sempre e solo le fasce più deboli del Molise. D’altronde quanto accade in Francia in queste settimane, a patto di non usare o nascondersi dietro la violenza, insegna…
Pio Savelli